HOMEPAGE - LA TUA FOTO - ESCURSIONI

 

Maurizio
FOTO dI MAURIZIO SCALVINI

(Almè - Bergamo - )

2010 - 2011 - 2012 - 2013 - 2014

da agosto a dicembre 2009

ottobre 2008 - luglio 2009

 
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MONTE MOLINASCO

Lunedì 19 Dicembre 2011. Questo è il mio congedo ufficiale dalla stagione escursionistica 2011, forse la più appagante che abbia mai vissuto. La neve caduta di recente mi fà decidere di restare a bassa quota, così scelgo una piccola montagna quasi sconosciuta: il Monte Molinasco. Lo avevo nominato di striscio in un mio precedente servizio dedicato al Sornadello, praticamente il Molinasco si trova a metà di quell'escursione. Brevissimo riassunto: parto da Alino frazione di San Pellegrino Terme, salgo per stradina asfaltata o mulattiere a Cà Boffelli, devio a destra su una ripida sterrata fino ad incontrare un bel crocefisso ligneo. Ora abbandono la stradina e prendo il sentiero alla mia destra, in pochi minuti raggiungo la grande spianata che ospita la graziosa Baita degli Alpini: l'ambiente è curato e davvero bello, sembra di essere molto più in alto dei 1100 metri di questo pianoro. Appena a sinistra della baita parte il sentiero per la Croce del Ronco, alias Monte Molinasco: dopo 10 minuti di leggermente faticosa salita ecco spuntare la vetta, presidiata dall'appuntita cappelletta e dalla retrostante particolarissima croce. Mi è bastata una sola oretta per arrivare fin quì, escursione facilissima e adatta veramente a tutti: ho un compito da svolgere, salutare una per una tutte le vette da quì visibili. Come dicevo è il mio congedo, non sono tutte presenti all'appello, ma questa piccola vetta ne offre molte più di quante si potrebbe sospettare e soprattutto regala una bellissima visuale sulla conca di San Giovanni Bianco. Mi diverto a guardarle attraverso curiosi tubi "Trovamontagne", e pazienza se alcuni falliscono clamorosamente il bersaglio: ormai le riconosco al volo, prima ancora che possano pronunciare il loro nome. Per me è tempo di spolverare gli sci, sperando che la neve arrivi presto e in abbondanza sulle piste: saluto le mie amate Orobie catturandole con immumerevoli scatti, rassicurandole che si tratta solo di un arrivederci. Dove e quando non lo sò, ma la mia prossima escursione sarà targata 2012: ciaoooooo...Bellissime..!!

MONTE MOLINASCO - FOTOGALLERY
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PIANI DI ARTAVAGGIO ( Di neve vestiti...)

Martedì 13 dicembre 2011, Santa Lucia. Come regalino la santa amatissima dai bergamaschi mi ha portato in dono una bellissima passeggiata ai Piani di Artavaggio. Li conoscevo già in versione primaverile, estiva e autunnale: oggi me li sono goduti imbanditi con 10 centimetri di neve. Per questo ripropongo la facile camminata da Avolasio: io non li avevo mai visti con la neve e forse questa è la loro dimensione migliore. A parte il pugno nell'occhio mastodontico dell'ex Albergo Sciatori, bisogna rilevare che i Piani di Artavaggio sono riusciti nell'intento di svestire i panni di decrepita stazione sciistica: hanno buttato giù tutti i vecchi skilift per reinventarsi in una veste decisamente più morbida, adatta anche al popolo degli escursionisti tranquilli. Oggi la funivia che sale dalla Valsassina è chiusa, è ancora tutto fermo e silenzioso, la neve è stata avara di centimetri: giro e rigiro il bell'altopiano in totale solitudine, mi imbatto in alcuni scorci che con la neve diventano ancora più belli. L'escursione da Avolasio ai Piani di Artavaggio è un regalo senza scadenza: ogni giorno di ogni stagione potrebbe essere quello giusto per salire lassù....

PIANI DI ARTAVAGGIO ( Di neve vestiti...)-FOTOGALLERY
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PIETRA QUADRA - CROCE DELLA CIMA OVEST

Mercoledì 30 Novembre 2011.
Rieccomi sul Pietra Quadra per tentare di raggiungerne la vetta ovest, più bassa della cima ufficiale che mi ha già avuto ospite tante volte: quassù invece sono al debutto, sò che è presidiata da una grande croce visibile da molti paesi del fondovalle e che dovrò cercare e trovare il passaggio giusto per arrivarci, visto che la salita dal laghetto del Pietra Quadra non è segnalata in nessun modo. La camminata che sale da Mezzeno è una delle mie preferite: splendido l'altopiano della Baita di Campo, sempre belli i Tre Pizzi, bellissimo questo piccolo e selvaggio specchio d'acqua che riposa serafico in una quiete assoluta. Sosto sulle sue rive già innevate per scrutare bene il ripido versante ovest del Pietra Quadra ed osservo un pendio in particolare, dove individuo un canaletto obliquo: non sò se è quello giusto ma tenterò da lì.

PIETRA QUADRA - CROCE DELLA CIMA OVEST - FOTOGALLERY
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Il versante è pulito, senza neve e senza tracce, riesco a raggiungere la base del canale con un lungo traversone piuttosto disagevole: il canalino obliquo si rivela meno ostico del previsto, riesco a percorrere la sua severa pendenza senza eccessive difficoltà, in realtà la parte veramente tosta dura non più di qualche decina di metri. Sbuco ad una forcella panoramica, ora devo seguire la cresta verso ovest: si rivela piuttosto nervosa e la poca neve dura presente rende la traversata tutt'altro che facile. Non è salito nessuno prima di me, dove presente la neve è intonsa, dove è si è già sciolta non riesco ad individuare che sparute tracce di sentiero: non riesco a capire bene dove si deve passare ed un impegnativo pendio poco prima della vetta mi mette in vera difficoltà. Combino calma, determinazione, prudenza e soprattutto cerco dei punti di riferimento, per ricordarmeli quando tornerò giù: capisco che la traccia probabilmente corre per qualche metro sul più facile versante nord, ma non posso affrontare la sua neve dura, non sono attrezzato per farlo, devo per forza restare sul versante soleggiato e sgombro.
PIETRA QUADRA - CROCE DELLA CIMA OVEST - FOTOGALLERY
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Superare questo pendio così ostico mi apre le porte dell'ormai vicina cima, una massiccia croce mi accoglie sullo sfondo di montagne familiari: la loro sfilata mi tranquillizza, dopo i momenti delicati affrontati pochi minuti prima. Probabilmente non era il momento migliore per salire questa cima, però sono ben contento di avercela fatta: il panorama và oltre le mie aspettative, è bellissimo..!! E' una vetta che volevo mettere in saccoccia già da tempo, finora avevo sempre privilegiato la decisamente più facile vetta est con la sua candida Madonnina. Vale sicuramente la pena salire anche quassù, a patto di mettere nello zaino una buona dose di esperienza ed un indispensabile istinto da capra: io ho trovato difficoltà supplementari dovute alla neve dura, ma la mia impressione è che la cima ovest non sia facilmente abbordabile neppure in estate. Dovrò doverosamente verificare: come scusa per tornare quassù è più che buona....
PIETRA QUADRA - CROCE DELLA CIMA OVEST - FOTOGALLERY
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CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - )

Martedì 29 Novembre 2011.
Questa escursione l'avevo studiata pochi giorni fà in vetta al Mincucco, ripromettendomi di tentarla a breve. Eccomi perciò lasciare la macchina nel piccolo parcheggio sotto la chiesina di Caprile Alto, la cartina escursionistica di Santa Brigida dice che il sentiero 15 parte proprio da quì, mi basta girare dietro il piccolo edificio sacro per trovarlo. Arrivo subito al bivio che separa i sentieri 13 e 15, mi avvio su quest'ultimo: resto colpito dalla pulizia di quella che si rivela una mulattiera dolce e ben tracciata. Non mancano tratti pianeggianti e questo dovrebbe insospettirmi, in teoria dovrei salire piuttosto deciso alla Baita Marenda: se ad un certo punto ho sbagliato sentiero non lo so, fatto stà che la baita l'ho proprio mancata in pieno, neanche l'ombra! Però in compenso mi sono ritrovato a sorpresa catapultato nella Valle Serrada, un bel vallone boscoso percorso da un corso d'acqua generoso di cascate e cascatelle. Figurarsi se mi tiravo indietro: il sentiero si tiene a debita distanza dal torrente, ma io con prudenza e solo là dove era possibile mi sono avvicinato ai salti, alcuni davvero belli. Intanto il sentiero comincia a propormi tornanti dalla pendenza più decisa, quì e là il tracciato diventa un po' meno evidente: dopo tanto bosco riacchiappo finalmente il sole sbucando sulle radure della Casera Serada e poco oltre posso ammirare alcuni dei tanti camosci che popolano la zona. Ora il sentiero attraversa alcune vallette e sale abbastanza ripido con frequenti tornanti: nella parte più alta del vallone la traccia sparisce un po' nell'erba, ma ormai la Baita Mincucco è ad un passo. Un salutino alla baitella e per bel sentierino mi porto al vicino Stallone del Mincucco con suo perfetto recinto circolare, appena oltre eccomi in un pratone dove spiccano un piccolo altare con simboli religiosi ed un altrettanto piccola croce: luogo molto particolare che precede il cocuzzolo dove è ubicata la Croce del Mincucco. Sembra lì a portata di mano ed invece raggiungerla si rivela più frizzante del previsto, il sentierino si infila su una crestina che consiglia l'uso delle mani: poca cosa, ma si viaggia sull'orlo di burroni e scarpate inaspettate, per qualche secondo i capelli si rizzano.... Poi il cocuzzolo prende vita e in un minuto sono in vetta: che panorama..!!

CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
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CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
Bellissimo..!! L'intera Valle di Averara ai miei piedi con fette estese di Orobie a coronare il resto dell'orizzonte: che sorpresa questo posto..!! Già così l'escursione risulta bella ed appagante, ma saluto l'originale croce e proseguo il giro, torno allo Stallone e risalgo un po' a caso il pendio alle sue spalle: giungo ad un'ampia sella dove, nell'erba bassa e nel panorama che si apre sulla zona di Cà San Marco e sul sottostante Lago di Valmora trovo un nuovo sentierino, il 16. Poco dopo diventa sentiero a tutti gli effetti, ben tracciato e ben percorribile: ecco che il versante nord del Mincucco mi regala il momento più bello di tutta l'escursione..!! Sarà stata la luce del primo pomeriggio, non sò, ma mi sono ritrovato dentro ambienti assolutamente inaspettati e dalla bellezza quasi commovente: non ero mai stato in questi posti, stò scendendo verso l'Alpe Parissolo e mi ritrovo a pronunciare più volte l'esclamazione "che bello". Accarezzo grandi recinti di muri a secco ed un paio di baitelle un po' malconce, dentro un ambiente maestoso e dolce allo stesso tempo: sfioro una grande, bella cascata e poco dopo mi innesto su di un altro sentiero, l'Alta Via Mercatorum. Quì finisce il sentiero 16: in un paio di occasioni è un po' sparito alla mia vista e sono dovuto ricorrere alla cartina per riacciuffarlo, ma nel suo insieme lo considero uno dei più belli che abbia mai percorso. Ora seguo la sterrata a servizio della diga e la raggiungo, accorgendomi così che il Lago di Valmora non è poi cosi piccolo come potrebbe sembrare osservandolo dall'alto della Cà San Marco.
CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
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CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
Ecco che il segnavia CAI 110 mi accompagna alla base dello sbarramento, dove mi infilo nella galleria artificiale che sbuca alle spalle della casa dei guardiani. Attraversato il cortile ritrovo il tracciato dell'ampia mulattiera, scende nel ripido vallone che sulla destra dipinge una stupenda, alta cascata: poco sotto altre cascatelle minori reclamano inesorabilmente la mia presenza sul greto del torrente. La mulattiera scende con innumerevoli tornanti fino ad un nuovissimo ponte in ferro che traghetta sull'altro versante del vallone: poco oltre entro definitivamente nel fitto del bosco. La mulattiera è larga, ma a sorpresa il tracciato si affaccia su alte scarpate, non ci si può rilassare troppo: rifletto che su questo tracciato un tempo passavano carovane di merci, guardo giù e mi vengono i brividi..!! Si scende molto a lungo, sembra che il vallone non finisca più, poi ecco che il bosco si fà meno fitto e compare in basso una sterrata che poco dopo raggiungo, ma solo per poco: sono ormai in vista della località Losco che però non raggiungo, perchè alla mia destra un ponticello mi instrada sul sentiero 13, che in un quarto d'ora di lieve salita mi deposita alla chiesina di Caprile Alto. La mente freddamente proclama: fine dell'anello. Ma tutto il resto del corpo esclama: alla faccia, che bello questo giro..!! Nonostante la scarsità di bolli, l'itinerario non presenta vere difficoltà di orientamento: utile avere una buona cartina in mano, ma anche senza si può procedere tutto sommato con una certa tranquillità. Ho scoperto che il Mincucco, tanto facile da raggiungere dai Piani dell'Avaro, nasconde nelle pieghe dei suoi versanti sud, nord e est un itinerario alquanto suggestivo: questa montagna poco considerata è capace di regalare ambienti di una bellezza selvaggia e bucolica allo stesso tempo. Segnatevi questi numeri, fateli scorrere sotto i vostri piedi: 15, 16 e 110. Non servono per vincere al lotto, ma vi faranno un bellissimo regalo lo stesso....
CROCE DEL MINCUCCO ( Anello dei sentieri 15 - 16 - 13 alias CAI 110 - ) - FOTOGALLERY
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MONTE MINCUCCO ( Vetta Ovest ? )

