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foto di BRUNO SANTINELLI

Alzano Lombardo - Bergamo -

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Ripa di Gromo - laghetti di Cardeto 4 luglio 2010

PERIODO: tutto l’anno (attenzione dopo forti nevicate pericolo slavine zona baita Nedulo)
DIFFICOLTÀ: E – accessibile a tutti

Da Bergamo si prende la strada provinciale per la Valle Seriana seguendo le indicazioni per Clusone fino a Ponte Selva e poi per Valbondione; per raggiungere la frazione si supera l’abitato di Gromo e poco dopo sulla sx si trova l’indicazione per Ripa. Si salgono i tornanti della strada sempre asfaltata fino a trovare sulla dx la chiesetta della S.S. Trinità dove si può lasciare l’auto (parcheggio consigliato). Seguire poi le indicazioni che portano all’inizio del sentiero CAI 233 tramite sentiero o seguire la strada asfaltata per ancora un km circa. C’è una piccola piazzola (3 posti) che funge da parcheggio alla frazione Ripa ma serve fortuna per trovarla libera.

La zona dei pascoli di Cardeto è poco frequentata perché l’itinerario completo dovrebbe poi proseguire fino al passo Portula e scendere al rifugio Calvi con un’escursione che necessita però di ottimo allenamento per la durata complessiva (da 7 a 9 ore tra andata e ritorno). Da qualche anno è stata ristrutturata e adibita a rifugio una delle baite (1845 m) che venivano utilizzate dai pastori, aperta generalmente da maggio a settembre tutti i fine settimana con possibilità di pernottamento.
Per info: VIPICA onlus www.vipica.org. Posti letto: 25 Sala da pranzo: 35

Parto con gli amici verso le 7.30 dal piccolissimo parcheggio nella frazione di Ripa (900 m circa), siamo stati fortunati, e ci siamo risparmiati circa 20 minuti di strada; siamo in luglio la giornata si preannuncia limpida ma calda. Di fronte alla piazzola, dove scende un piccolo ruscello, la mulattiera si stacca sulla dx e inizia a salire in modo ripido fin dall’inizio, il tratto iniziale su ciotolato entra quasi subito nel bosco portando un po’ di fresco che aiuta ad affrontare la faticosa salita e dopo aver superato l’ultima casa della frazione si continua su mulattiera seguendo le indicazioni bianco-rosse del sentiero 233. Nel bosco si sente ogni tanto un profumo di funghi e con un po’ di fortuna si può trovare qualche porcino anche lungo il percorso, la strada non da respiro e si continua a salire fino a sbucare sotto la baita Nedulo (1487 m.); in circa 40 minuti abbiamo superato un dislivello di quasi 500 m, questo per dare l’idea della pendenza del percorso che però da qui in avanti continua a mezzacosta con minore pendenza anche se presenta ancora alcuni strappi decisi. Siamo però fuori dal bosco e il caldo comincia a farsi sentire anche se una quasi costante arietta mitiga un po’ la calura che comunque si vede sul fondovalle caratterizzata da una coltre di foschia. Si prosegue sempre in linea retta per un lungo tratto fino a quando il sentiero piega decisamente a sx presentando alla nostra vista, in lontananza, il passo Portula (2273 m) valico dal quale si può scendere poi al rifugio Calvi. Siamo ormai in mezzo a cespugli di rododendri fioriti e in pochi minuti arriviamo ad un bivio dove vengono indicati due percorsi che andranno poi ad incrociarsi in prossimità della baita Alta di Cardeto a circa 1900 m. I laghetti sono la nostra meta giornaliera, considerando il passo Portula solo come un’eventuale aggiunta al percorso, e quindi prendiamo il sentiero a sx e in breve raggiungiamo i primi pascoli di Cardeto; qui il sentiero passa in parte attraverso zone leggermente acquitrinose e in pochi minuti si arriva al lago Basso (1708 m) circondato da fioriture bicolore gialle e rosse. In rapida successione saliamo poi, sempre per sentiero segnalato, al lago di Mezzo (1798 m) e successivamente al lago Alto (1862 m) dove arriviamo verso le 10 dopo le varie soste per fotografare le bellezze di questi pascoli. Una meritata sosta per panini, frutta e bevande in quantità, anche a questa quota però il caldo si fa sentire e rinunciamo definitivamente a salire al passo distante ancora circa 400 m di dislivello su sentiero molto soleggiato. Sul bordo del laghetto un anfibio ci guarda e poi si tuffa in acqua, beato lui, alla ricerca di un po’ di fresco. Dopo la sosta decidiamo di concludere il giro ad anello che ci porterà ancora salendo alla baita Alta di Cardeto e poi in discesa alla baita-rifugio Rodigari, dove ci riforniamo di altre bevande in previsione del ritorno, e poi alla baita bassa di Cardeto fino ad arrivare al bivio dal quale siamo partiti per il giro dei laghi.

