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La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri - FOTOGALLERY
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
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Le sorprese di un restauro
di Tarcisio Bottani

Il problema della salvaguardia della chiesa di San Ludovico si presentò in tutta evidenza nella seconda metà del Novecento, quando si manifestarono evidenti i segni di instabilità strutturale che rischiavano di compromettere la stabilità dell’edificio.
Da tempo la Parrocchia di Camerata Cornello aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di procedere a lavori di ristrutturazione, ma per mancanza di adeguate risorse ci si era sempre limitati ad effettuare interventi parziali, come la sistemazione del tetto, e non supportati dai necessari presupposti culturali.
Il restauro della chiesa divenne di attualità nel 2002, a seguito di due iniziative che suscitarono l’interesse degli ambienti culturali e fecero da traino per la predisposizione del programma finalizzato all’attuazione di un intervento organico e definitivo.
La prima iniziativa, realizzata nell’ambito della attività istituzionali del Museo dei Tasso e della Storia Postale di Camerata Cornello, fu la pubblicazione di una monografia sul ramo dei Tasso del Bretto, che conteneva una parte specificamente riservata alla chiesa di San Ludovico e consentì, tra l’altro, di risalire alla datazione degli affreschi del presbiterio, realizzati nell’ultima decade di agosto 1504, e al nome del pittore, un “D… de Aueraria”, ascrivibile forse alla dinastia dei Baschenis della Valle Averara.
Pochi mesi più tardi fu data alle stampe la ricerca interdisciplinare sui Tasso e sulla chiesa del Bretto realizzata dalle classi quarte dell’Istituto Turoldo di Zogno, nell’ambito di un’iniziativa promossa dalla Regione Lombardia.
Il lavoro scolastico fu assai apprezzato e divenne negli anni successivi un utile supporto agli sforzi della Parrocchia per la ricerca dei finanziamenti necessari al pieno recupero della chiesetta che nel frattempo, nel 2003, era stata dichiarata inagibile dal Comune per motivi di sicurezza.
Fu un percorso tutt’altro che agevole, ma alla fine il Comune di Camerata Cornello si fece carico dei necessari adempimenti burocratici e, dopo aver commissionato all’architetto Walter Milesi il progetto del restauro architettonico e artistico dell’edificio, riuscì a reperire i fondi necessari ad attuare l’intervento, il cui costo fu preventivato in 530 mila euro finanziati in parte da un contributo della Regione Lombardia e in parte con prestito del BIM alla Parrocchia.

Si arriva così alla primavera del 2007, quando il parroco don Luca Sonzogni decide di mettere al sicuro gli arredi e i quadri: l’ancona con la pala d’altare dedicata al patrono San Ludovico di Tolosa, i banchi collocati nella navata e il coro ligneo addossato alle pareti laterali del presbiterio, tutte opere che bisognava rimuovere prima che fosse troppo tardi.
Le operazioni di rimozione si svolgono il 27 marzo, alla presenza del restauratore pittorico Marco Bresciani e del restauratore di mobili Gian Battista Gritti.
Viene levata l’ancona lignea che copre quasi tutta la parete dell’altare, ed ecco la prima delle tante sorprese che caratterizzeranno in seguito tutta la fase dei restauri: sotto l’ancora compaiono una serie di figure rimaste celate per tre secoli e mezzo, figure nitide e ben conservate, eccezion fatta per la fenditura che, prolungandosi dalla volta alla parete dell’altare, attraversa questi affreschi danneggiando alcuni soggetti, tuttavia in modo non irreparabile. Il restauratore Bresciani compie alcuni assaggi sotto l’intonaco che copre il resto della parete, confermando che gli affreschi si estendono sull’intera superficie.
Da una prima sommaria osservazione emergono alcuni dati preliminari, relativi ai soggetti raffigurati, alla datazione, ai committenti e all’esecutore dei dipinti. Le figure affrescate sono distribuite in vari riquadri posti su due ordini. Al centro dell’ordine inferiore, appena sopra l’altare, una bella raffigurazione della Trinità; alla destra la figura di San Ludovico di Tolosa, seduto sul trono in abiti episcopali; alla sinistra un’altra figura di Santo in trono, semicoperta dall’intonaco; alle due estremità altri soggetti di difficile identificazione. I riquadri si trovano entro una struttura architettonica in affresco costituita da archi a tutto sesto, sorretti da lesene recanti sul lato frontale una decorazione a festoni simile a quella che si trova in altre parti del ciclo.
Al centro dell’ordine superiore è affrescata un Crocifissione, parzialmente coperta, con alla base della croce la bella figuretta della Maddalena. A destra della Crocifissione, una Madonna in trono col Bambino, pure semicoperta, al pari della figura posta sulla sinistra, che sembra rappresentare un altro Santo in trono.
Tra il primo e il secondo ordine è possibile leggere una scritta riferita al committente, Guarisco fu Bono Tasso, che fece eseguire i dipinti per disposizione testamentaria il 23 agosto 1504.
Il committente è uno dei principali esponenti del ramo della famiglia dei Tasso del Bretto; la data indica che l’esecuzione degli affreschi avvenne negli stessi giorni in cui furono realizzati tutti gli altri dipinti del presbiterio, nell’ultima decade di agosto del 1504, lasciando supporre che l’esecutore sia lo stesso de Aueraria, che affrescò il resto delle pareti del presbiterio.
Ma le sorprese non sono finite. Ultimate le operazioni sulla parete di fondo, si procede alla rimozione degli stalli del coro i cui schienali coprono le due pareti laterali del presbiterio per un’altezza di circa due metri; la parete di sinistra appare priva di evidenti tracce pittoriche e piuttosto compromessa dall’umidità, su quella di destra viene alla luce quello che già era stato previsto dal gruppo di studio del Turoldo: sotto gli schienali compaiono le porzioni di affreschi che completano le figure rimaste in vista nell’area soprastante gli stalli. In dettaglio, partendo da destra San Sebastiano, la Madonna che allatta il Bambino e San Bartolomeo apostolo, inoltre, quasi alla base della parete, la figura di un Offerente in atteggiamento di preghiera.
Sull’estremità sinistra della parete, rimosso un leggero strato di calce, appare una lunga scritta in corsivo che a prima vista sembra ripetere i testi riportati alle basi delle varie figure del ciclo, quasi che l’artista avesse voluto scriverli qui in minuta.