Venerdì 18 Novembre 2011.
Questo è il mio terzo personale capitolo sul Mincucco: dopo le verdeggianti incursioni settembrine dello scorso anno, stavolta ne ho catturato la calda veste autunnale. Non mi dilungo nel ripetere anche quì il percorso da seguire per raggiungere il Mincucco partendo dai Piani dell'Avaro, ma descrivo brevemente quello che ho seguito dalla ottimamente ristrutturata Baita Foppa (?) in poi. Invece che addentrarmi sul versante nord del costolone, ho risalito a naso e senza troppe difficoltà un evidente canalino erboso posto proprio dirimpetto la baita: pochi ripidi metri di dislivello e sono sbucato su un'ampia sella prativa, culminante in quello che mi sento di battezzare come il Mincucco Ovest. Se proseguissi scendendo alla successiva larghissima sella mi basterebbe un ultimo piccolo strappo per salire al Mincucco vero, ma mi fermo quassù, sono più in alto: 2024,2 metri contro 1999,7. Lo rilevo da una cartina escursionistica del Comune di Santa Brigida, ricavata dalla cartografia della Regione Lombardia: se queste quote sono vere il Mincucco ufficiale non potrebbe far parte per soli 30 centimetri del club dei 2000 orobici..!! A me sinceramente non importa: che sia una o l'altra vetta il panorama è semplicemente super, questa è una delle escursioni corte più belle che conosco..!! Sono andato piano, mi sono fermato spessissimo a scattare foto, guardare camosci e panorami...Eppure sono arrivato in vetta lo stesso molto presto: ne ho approffittato per studiare bene quella cartina escursionistica e forse forse ho trovato un bel giretto ad anello che mi farà sfiorare di nuovo questi pendii....Ma questo ve lo racconto la prossima puntata.

MONTE MINCUCCO ( Vetta Ovest ? ) - FOTOGALLERY
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MONTE GIOCO

Lunedì 14 Novembre 2011.
Eccomi a riaggiornare il servizio sulla bella escursione al Monte Gioco, in quel di Serina. Ci ero già salito la scorsa primavera proprio qualche giorno prima che scoppiasse la scellerata bolla a trenta gradi di inizio Aprile, quindi cieli sporcati dalla tipica foschia estiva: oggi tutta un'altra storia, orizzonti decisamente più limpidi, per questo la ripropongo..!! Essendo partito tardi non ho compiuto il giro ad anello della volta precedente, mi sono limitato a salire a scendere dal sentiero che da Lepreno va ad agganciare quello che proviene da Corone e poi raggiunge la vetta del Monte Gioco, ex Monte Zucco. Purtroppo ho rimandato questa escursione troppo a lungo, mancando così il momento più splendente dei boschi autunnali: avrei voluto proporre distese di faggete fiammeggianti, ma le foglie non mi hanno aspettato. Fà niente, bellissimi panorami lo stesso: salire per credere..!! ( Se avete tempo vi consiglio vivamente di concedervi il giro ad anello che ho trattato, con le relative note tecniche, nel mio precedente servizio primaverile....)

MONTE GIOCO - FOTOGALLERY
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CIMA CAMPLANO E CIMA FOPPAZZI

Domenica 13 Novembre 2011.
Giocherellando con una carta escursionistica mi aggorgo di un sentiero, il 244, che all'altezza della Capanna 2000 taglia tutto il versante sud dell'Arera per raggiungerne i pendii orientali, a me totalmente sconosciuti: scatta la molla della curiosità, consulto un libro e scopro che il sentiero è schedato EE con tanto di tratti attrezzati. Ok, si parte! Superata la Capanna 2000, eccomi perciò raggiungere la cappelletta commemorativa delle vittime di una tragica giornata di alcuni anni fà: il sentierino prende avvio proprio lì sotto, indicato da un piccolo cartello quasi rasoterra e poco visibile. Il sentiero fila via a lungo con innocui saliscendi infilandosi in un primo larghissimo vallone che scende direttamente dalla vetta dell'Arera. Al suo termine supero un piccolo saltino in discesa che non crea difficoltà, poi aggiro un costolone e raggiungo uno spelacchiato e breve traverso roccioso corredato da fune metallica: è il primo facilissimo tratto attrezzato ubicato in un secondo vallone più pietroso di quello precedente, dove le pareti cominciano ad alzarsi con maggiore decisione e l'ambiente si fà nettamente più affascinante. Poco più avanti mi ritrovo in un altro suggestivo vallone caratterizzato da canali, pareti e guglie: il sentiero compie un semicerchio passando ai piedi di questo spettacolare scenario, proponendo il secondo tratto attrezzato. Anche in questo caso si tratta di funi metalliche ed il cammino si fà più disagevole, ma la difficoltà è davvero minima. Un piccolo strappo in salita ed ecco un bel masso che sorregge una piccola e semplice croce: davanti a me appare la bella e tormentata Cima Valmora. Decido di proseguire sul 244 e raggiungo in breve la Forcella di Valmora, giusto per affacciarmi e vedere cosa c'è di là: la prima cosa che ammiro è la combriccola dei tremila orobici, con l'inconfondibile Pizzo Coca. Poi mi sposto qualche metro, mi giro ed all'improvviso mi si para davanti lo spettacolare versante orientale dell'Arera: che spettacolo..!! Valeva la pena raggiungere la forcella..!! Questa è stata solo una felice deviazione: torno al sasso con la croce perchè ho deciso che la mia meta sarà la Cima Camplano. Si erge proprio a sud e la raggiungo a vista senza l'aiuto di sentierini, ma il percorso è intuitivo: prima scendo ad un vicino colletto, poi risalgo il filo dell'abbastanza ripida cresta erbosa. Dopo essermi gustato il bel panorama di vetta, mi accorgo che la dirimpettaia Cima Foppazzi non è poi così lontana e mi avvio perciò verso sud, sul ripidissimo costolone che scende verso la Baita Camplano: urka, che pendenza..!! Nel primo tratto sono costretto in qualche occasione ad aggrapparmi a spinosi ciuffi di infida erba selvatica: una scivolata quì potrebbe essere rovinosa, questa discesa è decisamente più difficile dei tratti con le funi incontrati sul 244..!! Ma la bellezza del pianoro dove sorge la Baita Camplano ripaga da ogni fatica o tribolazione: è un angolo bucolico di pascoli ampi e dolci, annegato tra scoscesi pendii di erba e pietre. Nei pressi della baita intercetto il sentiero 237 che risalendo un bel vallone cosparso da numerose doline mi porta a raggiungere la forcella che separa il Cimetto dalla Cima Foppazzi: il sentiero prosegue verso il Grem, ma io lo abbandono e dalla selletta risalgo direttamente a sinistra l'ampia dorsale che 150 metri di dislivello più su culmina in un aguzzo omino di pietre. Eccomi in vetta al Foppazzi, cima ampia e che offre un gran bel panorama: vero è che l'imponente e vicino Arera nasconde una notevole fetta di Orobie, ma il resto del panorama si lascia guardare con gran piacere. Ed un gran piacere è stato effettuare questa escursione, che mi ha fatto scoprire un'Arera insolito e decisamente accattivante. Escursione che mi appresto a concludere tornando fedelmente sui miei passi fino alla Baita Camplano: da lì scollino verso ovest e prendendo il sentiero 238 raggiungo una baita, dove trovo una sterrata che in poco tempo mi traghetta sui pascoli dell'Alpe Arera. E' domenica, il parcheggio sotto i ruderi dell'ex seggiovia è pieno, una processione di gente stà scendendo dalla Capanna 2000 per fare ritorno a casa. Io invece stò tornando da un mondo parallelo appena lì accanto, bello e senza folla, chiuso tra Arera e Grem: le dita delle mie mani sono bastate per contare le poche anime che ho incontrato lassù....Alle quali aggiungo felice e appagata una nuova del posto: la mia.