Ripa di Gromo - laghetti di Cardeto 4 luglio 2010 - FOTOGALLERY
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Ripa di Gromo - laghetti di Cardeto 4 luglio 2010 - FOTOGALLERY
Ripa di Gromo - laghetti di Cardeto 4 luglio 2010 - FOTOGALLERY
Durante la discesa un non piacevole incontro con una vipera che però fugge via nell’erba, uno ancora meno piacevole con un gruppo di trialisti che stanno salendo lungo i pascoli diretti probabilmente al piccolo rifugio per il pranzo. Nel tratto a mezzacosta, che ci riporterà nel bosco e poi all’auto, troviamo di nuovo una vipera di fianco al sentiero arrotolata a crogiolarsi al sole che, disturbata dal nostro arrivo, con un sibilo si alza e poi fugge via senza lasciarci il tempo di uno scatto fotografico. Allunghiamo il passo e ci tuffiamo nella poca ma gradita frescura che gli alberi ci offrono. Scendendo ci rendiamo conto ancora di più della pendenza del percorso e la fatica comincia a farsi sentire, arriviamo verso le 14 all’auto. Escludendo le soste abbiamo camminato per circa 5 ore e vista l’esperienza consiglierei di affrontare questo percorso in periodi un po’ più freschi anche se l’escursione è sicuramente piacevole e panoramica; dall’Arera che si vede guardandoci indietro alla partenza fino alle cime della zona del Grabiasca verso il Portula ed a est la parte delle Orobie verso la Presolana, i laghetti sono tre piccoli specchi d’acqua incastonati su questi pascoli sotto la Selva d’Agnone (cresta dove passa il sentiero che dal Portula porta al rifugio Cernello della sezione CAI di Alzano Lombardo). Dopo una piacevole rinfrescata nel vicino ruscello facciamo ritorno a casa per una più che agognata doccia ed una meritata fresca birra.
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NOTIZIE UTILI: Per le escursioni al Canto Alto e Filaressa si parte da Monte di Nese, per quella al m. Podona si parte da Lonno. Ho voluto descrivere in un unico racconto le tre singole escursioni perchè da ognuna delle tre croci si possono vedere e raggiungere le altre due; le tre mete si possono concatenare in un unico giro che richiede però parecchie ore di cammino e varie alternative possibili, per questo ne evito la descrizione: il racconto sarebbe più lungo dell’ Odissea. Monte di Nese: da Bergamo si prende la vecchia provinciale per la Valle Seriana, si passa Ranica e all’altezza dell’ospedale di Alzano Lombardo prima del semaforo (ci sono la fermata del bus e un’edicola) si gira a sx seguendo le indicazioni "Monte di Nese". Si prosegue sempre diritti sulla strada principale per circa 1,5 km (via Europa, via Meer,via Busa), e dopo una stretta curva a sx si trova la chiesina della frazione Busa appena prima di un bivio. Tenere la sx e dopo circa 7 km di salita si arriva alla piazza di Monte di Nese. Qui si può lasciare l’auto oppure proseguire oltre la parrocchiale per altri 300/400 m fino a trovare un parcheggio sulla dx. Da qui partono i nostri due itinerari per Canto Alto e Filaressa.
Lonno: si arriva a Nembro, seguire le indicazioni per Selvino, dopo un paio di km di salita, la deviazione per Lonno che si raggiunge in pochi minuti. Si parcheggia nel piazzale davanti alla chiesa. Inizia qui l’escursione per il monte Podona.
PERIODO: tutto l’anno anche se personalmente evito l’estate.
NOTE: Le fotografie sono state scattate in diverse escursioni.

Dal parcheggio dopo la parrocchiale si prende la cementata che sale in pochi minuti alla piccola chiesina della Forcella (850 m.) visibile dalla strada e subito dopo si giunge al valico dal quale partono numerosi sentieri: una mulattiera scende a Poscante di Zogno (molto frequentata dai bykers), a dx si alza il sentiero verso la Filaressa (meta della nostra seconda escursione) mentre per andare al Canto Alto ci sono tre possibili alternative tutte a sinistra (1) un sentiero che scende nel bosco sotto il versante nord del monte Cavallo (sempre umido e ghiacciato d’inverno)- (2) un sentiero ripido che sale sul m. Cavallo (990 m. un bello strappo iniziale che toglie il fiato)- (3) una mulattiera che torna indietro per 50 m e poi piega a dx, è il percorso più panoramico ed è quello che descriviamo in queste note. Seguiamo quindi la mulattiera fino a sbucare su strada asfaltata che seguiamo a dx per 200 metri fino ad arrivare ad una piccola piazzola; qui l’asfalto si ferma e inizia il sentiero che sale un dosso erboso e poi prosegue a dx tagliando in quota (circa 800 mt) le pendici a S-E del m. Cavallo. Il bel tracciato passa nel bosco offrendo uno sguardo sulla pianura e verso la Val Cavallina, poi salendo ci lascia intravedere i tetti di Olera giù nel fondo valle, dopo 20 minuti circa si sbuca sulla dorsale del Canto Basso (901 m.) qui arrivano anche gli altri due sentieri dalla Forcella; si prosegue sul crinale erboso verso il Canto Alto (CAI 533b) salendo poi fra rocce e vegetazione che cambia sui due versanti: quelli soleggiati sono in prevalenza boschi di querce (roverella in particolare) e carpino nero mentre sul versante in ombra verso la Val Brembana le specie arboree sono il frassino maggiore, l’acero montano, il sorbo montano, il nocciolo e il faggio. Superate le stalle di Braghizza (1096 m.) si giunge, dopo un’ultimo strappo, alla grande croce posta sul balcone panoramico meta della nostra escursione. Il panorama a 360° che si vede dal Canto Alto, specialmente nelle limpide giornate, è assolutamente da vedere e non da raccontare; una piastra metallica aiuta a riconoscere le innumerevoli cime visibili. Due note sulla seconda parte di questo tracciato: ad un certo punto si arriva ad un bivio dove una scritta sui sassi indica "facile" a sx mentre a dx il percorso è un po’ più ripido; generalmente salgo dal ripido e scendo dal facile. In un altro punto del sentiero, nel mezzo del bosco, si scorge in basso a sx l’ingresso di una grotta (c’è anche un sentierino che scende verso questo punto) che si dice fosse uno dei tanti rifugi del brigante Paci Paciana, noto personaggio della val Brembana vissuto dal 1773 al 1806. Il ritorno a Monte di Nese può avvenire attraverso lo stesso itinerario oppure al Canto Basso si può prendere a sx il sentiero basso (1) oppure, sempre a sx, quello che passando sul crinale erboso supera il m. Cavallo e scende ripido alla Forcella.

TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al Canto Alto  - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al Canto Alto  - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al Canto Alto  - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al Canto Alto  - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al Canto Alto  - FOTOGALLERY

Dal valico dopo la chiesina della Forcella (850 m.), descritto nell’escursione precedente, a dx si alza il sentiero verso la Filaressa (CAI 531) prima cementato poi per prati arriva ai cosidetti "spiazzi", seguendo le indicazioni poste su un palo metallico molto posticcio si prosegue con direzione Salmeggia, si sale in parte su tratti erbosi punteggiati dalla roccia dolomitica tipica di questa zona e in parte tra la vegetazione (fare attenzione ai segnavia) fino ad arrivare ad un intaglio nella roccia. A sx in discesa si prosegue per Salmeggia mentre per arrivare alla croce della Filaressa si sale a dx, in alcuni casi il sentiero viaggia sul crinale con vista sulla Val Brembana per poi piegare verso est e risalire tra cespugli e alberi di varie specie fino ad arrivare alla cima. Lo spazio intorno alla croce è ridotto e verso nord una protezione in ferro evita di scivolare nel dirupo sottostante della Val Mana, prudenza! Questa asperità è menzionata sulle mappe solo con la quota e non con il toponimo e non so dire da dove deriva il nome "Filaressa"; la croce si trova a metà in un’ideale percorso che unisce il Canto Alto al Podona,. Il ritorno sempre per lo stesso sentiero, non dimenticando di dare uno sguardo attento tra le rocce che costeggiano il tragitto perché lì si trovano specie floreali molto belle specialmente nel periodo primavera-estate.

TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Alla Filaressa (1133 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Alla Filaressa (1133 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Alla Filaressa (1133 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Alla Filaressa (1133 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Alla Filaressa (1133 m.) - FOTOGALLERY

Lasciata l’auto nella piazza di Lonno si prende a dx la via che entra in paese e dopo 200/300 metri si trova sempre a dx l’indicazione CAI 535, si segue quindi questa via ben lastricata per poche decine di metri e poi ancora a dx, all’altezza di una casa, si stacca con alcuni gradini il 535 che porta a Selvino. Si sale nel bosco per una decina di minuti poi il tracciato piega decisamente a sx e prosegue in modo meno ripido fino ad uscire dal bosco ed arrivare ad un colletto. Qui si trovano di nuovo le indicazioni del CAI 535 per Selvino mentre noi prendiamo un sentiero a sx che, passando vicino ad un roccolo, inizia ad impennarsi in modo deciso; il bosco è scomparso per lasciare il posto a prato e rocce, il sentiero non è segnato molto bene e si divide spesso ma non è difficile ritrovare il giusto percorso perché alla fine tutte le tracce portano in cima a questa prima asperità di giornata. A destra la vista spazia dalle Orobie alla Val Cavallina mentre in basso si vedono i tornanti della strada che porta a Selvino, a sinistra le cime delle Alpi compaiono dietro al Monte di Nese, al Canto Alto e all’Albenza. Dopo questo breve ma intenso strappo ci troviamo a seguire il tracciato prima tra prati e poi in una macchia boschiva di carpino nero, orniello e arbusteti di pero corvino e ginestre; si arriva così ad un traliccio dell’alta tensione; da qui si inizia di nuovo a salire con buona pendenza tra rocce e arbusti fino ad arrivare alla croce posta sull’anticima del m. Podona. La croce è stata posta qui perché visibile dalla pianura mentre la vera cima del m. Podona, che si raggiunge proseguendo su cresta verso Salmeggia, non è assolutamente visibile dal basso. Anche vicino a questa croce è posta una piastra metallica che indica le innumerevoli cime che il nostro sguardo può riconoscere, tra queste il m. Rosa e alcune cime dal nome tedesco (Alphubel, Dom Mischabel). In direzione N-W le due croci di Filaressa e Canto Alto. Si torna a Lonno percorrendo a ritroso il sentiero della salita.

TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al monte Podona (anticima 1192 m. - cima 1227 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al monte Podona (anticima 1192 m. - cima 1227 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al monte Podona (anticima 1192 m. - cima 1227 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al monte Podona (anticima 1192 m. - cima 1227 m.) - FOTOGALLERY
TRE CIME, TRE CROCI, TRE ESCURSIONI (CANTO ALTO, FILARESSA, PODONA) - Al monte Podona (anticima 1192 m. - cima 1227 m.) - FOTOGALLERY
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Salita invernale al Pizzo Formico (1636 m.) da Gandino-Barzizza-Farno sabato 13 febbraio 2010

NOTIZIE UTILI Per raggiungere la zona del Farno da Bergamo si prende la strada provinciale per la Valle Seriana seguendo le indicazioni per Clusone; sulla superstrada dopo Cene prendere l’uscita per Leffe e proseguire fino ad un semaforo posto all’ingresso del paese, seguire poi le indicazioni per Gandino-Barzizza-Farno. Dopo la frazione Barzizza si sale per qualche kilometro una stretta strada asfaltata fino ad arrivare ad una serie di parcheggi dai quali si parte per i numerosi giri che si possono fare in questa zona.

Lasciata l’auto nel parcheggio più alto, ancora semivuoto forse perché la temperatura esterna segna un bel - 5° anche se stanno arrivando altre auto e qualche camminatore è già partito, infiliamo subito le ciaspole e prendiamo a sinistra la traccia nella neve che dopo qualche centinaio di metri piega a destra passando sotto un grande roccolo. In questo primo tratto il panorama di fronte a noi dell’Arera e dell’Alben ben innevati e dopo la curva a destra, in lontananza, si vede la meta della nostra breve escursione: la croce in ferro del Pizzo Formico (1636 m.); il sole di questa limpidissima giornata inizia già a scaldarci, camminiamo da circa venti minuti e sono già finiti nello zaino il pile e i guanti. Continuiamo a ciaspolare allegramente salendo il lungo sentiero che in modo graduale ma con buona pendenza ci permette di arrivare, dopo un’ultimo strappo alquanto ripido, alla croce.

Salita invernale al Pizzo Formico (1636 m.) da Gandino-Barzizza-Farno sabato 13 febbraio 2010 - FOTOGALLERY
Salita invernale al Pizzo Formico (1636 m.) da Gandino-Barzizza-Farno sabato 13 febbraio 2010 - FOTOGALLERY
Salita invernale al Pizzo Formico (1636 m.) da Gandino-Barzizza-Farno sabato 13 febbraio 2010 - FOTOGALLERY
Salita invernale al Pizzo Formico (1636 m.) da Gandino-Barzizza-Farno sabato 13 febbraio 2010 - FOTOGALLERY
Salita invernale al Pizzo Formico (1636 m.) da Gandino-Barzizza-Farno sabato 13 febbraio 2010 - FOTOGALLERY
Da qui il panorama spazia a 360° sulla conca della Presolana con i suoi paesi e le sue cime, sul gruppo dell’Adamello in lontananza, poi verso la Val Cavallina con il riconoscibile monte Guglielmo, uno sguardo sulla zona sottostante del Farno con il rifugio Parafulmine e la pista di fondo, infine un’occhio anche alla bassa Val Seriana con i suoi agglomerati urbani ammassati ai piedi delle colline. La piccola “piazzuola” attorno alla croce è ora letteralmente invasa da sci alpinisti, ciaspolatori e semplici camminatori che con solo ghette e scarponi hanno comunque raggiunto la meta approfittando del sentiero ben battuto in mezzo ai 40/50 cm di neve. Dopo il classico panino decidiamo di tornare per lo stesso tracciato della salita; giunti ad uno spiazzo con steccato pieghiamo a sinistra e con un po’ di fatica, perché qui il sentiero non è battuto, andiamo ad incrociare la stradina che arriva dalla pista di fondo e seguendola a destra ritorniamo al parcheggio. E’ circa mezzogiorno e siamo in tempo a tornare a casa per il pranzo. Una discreta escursione di circa tre ore giusto per riprendere l’abitudine alle ciaspole che non mettevo da più di un anno, un percorso tutto soleggiato, una meta consigliata non lontana da Bergamo.
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In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano il 22-23 settembre 2009

PERIODO: tutto l’anno DIFFICOLTÀ: E – accessibile a tutti anche se indispensabile buon allenamento DURATA: si può fare il giro ad anello in una giornata, noi l’abbiamo spezzato in due tappe inserendo un paio di brevi escursioni aggiuntive al percorso. Non possiamo dare i tempi della durata perché l’escursione è stata letteralmente "antistress" e quindi affrontata con calma e molte soste. Un minitrek che comunque consigliamo a tutti, meglio ancora se nel mese di settembre quando la grande massa di camminatori estivi è tornata alle attività quotidiane. Si cammina a quote fra i 1800 e i 2400 metri circa ed è quindi raccomandato un abbigliamento di media-alta montagna; ricordo inoltre il sacco-lenzuolo per il pernotto al rifugio Benigni.