Queste positive sorprese confermano l’urgenza di dar corso ai restauri e finalmente, superati gli ultimi scogli burocratici, nell’estate 2007 sono espletate da parte del Comune le operazioni d’appalto e all’inizio di settembre sono consegnati i lavori alle ditte appaltatrici.
Durante la fase iniziale di consolidamento statico dell’edificio viene alla luce, all’esterno della navata, sul versante a monte, la linea di congiunzione tra la parte vecchia della chiesa e quella fatta aggiungere nel Seicento dal canonico Luigi Tasso e dal fratello Maffeo, corriere postale.
Ma un’altra e più interessante sorpresa coglie i restauratori il 26 ottobre, quando nel corso del discialbo della superficie intonacata della parete sinistra della navata, cominciano ad affiorare le parole di una lunga iscrizione e poi l’immagine di un volto affrescato. Le prime parole: Memoria admirationis Torquati Tassis… fanno sobbalzare i presenti che si chiedono se quel Torquato sia proprio il grande poeta della Gerusalemme Liberata. La conferma arriva poco dopo, quando viene parzialmente portato alla luce il busto dipinto sopra l’iscrizione, con il volto parzialmente cancellato di cui però si colgono nitidamente i baffi, il naso, gli occhi e il viso coronato d’alloro. Non ci sono dubbi: è proprio Torquato Tasso!
Che cosa ci fa qui il ritratto del poeta morto nel 1595 a Roma poco prima di ricevere dal papa Clemente VIII in Campidoglio l’incoronazione poetica? Quasi certamente verso la metà del Seicento il canonico Luigi Tasso, proprietario insieme ai fratelli Maffeo e Giuseppe della chiesa, nel contesto dei lavori di ampliamento e ristrutturazione dell’edificio da lui ordinati, decise di rendere omaggio al suo illustre parente facendone raffigurare il busto sul muro della navata, alla destra dell’altare laterale (ora rimosso) che era sormontato dalla pala di Sant’Alessandro, fatta dipingere dallo stesso canonico in ricordo del padre Giovanni Battista.
Ma allora dovrebbe esserci un altro busto, simmetrico a questo, sulla sinistra dell’altare - si chiedono i restauratori. Infatti, ecco emergere sulla sinistra frammenti di affresco con tracce di un testo: troppo poco per indicare chi vi era raffigurato, ma non è fuori luogo supporre che si tratti del padre di Torquato, Bernardo, anche lui poeta di valore.
Le sorprese non finiscono: lunedì 29 ottobre si procede alla rimozione dell’altare che risulta visibilmente posticcio rispetto a quello originale che sembra esservi inglobato. Nel corso dell’operazione viene alla luce il vecchio altare, più stretto e più basso, comprensivo della mensola alta una ventina di centimetri che ha il lato frontale decorato da un fregio in affresco avente le caratteristiche analoghe a quelle degli affreschi delle pareti del presbiterio. A prima vista sembra che questo sia l’altare visto nel 1575 dal convisitatore del cardinale Carlo Borromeo, il canonico Francesco Porro, che ne aveva imposto una migliore sistemazione in quanto appariva sensibilmente decentrato rispetto all’asse del presbiterio.
Dall’esame del materiale recuperato dalla demolizione si deduce che nel Seicento si procedette all’ampliamento del vecchio altare, alzandolo fino all’altezza della mensola e allungandolo sulla destra di circa 20 centimetri. Per l’esecuzione fu usato materiale di riporto e in particolare pezzi recuperati dall’abbattimento della porzione laterale della parete di fondo del presbiterio per realizzare le porte d’accesso al campanile e alla sagrestia. Nell’eseguire tale operazione furono parzialmente distrutti i due affreschi collocati proprio dove furono ricavate le aperture e infatti nell’altare vengono rinvenuti pezzi d’intonaco affrescato usati per fare ripiena!
A dicembre, durante l’esecuzione di lavori di sistemazione del pavimento, vengono alla luce ossa umane localizzate sull’angolo sinistro della navata, presso la parete di fondo. La Direzione dei lavori avverte la Soprintendenza ai Beni Archeologici di Milano per le operazioni di competenza.