CIMA CAMPLANO E CIMA FOPPAZZI  - FOTOGALLERY
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CIMA DEGLI OMINI

2 Novembre 2011.
Avevo già proposto la sconosciuta ed alquanto affascinante escursione che da Valzurio sale al Monte Timogno: riaggiorno il tutto perchè stavolta ho oltrepassato la suddetta cima. Tutta colpa del nebbione patito fino alle Case Campello, mi ha alquanto infreddolito: dopo essermi rosolato per bene in vetta al Timogno baciato da un tiepido sole, decido di continuare ad oltranza sulla facile cresta finchè le ossa non saranno belle asciutte. Eccomi così incamminato su una breve e dolce discesa, seguita da un'altrettanto bonaria salita alla vicinissima vetta del Benfit, cima che conquisto per la prima volta. La cresta ora scende con decisione verso un primo colletto perdendo quasi un centinaio di metri di dislivello, supero poi una piccola elevazione e sempre seguendo fedelmente la cresta scendo al vicino Passo degli Omini. Di strada nelle gambe ne ho già accumulata un bel po', ma la voglia di proseguire è troppo forte così risalgo il colle successivo. Un'ulteriore discesa mi traghetta ad un nuovo largo colletto: ecco davanti a me la Cima degli Omini, che senza troppa fatica è in breve raggiunta. L'omino di sassi della vetta può godere di un gran bel panorama, Ferrante e Presolana in primis. Ne valeva davvero la pena salire fin quassù..!! A pensarci bene è dal Colle Palazzo che stò viaggiando quasi ininterrottamente sulla dorsale di questa lunghissima costola orobica: un'interminabile, panoramicissima e splendida cavalcata, tra le migliori che conosca. Le mie gambe sono ancora pimpanti e per un attimo sono tentato di proseguire, ma è già tardi e mi rendo conto che da quì in avanti il terreno si fa più difficile: sarà per un'altra volta. E' ormai ora di scendere a valle, passerò dal Moschel: non mi rimane che tornare di poco sui miei passi per poi abbassarmi a vista verso la sottostante Baita Alta di Verzuda. Scendo poi lungo l'ampio costolone erboso sulle tracce delle motocross fino ad incrociare il sentiero che mi porta alla Baita bassa di Verzuda, a pochi metri dalla sterrata per il Moschel. E proprio ai lati di questa disastrata sterrata si possono ammirare a più riprese le bellissime cascatelle del torrente Ogna: dedico le ultime foto proprio a loro, altra meraviglia di quel capolavoro chiamato Valzurio. Nel suo insieme è un'escursione priva di reali difficoltà, adatta perciò anche ad escursionisti tranquilli, purchè dotati di buone gambe e buon fiato: il dislivello è di tutto rispetto ed i chilometri da percorrere non sono affatto pochi. L'unico problema è la totale mancanza di indicazioni e segnavia, bisogna scovare il percorso e cerco di spiegarlo nei miei precedenti servizi a lui dedicati. Garantito: vale la pena provare ad impararlo.

CIMA DEGLI OMINI - FOTOGALLERY
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MONTE CANTARSO

Lunedì 31 Ottobre 2011.
Chi di voi conosce il Monte Cantarso..?? Nessuno..?? Bene: anche io ero uno di quelli...Almeno fino ad oggi. Escursione decisa all'ultimo momento, si và ai Piani di Artavaggio: percorro per la prima volta la nuova sterrata che sale da Bonetto, sopra Pizzino. Gli splendidi colori autunnali spuntano gagliardi sopra uno spettacolare mare nebbioso. Dopo due orette di rilassante salita tra boschi e pascoli siamo ai Piani e saliamo al Rifugio Nicola: proviamo a portarci al passo restrostante per ammirare le Orobie, forse è arrivata una spruzzata di neve. Ed in effetti eccola che appare lontana, sulle vette più alte: la vista è appagata, gli scarponi no. E adesso..?? Proprio davanti a noi si staglia a poca distanza una piccola montagna che passa quasi inosservata. Quasi: i miei occhi l'hanno puntata, sembra fattibile. Rapidissimo giro di consultazioni: avanti popolo, si và a conquistare una cima nuova..!! Il bello è che non sappiamo nemmeno il nome..!! Scendiamo e oltrepassiamo la Baita Piazzo: un sentierino ci guida attraverso un bell'altopiano farcito di roccette insolitamente molto chiare. Arriviamo ad un colletto e abbandoniamo il sentierino, che piega a destra per scendere nel vallone ai piedi del Sodadura: noi prendiamo un largo e dolce spallone erboso che sale tranquillo. Cerchiamo di tenerci sullo spartiacque, ma lo abbandoniamo poco più avanti per evitare una piccola elevazione e raggiungere in piano un successivo colletto. Stiamo andando assolutamente a naso, neanche il più piccolo sentierino o bollo: i miei scarponi hanno annusato un'evanescente traccia del passaggio dei camosci, la seguiamo. Si intrufola nei mughi, o almeno così sembrerebbe: dentro pure noi, non senza qualche piccola difficoltà. Ma la traccia sparisce subito, era solo un fantasma... Siamo però ormai vicinissimi alla vetta ed inaspettatamente ci ritroviamo ad affrontare una travagliata ed inclinata tavolozza di rocce bianche, per non dire bianchissime. Ed arriviamo proprio sulla vetta: un piccolo e candido dente quasi pianeggiante, spaccato però da profonde fessurazioni. Questa davvero non ce l'aspettavamo: che vetta particolare..!! Vicino al Rifugio Albani c'è il famoso "Mare in Burrasca": è come se avessero trapiantato un francobollo di quel mare quassù..!! Che bella sorpresa..!! Circondato da montagne nettamente più alte e blasonate, i 1896 metri del Cantarso passano inosservati: era sempre stato così anche per me, ho scoperto il suo nome solo una volta tornato a casa. Si rivela invece una panoramica puntina del tutto unica in Valbrembana, non conosco altra vetta così bianca... Forse anche perchè non viene salita da nessuno, posso affermarlo con sicurezza: i miei occhi di fungaiolo navigato sanno capire al volo se qualcuno mi ha preceduto, non ci sono segni di passaggio quassù..!! E' una piccola vetta assolutamente selvatica. Chi passa dai rifugi Cazzaniga e Nicola di solito si porta sul Sodadura, sulla Cima di Piazzo o sul più lontano Zuccone dei Campelli: ma nessuna di queste cime può vantare l'originalità del Cantarso, bianco e selvatico dentino senza sentieri....

MONTE CANTARSO - FOTOGALLERY
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CRESTE NORD DEL RESEGONE ( Versione autunnale )

Venerdì 28 Ottobre 2011.
Strano e caldo autunno, sono ritornato sulle pendici del Resegone per immortalare i colori ottobrini della splendida cavalcata della Creste Nord, ma con colpevole ritardo di qualche giorno: le foglie erano già abbondantemente sparpagliate a terra e non aggrappate ai rami come avrei voluto. Oltretutto il cielo non era limpidissimo, giravano nuvole e foschie, quindi panorami azzoppati: delusione..?? Ma neanche per sogno..!! Queste giornate hanno un fascino tutto particolare, che a me non dispiace affatto: profumano di autunno, hanno il sapore di un dolce congedo. Non aggiungo altre parole, se non per dirvi che in un mio precedente servizio estivo potete trovare tutte le informazioni tecniche su questa meravigliosa cavalcata.