1° giorno (foto 1-36):
è una splendida giornata di fine settembre, con l’amico milanes Beppe lasciamo l’auto nel grande piazzale sterrato di fronte al vecchio Rifugio Cà S. Marco (1836 m.) e zaino in spalla ci incamminiamo sul CAI 161 verso il già visibile Passo del Verrobbio (2026 m.); il sentiero sale dolcemente tagliando la costa erbosa, sulla sinistra in basso due grandi stalle spiccano nella verde vallata che si chiude con il bacino e la diga di Valmora. Dopo circa un’ora arriviamo al passo, dove si possono trovare resti di trincee della 2^ guerra e da qui già si può gettare uno sguardo sulla Valtellina, siamo sul confine tra Val Brembana terra della polenta taragna e Valtellina zona dei pizzoccheri e il nostro percorso ci porterà a spasso fra queste due valli in uno splendido scenario di alta montagna, ma percorribile da ogni buon camminatore senza particolari rischi o pericoli. Proseguiamo adesso in quota superando una pozza d’acqua che qualcuno chiama Lago di Verrobbio e sbuchiamo sopra la conca che ospita il lago di Pescegallo (1862 m.) che raggiungiamo attraverso un sentiero taglia gambe in ripida discesa. Purtroppo, in questo tratto, l’unica nota stonata del primo giorno: stanno ripulendo e sistemando bacino e diga di Pescegallo quindi quella che dovrebbe essere una bella cartolina si riduce ad un agglomerato di cemento che ricorda tanto la città che per due giorni vogliamo dimenticare. Passando poi a valle della diga, perché i lavori impediscono di superare il coronamento, i rumori dell’attività di cantiere contribuiscono a farci allungare il passo e, seguendo uno sterrato scendiamo ancora un po’ di quota fino ad incrociare un cartello giallo che ci indica "Rif. Salmurano h. 0.15". Iniziamo a salire questo sentiero che passando tra la vegetazione ci porta al Rifugio Salmurano, chiuso perché fuori stagione: siamo in Val Gerola. Superato il rifugio ci troviamo in una conca prativa di nuovo immersi nel silenzio della montagna (purtroppo qualche traliccio, per un piccolo impianto di risalita, rovina un po’ il paesaggio), qui il nostro primo incontro con la fauna locale: un paio di marmotte giocano a pochi metri da noi mentre sopra una grande roccia si crogiola al sole una marmotta che sicuramente ha fatto scorta di cibo per l’inverno perché è veramente extralarge. Ora ci attende la ripida salita fino al Passo di Salmurano (2017 m.) che affrontiamo seguendo il sentiero che si snoda prima nei prati e poi lungo le pendici sotto la Rocca di Pescegallo. Stiamo camminando da circa 3-4 ore perché le soste sono state numerose: fotografie, panorami, animali, fiori, alimentazione. Arriviamo finalmente al passo ritrovandoci in territorio orobico, per un breve tratto in discesa seguiamo il CAI 101 e andiamo a incrociare il CAI 108 (classico percorso dalla curva degli Scioc strada monte Avaro verso il rifugio Benigni); a questo punto seguendo proprio questo tracciato affrontatiamo il mitico canalino roccioso e l’ultimo pezzo di sentiero, mentre un rapace ci guarda dall’alto, che ci porta alla meta del nostro primo giorno: il rifugio Benigni a 2222 metri. In attesa dell’arrivo della rifugista, contattata telefonicamente ci aveva avvertito che sarebbe salita nel pomeriggio per l’apertura del fine settimana, ci siamo sparati un paio di panini ed un meritato riposo sparapanzati al sole sulle panchine davanti al rifugio e poi, vista la splendida giornata, un salto alla cima di Valpianella/Piazzotti per dare uno sguardo agli splendidi panorami che offre questa sommità raggiungibile in 20/30 minuti dopo aver dato uno sguardo al vicino Lago Piazzotti. Tornati al rifugio incontriamo Elisa la simpatica rifugista che dopi i saluti si mette subito ai fornelli perché è attesa anche una comitiva guidata dal Bicio (scoprirò a mie spese essere un gran "ronfatore notturno", tipico animale da rifugio, che comunque saluto cordialmente; utili per escursioni le info sul suo sito zainoinspalla.it ). In attesa della cena uno sguardo al Bernina, al Disgrazia, e a tutte le montagne visibili dal balcone erboso dove è installata la piastra metallica con tutte le indicazioni per riconoscerle; quattro passi intorno al rifugio ci portano ad incontrare degli stambecchi che nel tardo pomeriggio pascolano tranquillamente a pochi metri da noi. E’ veramente un posto straordinario. Le fotografie mostrano oltre ogni commento la bellezza di questo luogo e gli incontri con la fauna che si possono fare tra queste montagne. La fatica della giornata è ricompensata dall’ottima cena preparata dall’Elisa: primo al ragù di selvaggina, secondo con polenta e formaggi, chiusura con crostata caffè e ammazzacaffè; non certo una cena da camminatori ma domani ci aspetta un’altra lunga cammellata e un po’ di carburante ci servirà.