Ai primi di aprile 2008, durante i restauri delle pareti esterne vengono alla luce altri affreschi sul lato meridionale: i resti di una Madonna in trono con San Rocco con ai lati un paio di stemmi tassiani tra cui uno che alle solite immagini del tasso, del corno e dell’aquila imperiale aggiunge una torre: lo stemma Thurn und Taxis, il ramo principesco della famiglia. Coloro che fecero eseguire i dipinti nel contesto del restauro seicentesco dell’edificio, cioè il canonico Luigi Tasso e fratelli, erano quindi consapevoli che il ramo tedesco della famiglia, quello assurto agli onori nobiliari per l’efficiente servizio postale alla corte degli Asburgo, verso la metà del Seicento aveva aggiunto al suo blasone quello dei Torriani (o Della Torre), basandosi su supposti (e oggi generalmente confutati) legami d’origine con i Torriani, già signori di Milano.
Qualche settimana dopo, il restauratore degli affreschi Marco Bresciani, completando il discialbo della parete di fondo del presbiterio mette in luce lo stemma di un prelato le cui generalità sono chiaramente scritte sotto l’affresco: si tratta di monsignor Assonica, vescovo di Capodistria dal 1503 al 1529. Sull’altro lato della parete, in simmetria con questo stemma, ne viene scoperto un altro, che però risulta illeggibile, ma che per la mitria episcopale che lo sormonta potrebbe riferirsi a Luigi Tasso vescovo di Parenzo e poi di Recanati: le prime ipotesi sulla presenza di questi due stemmi rimandano alla possibile presenza dei due vescovi al Bretto nel 1504, forse per consacrare la chiesa.

La molteplicità e la complessità degli aspetti statici ed architettonici emersi nel corso dei lavori, unite alla varietà degli spunti di carattere artistico, storico e religioso connessi con la storia edificativa della chiesa, fanno ritenere che questo restauro possa essere il modello ideale per un’esercitazione teorico-pratica sul recupero dei beni culturali. L’idea viene proposta dal progettista-direttore dei lavori, d’intesa con il parroco, agli studenti del corso per Geometri dell’Istituto Turoldo di Zogno.
La proposta viene favorevolmente accolta da studenti e docenti: l’esercitazione inizia con un incontro teorico presso l’Istituto che affronta le questioni relative alla datazione, all’evoluzione edificativa, al coordinamento degli interventi di recupero architettonico e artistico e ai problemi di staticità e messa in sicurezza dell’edificio; le classi si portano poi sul cantiere dove, sotto la guida del direttore dei lavori e alla presenza del restauratore degli affreschi, hanno modo di constatare di persona lo stato e la natura degli interventi, prendendo pure atto delle soluzioni adottate riguardo all’organizzazione del cantiere e alle norme di sicurezza.

Nel frattempo il valore storico-artistico dell’edificio e la complessità dell’intervento hanno attirato sui restauri l’attenzione di studiosi di storia dell’arte e dell’architettura, suscitando l’interesse dei mezzi d’informazione che vi hanno dedicato ampie cronache. In effetti si è trattato di un restauro eseguito secondo le più moderne tecniche, con l’utilizzo di materiali d’avanguardia e nel pieno rispetto delle norme di conservazione e valorizzazione dei beni culturali.
Le sorprendenti scoperte di carattere architettonico, artistico e storico che hanno animato le giornate dei restauratori e messo alla prova gli esperti, chiamati a risolvere quelli che a tutta prima apparivano come veri e propri enigmi, hanno contribuito non poco a tener viva l’attenzione attorno alla chiesetta che giorno dopo giorno stava recuperando la sua fisionomia originaria.
La portata dell’intervento è stata tale che le ditte e i tecnici coinvolti nel restauro hanno accolto di buon grado la proposta di don Luca di sponsorizzare l’edizione di un volume che ripercorrerà le fasi dei restauri, presentando la documentazione iconografica completa di questo edificio di straordinaria bellezza.

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La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
La Chiesa di San Ludovico al Bretto di Camerata Cornello dopo i restauri  - foto Tarcisio Bottani
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