CRESTE NORD DEL RESEGONE ( Versione autunnale ) - FOTOGALLERY
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MONTE MADONNINO E MONTE RESEDA

Martedì 18 Ottobre 2011.
Delle montagne che circondano la bellissima conca del rifugio Calvi, una delle più frequentate è sicuramente il Monte Madonnino. Dal rifugio con facile e non troppo lunga camminata si raggiunge il Passo di Portula, per poi portarsi a destra verso un successivo ampio colletto leggermente più alto. Adesso il Madonnino offre due possibiltà: quella più gettonata prevede di proseguire sul versante seriano, per salire in vetta con il sentierino che proviene dal lago Cernello. Ma abbiamo voglia di faticare e se sudore deve essere, che sudore sia..!! Così propongo di prendere il sentierino che sale direttamente dal colletto. Attacca immediatamente l'ampio costolone e tira su che è una meraviglia: secco e con ripidi tornantini sale decisissimo con il chiaro intento di farci risparmiare il maggior numero possibile di passi, cerca proprio la via più breve. Talmente breve che, grazie alle nostre buone gambe, la Madonnina di vetta ci si para davanti un solo quarto d'ora dopo. La bellissima Madonnina del Madonnino: una delle più belle in assoluto..!! Veglia dolcissima un magnifico panorama: che sia Valbrembana o Valseriana oggi non conta niente, lo spettacolo abbraccia entrambi i versanti. Troppo bello..!! Ce lo godiamo beatamente finchè le gambe non ci fanno capire chiaramente che hanno voglia di sgroppare ancora: decidiamo di accontentarle portandole su una vetta nuova per loro, il Reseda.

MONTE MADONNINO E MONTE RESEDA - FOTOGALLERY
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Ecco perciò che torniamo al Passo di Portula, stavolta però prendendo il classico sentiero del lato seriano, più lungo e tranquillo. Dal passo parte un sentierino con la scritta "Reseda", lo seguiamo fiduciosi....Ma dopo un po' mi accorgo che si abbassa troppo, pensavo si mantenesse più vicino allo spartiacque. Rapida decisione, si và a prendere la cresta: la raggiungiamo a naso, scoprendo che è percorsa da un debole sentierino che proviene dal Portula. Non ci resta che seguirlo verso sinistra ed in poco tempo e senza particolari difficoltà arriviamo in vetta al Reseda, presidiata da un piccolo ometto di sassi. Urka, che spettacolo la conca del Calvi vista da quassù..!! Ne è valsa davvero la pena, questa cima merita..!! A rapire lo sguardo è anche il bel laghetto del Poris: decidiamo di scendere al Calvi passando proprio dalle sue rive.

MONTE MADONNINO E MONTE RESEDA - FOTOGALLERY
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Ci abbassiamo in direzione del Grabiasca: non esiste sentiero, la dorsale è appena appena ripida ma molto larga e senza problemi ci ritroviamo al colletto da cui parte l'ampio vallone che degrada verso il laghetto. Le nostre gambe trotterellano felici in assoluta libertà, scendono questo dolce vallone e ci ritroviamo sulle rive del neanche tanto piccolo lago. I luoghi che stiamo attraversando sono talmente belli che descriverli con le parole suonerebbe quasi offensivo, bisogna venire a vederli. Ora non resta che concludere la nostra bella camminata: raggiungiamo il Calvi immersi in un panorama che mi regala costantemente la sensazione di essere dentro una cartolina..!! Una delle più belle che esistano: la Conca del Calvi è una garanzia, non delude mai... (Questa bella escursione ha il pregio di non contenere grosse dificoltà, perciò è indicata anche ad escursionisti di medie capacità.)

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MONTE PEGHEROLO - CRESTA OVEST

Giovedì 13 Ottobre 2011.
La precedente difficile salita da Valleve aveva lasciato sulla mia pelle l'odore della paura, voglio scrollarmelo di dosso: torno sul Pegherolo. Parcheggio alla Baita del Camoscio sopra San Simone e lo guardo: nessun pensiero, nessun alone, la mia mente è una lavagna nera e pulita. Comincio a scrivere il mio cammino raggiungendo su stradina il facile Passo di San Simone, poi con lunga diagonale entro nel detritico vallone che con fatica sale alla Bocchetta dell'Erba. La mia strada svolta a sinistra: scendo qualche metro e di traverso raggiungo in breve la lunghissima cresta ovest. La conosco solo di fama, dicono sia difficile: i miei scarponi sono abituati a tirare le conclusioni solo alla fine, partono con passo netto e deciso su terreno per ora facile. Quasi subito si presenta una prima catena, scendo una piccola e frastagliata paretina: un po' di attenzione e via. Ora la cresta si appuntisce in maniera decisa, viaggio costantemente sul filo dello spartiacque, acque che cominciano ad essere agitate, proprio come piace a me: raggiungo la vetta del Pizzo Cavallino. Spettacolare la vista sul Pegherolo, si avvicina lentamente, la cresta mi stà entusiasmando ma presenta subito un passaggio piuttosto impegnativo: scendo una franosa costa che si trasforma in un sottile e pianeggiante colletto lungo sì e no quattro metri, da cui partono due ripidissimi canali detritici: si viaggia proprio in punta..!! Appena oltre ecco la seconda breve catena, che risale un canalino frantumato in centinaia di piccolissimi appoggi. Lo scavalco e trovo al di là una parete decisamente ostica: va dapprima scesa per qualche metro, poi attraversata su appoggi abbastanza delicati e infine risalita su terreno franoso per portarsi di nuovo sul filo di cresta. E' un tratto un po' difficilino, attenzione a seguire scrupolosamente i bolli.