In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
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2° giorno (foto 37-45):
di buon mattino, dopo abbondante colazione, salutiamo Elisa ed il gruppo del Bicio che parte per il rifugio F.A.L.C. e, percorrendo a ritroso il sentiero di ieri, torniamo al Passo di Salmurano ma invece di scendere in Val Gerola proseguiamo seguendo il CAI 101 (tappa sentiero orobie occidentali Benigni-S. Marco) sulla cresta erbosa che sale ripida per circa 10-15 minuti fino ad un traliccio; da qui uno sguardo al Benigni coperto di nubi grigie e poi con tratti in piano e continui saliscendi fino ad arrivare all’incrocio con il sentiero che sale dai Piani dell’Avaro e porta ai Laghi di Ponteranica (2015 m.) Purtroppo la giornata non è quella di ieri, saliamo lo stesso ai laghetti ma, appena arrivati, un’improvvisa grandinata ci costringe a tornare indietro e dirigerci velocemente verso il Rifugio Cà S. Marco. Nel nostro tragitto siamo passati sotto il Monte Valletto, dove si trovano enormi massi che in tempi passati fornivano riparo ai pastori della zona. In lontananza il rifugio che raggiungiamo dopo una lunga discesa e l’attraversamento del vallone erboso che il giorno prima avevamo visto dal sentiero 161, risaliamo a riprendere proprio quel sentiero ed arriviamo al rifugio Cà S. Marco verso mezzogiorno in tempo per un buon piatto di polenta taragna che ci ripaga della fatica e purtroppo anche dei panorami che oggi non siamo riusciti a gustare per le condizioni meteo non certo favorevoli; d'altronde siamo in alta montagna e il tempo cambia in fretta (Regazzoni docet). Dopo un buon caffè carichiamo gli zaini in auto e torniamo alla quotidianità di tutti i giorni. Per chiudere in allegria: sulla strada del ritorno, sotto la pioggia, abbiamo scoperto come si porta l’ombrello in auto senza bagnare gli interni: vedi ultima foto.
In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY
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In due giorni A/R dal Rif. S. Marco al Rif. Benigni, passando per il Lago di Pescegallo e Passo Salmurano - FOTOGALLERY

NOTIZIE UTILI
Per raggiungere località di partenza/arrivo: da Bergamo si prende la strada provinciale per la Valle Brembana superando Zogno-S. Pellegrino-S.G. Bianco-Piazza Brembana-Olmo al Brembo-Mezzoldo seguendo sempre le indicazioni per Passo S. Marco. Poco prima del passo sulla sinistra una stradina porta al vecchio rifugio Cà San Marco; poco più avanti sulla S.P. è stato costruito il nuovo rifugio/albergo.

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OLERA E DINTORNI sabato 30 gennaio 2010

PERIODO: tutto l’anno DIFFICOLTÀ: E – accessibile a tutti DURATA: circa 3 ore
Lasciata l’auto in uno dei parcheggi si parte alle 8.00, con un bel sole ma freddo pungente (-5°), dalla chiesina (320 m.) della frazione Busa di Alzano Lombardo, al bivio prendiamo a dx per via Fornaci e dopo 100 m. proseguiamo sulla sx per via Fratelli Coria (sentiero CAI 531); la strada è asfaltata per circa 200 m. poi inizia la mulattiera sterrata che porta fino a Monte di Nese, saliamo nel bosco fino a raggiungere una cappella (503 m.) superata la quale si sbuca sulla strada asfaltata che attraversiamo e proprio di fronte si imbocca subito il sentiero CAI 532 (Burro-Olera-Cà del Lac). Si cammina sempre alla stessa quota con brevi saliscendi nel bosco che, complice i due cm di neve caduti la sera prima, offre uno spettacolo fiabesco. Dopo circa 30 minuti cominciamo a vedere i primi tetti delle case di Olera che poi raggiungiamo e passando nelle strette vie del bel paesino arriviamo alla fine delle case in un piccolo parcheggio (530 m.). Scendiamo a sx per una decina di metri e subito a dx imbocchiamo la sterrata che, tra piccoli vigneti, ci porterà a seguire tutte le santelle della Via Crucis rimessa a nuovo da poco. Alla nostra sinistra il letto di un piccolo torrente che superiamo con un piccolo ponte in legno; sempre tenendo la sinistra (diritti si sale alla Forcella del Sorriso) si inizia a salire trai castagni costeggiando il versante settentrionale del Monte Solino, prima dolcemente poi la mulattiera si alza con uno strappo da "sentiero delle orobie" che toglie il fiato ma quando raggiungiamo la piazzuola alla fine di questa pendenza, lo spettacolo ci ripaga della fatica: un piccolo balcone naturale con cappelletta votiva dedicata a Frà Tommaso dal quale si vede Olera in tutta la sua bellezza. La neve su tetti e prati aggiunge un tocco "nordico" al paesaggio. La località dove siamo è chiamata "Cuden" (674 m.). Una breve sosta per bere, dal thermos, una tazza di bevanda calda che non guasta mai in questi casi e poi dopo un’ultimo sguardo su Olera, proseguiamo seguendo il sentiero nel bosco che in poco tempo ci porta alla Cà del Lac (676 m.) dove incrociamo la strada/sentiero che da Monterosso porta al Canto Alto; noi invece andiamo a sx per pochi metri e poi a dx in direzione ristorante Pighet. Qui si può seguire la strada asfaltata che porta al ristorante oppure prendere un sentiero a sx che entra nel bosco e arriva poi ad un prato (610 m.) chiuso da uno steccato dove il percorso si ricongiunge con il sentiero che scende dal ristorante posto 100 m. sopra. Noi prendiamo il sentiero ed in circa 20 minuti arriviamo allo steccato che circonda il vasto prato, nel bosco incontriamo un simpatico cane che dopo averci guardato riparte come una saetta correndo sulla neve divertito alla ricerca del suo padrone che incrociamo un poco più avanti. Troviamo adesso foschia e non riusciamo nemmeno a vedere l’ampia casa colonica al culmine del prato sulla nostra sinistra; seguiamo a dx la stradina e quando inizia a scendere prendiamo a sx lo sterrato che porta alla casa colonica (la cementata sulla dx scende a Ranica) e giunti all’ingresso del viale della cascina, sulla dx, troviamo dei gradini che ci immettono sul sentiero che poi ci porterà fino a Nese. Anche questo sentiero non è segnato e occorre un po’ di attenzione per non perdere la traccia principale che prosegue sempre a mezzacosta e poi piano piano scende dal versante meridionale del Monte Zuccone fino ad arrivare a un roccolo che si supera e poi tenendo la sinistra si arriva dopo un paio di minuti sulla strada asfaltata (via dei Corni) che si segue fino a incrociare via Meer e da qui si torna alla partenza.. Solo due cenni storici su Olera: la chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo costruita nel 1471 è ricca di tesori d’arte; il più noto è il grande polittico di Cima da Conegliano collocato sull’altare maggiore, a fianco dell’altare sinistro un’altra notevole opera d’arte: un’icona della "Madre di Dio della Passione". Olera dette i natali a Tommaso Acerbis de Viani (1563-1631), noto come Frà Tommaso da Olera.