MONTE PEGHEROLO - CRESTA OVEST- FOTOGALLERY
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Ora il Pizzo Cavallino prosegue disegnando due lunghissime gobbe, che salgo e scendo restando assolutamente fedele al crinale: la prima è più "tranquilla", la seconda presenta una secca discesa che polverizza un centinaio di metri di dislivello. Negli ultimi metri il cammino si fà delicato e roccioso, ci si abbassa ad un'aerea bocchetta: adesso sono davvero sulla porta del Pegherolo, si volta pagina, si entra in un altro mondo. Il Pegherolo mostra la sua pelle scorticata, cammino salendo di traverso un'inclinata placca di nuda roccia: gli scarponi raggiungono di nuovo il crinale grazie alle "orme" scavate appositamente. Ed alquanto elettrizzante si rivela il tratto di cresta successivo, cammino letteralmente in bilico sul sottilissimo filo roccioso, talmente stretto da non consentire l'incrocio di due persone: cento metri straordinari che caratterizzano l'intera cavalcata..!! Un passo falso quì significa dire addio al futuro, vietatissimo sbagliare..!! Resto alquanto sorpreso ed affascinato, mai avevo trovato una cosa simile sulle Orobie..!! E' un tratto decisamente delicato ed impegnativo, ma per fortuna le vertigini non sono nel DNA dei miei scarponi, filano via sicuri e alquanto divertiti. Non esiste quasi più erba sotto di loro, salgo un breve spallone poi mi scosto dal crinale tagliando in piano lo scosceso versante di Valleve: due traversi successivi da prendere con estrema prudenza, specialmente il secondo che risulta alquanto esposto. Occhio e ancora occhio..!! L'ambiente si fà lunare, selvaggio e molto severo. Un ghiaioncello e sono dirimpetto alla prima balza rocciosa attrezzata: la catena parte quasi verticale e salendo mi devo leggermente spostare verso sinistra. Delle tre finali è senza dubbio la più difficile, ma è corta e gli appigli sono ben distribuiti su roccia buona: filo su pensando alla tremarella patita affrontando la difficile parete attrezzata della cresta sud. Per fortuna questa è decisamente più facile. Qualche saltello di roccia ed arriva subito la seconda catena: corta pure lei, ma abbastanza tosta. Mi ritrovo su una ripida costola costellata da ghiaie e sassi instabili: il sentierino da percorrere non è per niente facile e rassicurante, salgo con estrema attenzione. Ed eccomi al torrione finale con la terza e ultima catena: lo confesso, questa la temo in maniera particolare, non sò perchè....

MONTE PEGHEROLO - CRESTA OVEST- FOTOGALLERY
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A sorpresa invece, nonostante sia la più lunga, si rivela la più facile di tutte: risalgo una spaccatura quasi verticale, ma il canalino è fatto a gradoni, si và su facilmente. Sbuco in cima a cento metri dalla vetta, resta un ultimo saltello che costringe di nuovo all'uso delle mani: quattro passi e tocco la croce. Stavolta la felicità è immensa e me la godo tutta..!! Adesso i miei scarponi possono tirare le conclusioni e mi suggeriscono di dirvi quanto segue: che splendida cavalcata..!! Che magnifico percorso..!! Che bello..!! Che bello...!!! Mai avrei immaginato che la mia Valbrembana custodisse un itinerario di tale bellezza..!! Mai avrei immaginato di trovarmi immerso in un ambiente così particolare e straordinario..!! E' un magnifico viaggio in cresta, adatto però solo ed esclusivamente ad escursionisti molto esperti, dal passo sicuro e deciso. Ripeto: tassativamente solo per escursionisti molto esperti. Se vi riconoscete in questa categoria non lasciatevi scappare il Pegherolo..!! Per finire un paio di consigli: tenete conto che la lunghissima cavalcata, pur rimanendo in quota, è ricca di saliscendi a volte faticosi, non affrontatela con poco allenamento. E salite solo se siete sicuri di trovare terreno asciutto e bel tempo: non azzardatevi neanche lontanamente a salire lassù per scherzare con la pioggia o peggio con i temporali..!! Ero partito con la mente sgombra da qualsiasi pensiero e timore, una lavagna nera e pulita....Poi è stato un uragano di emozioni. Su quella lavagna ho scritto solo due parole, ma significano tanto: "Grazie Pegherolo".

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LA CORNETTA

Sabato 8 Ottobre 2011.
Dovevamo salire solo lo Zuccone dei Campelli: le ultimE parole famose.... Quando arriviamo ai Piani di Bobbio e vedo le pozzanghere ghiacciate, metto subito le mani avanti dicendo a Fausto che se le rocce sono gelate, lo Zuccone ce lo scordiamo: gli spiego che il canalone da risalire è già abbastanza rognoso per conto suo, neanche a pensarci di affrontarlo in presenza di ghiaccio. Arriviamo al Lecco: proviamo, al limite si torna indietro. Ci addentriamo nel grandioso Vallone dei Camosci e a sorpresa veniamo investiti da forti folate di vento gelido. Però risalendo il ripido ghiaione constatiamo che pur essendo gelato il terreno non presenta lastre di ghiaccio: questo mi conforta non poco e arriviamo senza problemi al bivio per il Pesciola. Fausto resta molto sorpreso quando gli spiego che si può salire anche da lì, pensava si potesse raggiungere solo tramite ferrata. Rapido giro di occhiate e butto lì di nuovo un "proviamo..?". Un attimo dopo sterziamo decisi a destra e siamo già in piena salita al Pesciola, è la prima volta anche per me: si risale a lungo un canale di sassi e roccette, rimanendo preferibilmente sulla sinistra, quasi a ridosso di alte pareti. Non è una salita facile: la pendenza è molto sostenuta ed il terreno, specie all'inizio, è piuttosto franoso. Nessun bollo, possiamo contare solo sull'aiuto di qualche sparuto omino. Nella parte alta il canale diventa più divertente ed un pochino più facile, poi scolliniamo su una forcella erbosa che verso destra si impenna per un cinquantina di metri di dislivello: eccoci sul Pesciola, piccola vetta tutt'altro che banale. Ci dà il benvenuto una bella Madonnina che veglia il grandioso panorama della Valsassina.

LA CORNETTA- FOTOGALLERY
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Questa vetta non era in programma, ma deviare quassù è stata una scelta quantomai felice..!! Potremmo sostare più a lungo, ma le raffiche di vento sono come sberle gelide, ci fanno scappare via velocemente, scendiamo nel canale e siamo di nuovo al bivio: si và sullo Zuccone. Non resta che affrontare il lungo ed ambiguo canalone: proprio così, ambiguo..!! Parte stretto, poi si allarga e addirittura si sdoppia: non essendoci bolli, non si sà bene dove passare. Anche quì spuntano recentissimi omini, ma in cima ti portano solo l'intuito e l'esperienza. Pur non difficile questo canalone non và assolutamente sottovalutato: deviare anche di poco dall'itinerario ideale significa correre il rischio di finire in punti decisamente pericolosi. Occhio..!! Ed eccoci finalmente sbucare in cresta, la vetta sembra facilmente a portata di mano, ma fatti pochi metri ecco le catene: il tratto attrezzato è molto breve, ma decisamente birichino..!! Per fortuna non c'è ghiaccio e il passaggio è brillantemente superato, un amen dopo siamo sullo Zuccone dei Campelli: Fausto aggiunge un'altra panoramicissima vetta alla sua collezione. E' sempre bello salire quassù e mi godo i bellissimi orizzonti tra un panino e l'altro. Ma il vento continua a tirare sberle..!! Non resistiamo a lungo. Ci abbassiamo a rendere omaggio alla scultura in ferro del Cristo, poi risaliamo a prendere la dorsale est: che pacchia scendere da questo rilassante costolone, nemmeno un alito di vento..!! Ci scappano pure alcuni minuti a mezze maniche..!! A me scappano anche diverse occhiate alla Cornetta, è da tanto che la curo, mi fermo un attimo e la studio bene: forse ho capito da che parte salire. Ci avevo già provato in una precedente occasione, sbagliando però totalmente strada. Adesso è ancora quì, a portata di mano: troppo forte la voglia di tentare di nuovo..!! Rapidissima consultazione: proviamo..? Risposta affermativa..!