Info molto dettagliate sul sito www.olera.it

OLERA E DINTORNI sabato 30 gennaio 2010 - FOTOGALLERY
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NOTE:
Per raggiungere la frazione Busa da Bergamo si prende la vecchia strada provinciale per la Valle Seriana, si passa prima Torre Boldone poi Ranica e all’altezza dell’ospedale di Alzano Lombardo prima del semaforo (ci sono la fermata del bus e un’edicola) si gira a sinistra seguendo le indicazioni "Monte di Nese". Si prosegue sempre diritti sulla strada principale per circa 1 km (prima via Europa poi via Meer), si superano in successione un semaforo a chiamata, un grande parcheggio sulla destra (P1), il cimitero di Nese sulla sinistra, due dossi in leggera salita, un parcheggio (P2) sulla destra, si prosegue per altri 500 metri e dopo una stretta curva sulla sinistra si trova la chiesina della frazione Busa con un piccolo parcheggio di fianco(P3) e qualche posto auto appena dopo sulla destra(P4) e 100 metri più avanti sulla sinistra (P5) proprio dove inizia la nostra escursione ad anello della durata di circa tre ore. La lunga introduzione serve a chi non conosce la zona.
Info parcheggi: il P1 è libero tutti i giorni meno il sabato (area mercato- 1 km in più da fare a piedi); al P2 si può lasciare l’auto solo la domenica (gli altri giorni disco orario); P3-P4-P5 sono liberi. Tra il P1 e il P2 ci sono parcheggi liberi lungo la strada sulla destra.
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ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione invernale- 26 dicembre 2007

Dopo l’escursione di aprile ho voluto risalire nell’inverno dello stesso anno (2007) alla Cima Parè, partenza sempre da Rovetta. presso la sede degli alpini. Partiamo verso le 8.30, è una bella giornata anche se la temperatura è bassa ma visto che siamo ormai a fine anno gli esperti meteo direbbero "tipica del periodo". Dopo una mezzora lungo la mulattiera , in mezzo a tanti "alberi di Natale" senza addobbi e luci, troviamo un segno delle feste natalizie: un presepe tra rocce e tronchi nel bel mezzo del bosco; sulla stella cometa appesa ad un albero la scritta -Auguri G.E.R.- sigla che interpretiamo a naso come Gruppo Escursionistico Rovetta o qualcosa di simile. Dopo la salita nel bosco, in prossimità della chiesetta del Blum, vediamo alcuni splendidi cavalli aveglinesi che stanno tranquillamente transitando sul crinale, la temperatura rimane bassa e la brina ricopre i prati ancora in ombra. Una breve sosta alla cappelletta e poi si parte per il sentiero tra i prati che ci porterà alla meta della nostra escursione; nessuna traccia di neve se non sui monti che circondano la zona, comunque sopra quota 1800-2000 m. Mentre sbuffiamo in salita il sole incomincia a riscaldarci, la giornata è veramente bella tenendo conto che siamo al 26 di dicembre, e dopo molta fatica (il pranzo di Natale si fa sentire) finalmente siamo alla croce metallica con campana che contraddistingue questa cima.

ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione invernale- 26 dicembre 2007 - FOTOGALLERY
ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione invernale- 26 dicembre 2007 - FOTOGALLERY
ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione invernale- 26 dicembre 2007 - FOTOGALLERY
ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione invernale- 26 dicembre 2007 - FOTOGALLERY
ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione invernale- 26 dicembre 2007 - FOTOGALLERY
Non siamo soli, qualche altro escursionista ha deciso di smaltire con una sana camminata le abbuffate di queste feste mentre un simpatico cane bianco comincia a girarci intorno scodinzolando; forse lui ieri ha mangiato normalmente e vedendo qualche biscotto e un po’ di cioccolato appena tolti dallo zaino spera di ottenere un assaggio, che naturalmente gli passiamo. Ci fermiamo una mezzora, giusto il tempo di riguardare a 360° lo spettacolo che già avevamo visto ad aprile. Uniche differenze la neve sulle cime, il bacino del torrente Ogna in Valzurio che mostra in superficie pezzi di ghiaccio galleggianti ed il colore dei prati un pò più vivace. Dopo una riflessione sulla bellezza di questi panorami, del mio compagno/fratello di viaggio, decidiamo di tornare mentre un rapace vola sopra di noi forse anche lui alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. La chiesetta del Blùm ci aspetta là in fondo al sentiero, i prati a sud-est baciati dal sole mentre quelli verso nord ancora coperti dalla brina. Scendiamo con calma, abbiamo smaltito una piccola parte del pranzo di ieri anche se sappiamo che a casa ci aspetta il secondo round gastronomico di questo festività natalizie del 2007.
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ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) - escursione primaverile -14 aprile 2007