LA CORNETTA- FOTOGALLERY
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E allora via decisi oltrepassando la Baita la Bocca: c'è un debole sentierino che si dirige proprio verso la Cornetta, lambendo la base della Cima di Piazzo. Ci avviciniamo sempre di più e mi rendo conto che se non voglio sbagliare come l'altra volta, devo abbandonare il tracciolino per raggiungerne uno leggermente più basso: stavolta non mi freghi Cornetta..!! (Guardate bene la foto n°38: non prendete il tracciolino che si vede lambire la base dei torrioni, quello giusto è più in basso.) La traccia è molto labile e taglia quasi in piano il versante ovest, poi sparisce: prendo i miei punti di riferimento e tiriamo sù di sbieco, non senza difficoltà, sul ripido fianco fino al limite dello spallone. Adesso decisa sterzata a destra, si dovrebbe passare da lì: e difatti ecco che appena oltre un piccolo sperone roccioso riappare magicamente il tracciolino. Saliamo di traverso, restando sorpresi della facilità con cui questo sentierino oltrepassa le balze del pendio: sbuchiamo quasi dirimpetto un piccolo omino, non resta altro che risalire in linea retta le ripide e secche erbe della vetta. E vai..!! Finalmente eccomi sulla Cornetta..!! Sono strafelice, non era in programma, neanche lontanamente avevo messo in cantiere di salirla oggi..!! Per Fausto è la terza vetta inedita della giornata, per me la seconda: abbiamo fatto una scorpacciata di bellissimi panorami, anche questi della Cornetta sono di ottima fattura, che bello..!! E' più logico salire quassù provenendo dalla zona del rifugio Cazzaniga, non da dove siamo arrivati noi, però va bene anche così. Adesso che sò da che parte passare, la Cornetta si rivela una montagna più facile del previsto, ma adatta comunque ad ascursionisti esperti. Con la raccomandazione di affrontarla con terreno asciutto e buona visibilità: ad un certo punto si và a naso per erbe alte e scivolose, nebbie e piogge diventerebbero pericolose nemiche. Scendiamo e riprendiamo il 101, che attraversando ambienti di grande bellezza ci traghetta alla Bocchetta dei Mughi: non ci resta che scendere... Ma ci concediamo un ultimo piccolo capriccio, prendendo a sinistra il suggestivo sentiero che transita sotto l'impressionante parete nord del Barbesino: che spettacolo..!! Provate almeno una volta a passare di lì, ne vale davvero la pena. Così come vale la pena salire il Pesciola e la Cornetta: proprio a lei dedico il servizio, è stata la più bella sorpresa della giornata...E pensare che doveva essere solo Zuccone e niente più.
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CROCE DEL PIZZO - CIMA DEL PIZZO - MONTE MENNA

Mercoledì 5 ottobre 2011. Tra le possibili vie di salita al Menna oggi ne scelgo una che mi è totalmente sconosciuta: passerò dalla Croce del Pizzo e dalla Cima del Pizzo. Parto dalla frazione Costa Inferiore e spendo subito due parole per invitarvi caldamente a visitarla, casomai passaste da Roncobello. Si adagia sul fianco di una collina, con un bel gioco di vicoletti, slarghi, piazzette e passaggi porticati che degradano verso la valletta sottostante. Il tutto immune da automobili: le strade asfaltate la lambiscono solamente, ma non entrano nella parte vecchia della frazione: fateci un giretto, merita. Inizialmente si segue il segnavia CAI 235: si può partire dalla piazzetta della chiesina oppure all'altezza delle prime villette moderne all'inizio della frazione. Raggiunto l'anello di ritorno della vicina pista di sci nordico, lo attraverso per salire di pochi metri all'anello di andata, che seguo verso destra fino ad incontrare l'inizio vero e proprio del 235: sale per un bel pezzo nella faggeta su tracciato all'inizio comodo e largo, poi un tantino più stretto e tortuoso, ma ancora agevole. Le cose cambiano repentinamente quando lo abbandono: svolto a sinistra e passo ai piedi della Corna Buca, grande caverna che si può visitare salendo pochi metri sopra il sentiero. Molto meglio però chiamarlo sentierino, ed è già un grosso complimento: sale zizzagando dentro un tratto di bosco caratterizzato dalla presenza di molti esemplari di abete rosso di notevoli dimensioni. Devo destreggiarmi con impegno nell'individuazione della traccia, per fortuna ho studiato bene la cartina: sò che devo raggiungere lo spallone alla mia sinistra e così avviene. Lo risalgo a lungo fedelmente, cercando di scovare la traccia, ma non sempre è facile, anzi..!! La pendenza è decisa ma sopportabile e poco dopo aver superato un casello ecco che incrocio il Sentiero Gilberti, che oltrepasso. Ora la traccia sparisce totalmente: ci sono già parecchie foglie secche al suolo, il tracciato è letteralmente introvabile..!! Tiro su praticamente il linea retta, la pendenza abbonda, la fatica pure: finalmente ritrovo la traccia 200 metri di dislivello più su, proprio lì dove il bosco termina e lascia spazio ai primi panorami.

CROCE DEL PIZZO - CIMA DEL PIZZO - MONTE MENNA - FOTOGALLERY
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il sentierino ora si infila ripidissimo nell'intricato mugheto sovrastante, guadagnando velocemente quota su uno spallone che si trasforma in una cresta sottile: il cammino è tutt'altro che facile e molto molto faticoso. Attraversata la testata di una vallettina riprendo a salire e avvisto la croce, meno vicina di quanto potrebbe però sembrare: ultimo tratto impervio e sono su. Che fatica..Mamma mia che fatica..!! A ragione veduta il tratto dall'uscita del bosco a quì è in assoluto il più impegnativo e faticoso dell'intera escursione: la salita a questa aerea croce la ritengo adatta solo ad escursionisti esperti, per via delle difficoltà di orientamento, per il tipo di terreno e per le pendenze da affrontare. Il panorama però è davvero bello e ne approfitto per tirare il fiato. In realtà questa croce non è posizionata su una vetta, ma sul crinale che sale verso il Pizzo di Roncobello. Ricomincio così immediatamente la salita che ora si permette il lusso di proporre anche qualche breve tratto pianeggiante: non mi sembra vero..!! Spicca il punto in cui proprio in cresta si apre a sorpresa una profondissima voragine, sembra una valletta e si trasforma in un buco nero: provate a getterci un sasso, sentirete il tonfo finale solo dopo un bel po' di secondi. Impressionante..!! Quì e là c'è da prestare un po' di attenzione, come quando si giunge alla base di un piccolo macereto che il sentierino aggira sulla destra, ma si arriva abbastanza velocemente e senza particolari difficoltà sulla lunga e pianeggiante Cima del Pizzo: gran bel panorama anche da quassù, specialmente verso i dirimpettai Arera e Corna Piana. Spuntano dei provvidenziali bolli rossi che mi guideranno fino all'ancora lontano Menna. Comincio a scendere l'agevole e larga cresta che conduce senza problemi al passo sottostante, perdendo circa un centinaio di metri di dislivello e vado all'attacco della cresta successiva.