PERIODO: tutto l’anno (attenzione dopo forti nevicate) DIFFICOLTÀ: E – accessibile a tutti

Per raggiungere Rovetta: da Bergamo si prende la strada provinciale per la Valle Seriana seguendo le indicazioni per Clusone-passo Presolana
La partenza è da Rovetta, seguendo la vecchia strada provinciale che da Clusone va verso la Presolana, a Rovetta nella zona chiamata Conca Verde dopo un semaforo prendere a sx via del Lò e poi dopo circa 500 mt a dx via Aroli in discesa, si segue tutta la via e si sbuca in via Zenier dove si può lasciare l’auto. Il riferimento del punto di partenza è la sede degli alpini che è proprio in quella zona.
Partiamo verso le 8.00, siamo in aprile non fa caldo e la giornata si preannuncia limpida. La mulattiera è in parte sterrata e in parte cementata, sale nel bosco alternando tratti con poca pendenza a impennate e tornanti abbastanza ripidi; questa prima parte della salita non è molto remunerativa dal punto di vista panoramico perché quasi tutta in mezzo agli alberi. Ogni tanto si incontrano cartelli indicatori di varianti al percorso ma è sempre meglio tenere la strada principale. A forza di salire si arriva finalmente al primo punto panoramico del sentiero: una chiesetta (foto1) molto bella dalla quale la vista spazia a 360° su monti e valli, poco prima abbiamo incrociato quello che poi sarà anche la nostra strada, il sentiero CAI 317 che parte da Clusone e arriva a Rusio (circa 6 ore di cammino). Una prima meritata sosta per incamerare un po’ di carburante, fa al nostro caso il tavolo con le panche in pietra di fianco alla cappelletta. Mentre ci gustiamo una tazza di tè caldo e un pò di buon cioccolato, il nostro sguardo comincia a seguire la traccia del sentiero (f.2) che ci porterà sulla Cima Parè a quota 1642 m. Non è una quota elevata ma alla fine il dislivello dalla partenza sarà di circa 1000-1100 m. Si riparte, zaino in spalla, e piano piano si comincia a salire per il sentiero tracciato sul crinale in mezzo ai prati. Ogni volta che ci si ferma lo sguardo spazia verso le "cartoline panoramiche" che ci circondano. Siamo ormai all’ultimo strappo (f.3) e dopo una faticosa ma piacevole salita siamo finalmente alla croce con campana della cima Parè (f.4), il sentiero prosegue poi, adesso sempre in quota, per il monte Valsacco (1772 m) per arrivare poi a Rusio-Castione della Presolana.

ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) 14 aprile 2007 - FOTOGALLERY
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ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) 14 aprile 2007 - FOTOGALLERY
ROVETTA – CIMA PARÈ ( 1642 m.) 14 aprile 2007 - FOTOGALLERY
Noi ci fermiamo sul Parè dal quale possiamo con calma guardare e riconoscere molte delle cime che ci circondano e se la giornata è limpida si può vedere anche Montisola, piccolo gioiello nel mezzo del lago d’Iseo; uno strano strumento, stile Leonardo da Vinci (f.5), ci aiuta nell’individuazione delle cime visibili da questo balcone naturale sulle Orobie: su di un palo sono posizionati una ventina di piccoli tubi d’acciaio con mirino direzionale, ogni singolo tubo è puntato su una cima specifica (il nome è scritto sul dorso del tubo) e guardando attraverso questi singolari "monocoli" si vede solo il monte indicato. Gruppo Adamello (f.6), la Valzurio (f.7) proprio sotto di noi, Montisola e uno spicchio del lago d’Iseo (f.8), Val Seriana, Val Brembana, e via dicendo (f. 9÷15), non ci si stanca mai di guardare e scattare fotografie. Ho lasciato per ultima la Presolana perché siamo talmente vicini che sembra quasi di toccarla (f.16) Dopo la sosta per il secondo "rifornimento" giornaliero, un po’ di sole per l’abbronzatura, quattro chiacchiere con le poche persone che salgono a questa cima (escursione poco conosciuta ma sicuramente appagante) si riprende il tracciato dal quale siamo saliti e torniamo. Anche la vista del sentiero, da quassù si vede tutto il percorso fino alla cappelletta, è uno spettacolo piacevole (f.17-18); troviamo delle genziane che risaltano con il loro colore blu sul terreno secco del sentiero (f.19), scattiamo le ultime foto e siamo ormai arrivati alla cappelletta (f.20). Da lì scendiamo a Rovetta, per il primo tratto di discesa utilizziamo una scorciatoia che parte vicino alla chiesetta e ci porta sulla mulattiera principale, è un sentiero che si può fare anche salendo ma occorre trovare il punto d’innesto che non è molto visibile salendo.
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©2008-Piero Gritti - Per informazioni: -