CROCE DEL PIZZO - CIMA DEL PIZZO - MONTE MENNA - FOTOGALLERY
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CROCE DEL PIZZO - CIMA DEL PIZZO - MONTE MENNA - FOTOGALLERY
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E' altalenante, divertente e varia: è presente qualche chiodo, ma nessuna catena e anche l'unico passaggino un po' verticale è davvero molto abbordabile. E' una cresta tuttosommato facile e s'impenna con più decisione solo nel pratone sommitale, che con breve fatica deposita in vetta al Menna. Finalmente..!! Bella lunghetta come escursione...E soprattutto bella faticosa..!! Purtroppo non mi è concessa la fortuna di avere cieli limpidi: la carognosa nebbia tipica di questa zona avanza prepotente a cancellare presto ogni panorama: due foto e poi è tutto grigio. Il Menna è custode di grandiosi panorami e vale la fatica di essere salito, purtroppo però oggi non posso dimostrarvelo a dovere... Decido di completare l'escursione scendendo la suggestiva cresta ovest, che mi porterà nel Vallone e poi giù verso Roncobello: itinerario che ho già descritto in un mio precedente servizio, a cui vi rimando per le note tecniche relative al tracciato. Considerazione finale del tutto personale: salire al Menna lungo questo itinerario è sicuramente di grande soddisfazione e appagamento...Ma è anche una via di notevole fatica fisica e pure mentale, scovare la traccia in certi punti è un impegno di tutto rispetto: gran bella escursione per escursionisti esperti ed allenati, se si ha uno spirito avventuroso...Assolutamente da evitare se si è un po' fiacchi, o si amano i sentieri che ci prendono per mano, anzi per scarpone e ci guidano fedeli fino alla meta.... Buon Croce del Pizzo, Cima del Pizzo e Monte Menna..!! i.
CROCE DEL PIZZO - CIMA DEL PIZZO - MONTE MENNA - FOTOGALLERY
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PIZZO ARERA ( sentiero 218 - variante alpinistica )

Mercoledì 14 Settembre 2011.
Roncobello, Conca di Mezzeno, in mezzo a questi prati corre un confine importantissimo: verso nord si innalzano montagne di granitiche rocce rosse, acqua e laghi in abbondanza. A sud bianchi e secchi calcari sparano verso l'alto due bellissime e scenografiche montagne: sfioreremo la Corna Piana, saliremo il Pizzo Arera dal canalino nord. Io e Fausto ci avviamo verso il sempre suggestivo Corno Branchino che manda una costola a formare il passo omonimo: lo raggiungiamo con facile camminata grazie al sentiero CAI 219 . Preso il sentiero 218, la Corna Piana ci offre il suo versante più spettacolare: costantemente sorvegliati dall'imponente parete nord ovest, saliamo il comodo ghiaione e scolliniamo alla bocchetta, per poi scendere leggermente ai pianori erbosi sottostanti la conca del Passo di Corna Piana. Ecco su un grande masso la scritta che cercavamo, Arera: bollato anche col numero 4, il sentiero ora risale un bel gobbone pietroso fino ad incontrare un vecchio cartello quasi illeggibile che recita: " Periplo dell'Arera, variante alpinistica ". L'ambiente è veramente spettacolare: chiarissimi calcari ospitano un sentiero molto ben tracciato e bollato, che dopo aver zizzagato su facili roccette si porta su uno spallone affacciato sull'immensa Conca del Mandrone.


PIZZO ARERA ( sentiero 218 - variante alpinistica ) - FOTOGALLERY

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PIZZO ARERA ( sentiero 218 - variante alpinistica ) - FOTOGALLERY

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Io e Fausto restiamo sorpresi dalla bellezza di questo tratto per nulla difficile: possiamo ammirare senza timore i bellissimi panorami di valle, mentre sulla nostra testa svettano le possenti bastionate dell'Arera. Saliamo ancora un po' senza particolari difficoltà, solo qualche facile roccetta, ed aggirato un costolone ecco all'improvviso materializzarsi il temuto canalino: un vero e proprio budello che sembra quasi esser stato scavato artificialmente. I bolli sono numerosi e belli evidenti, impossibile comunque sbagliare strada: bisogna risalirlo al centro, mentre ai lati sono presenti i robusti paletti di ferro che sorreggevano catene ora totalmente rimosse. Il canalino non è difficile e a metà lo si abbandona per spostarsi a sinistra, verso un piccolo saltino attrezzato con piolo che immette su una cengia. Aggiriamo uno spigolo e salite poche brevi roccette ci immettiamo nei canali ghiaiosi che scendono dalle creste, quì e là dobbiamo fare attenzione al terreno franoso. Ma ormai siamo in vetta, eccoci in cima: davvero bellissimo questo itinerario..!!


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Più facile di quanto ci aspettassimo e molto, molto spettacolare..!! Abbiamo azzeccato la giornata giusta, per la prima volta Fausto può ammirare a dovere i panorami dell'Arera, finora le nebbie lo avevano sempre fregato. L'Arera è piuttosto altino, 2500 metri, e la sua posizione isolata lo rende un gran belvedere. Inevitabili le raffiche di foto. Adesso che conosco questo itinerario, difficilmente in futuro sceglierò ancora quello classico che risale il versante sud, dalla Capanna 2000: è decisamente più monotono, noioso e faticoso. Intuisco però l'unico "difetto" di questo sentiero nord: a livello escursionistico è percorribile solo per pochi mesi l'anno, la neve su questo versante resiste a lungo. Comunque è davvero un bellissimo itinerario: il vecchio cartello lo titolava variante alpinistica, ma và benissimo anche se si è solo buoni escursionisti esperti, basta un po' di attenzione. Ah, dimenticavo: al ritorno abbiamo fatto un salto anche sulla Cima di Valvedra, che si raggiunge dalla bocchetta di Corna Piana: si deve oltrepassare la croce e per facile cresta in una decina di minuti la si raggiunge senza difficoltà. Confronto ad Arera e Corna Piana è proprio piccolina, ma un bel giretto lo merita di sicuro pure lei.

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PIZZO DI COCA

Venerdì 9 Settembre 2011, un giorno che non scorderò mai più.
Arrivo troppo presto a Valbondione, il buio pesto mi costringe ad aspettare mezz'ora: alle 6.30 comincia la mia salita al Coca, il ponticello sul Serio diventa la porta d'ingresso di un'infinita serpentina. Temo per le mie ginocchia, la traversata Diavolino - Diavolo ha lasciato postumi: parto piano, punto ad arrivare almeno al rifugio, mille sudati metri di dislivello più sù, poi si vedrà. Le curve strettissime ricamano a lungo prima il macereto e poi il bosco, dopo un'ora finalmente la mulattiera si spiana un poco inoltrandosi verso una valletta rocciosa: ecco apparire il Coca. Oltrepassato un ponticello esco definitivamente in campo aperto per iniziare un tratto roccioso suggestivo: risalgo un sentiero - gradinata, protetto da una lunga scia di catene. Mi affaccio su un piccolo bacino di raccolta, il rifugio fà capolino sopra la mia testa: ammiro la sua posizione ardita, nella stupenda scenografia del Pizzo di Porola. Eccomi alla terrazza del rifugio, fin quì tutto bene: vado avanti sapendo che non sono nemmeno a metà strada, 1150 metri di dislivello mi separano dalla vetta del Coca. Tento. Risalgo il bel vallone e raggiungo il Lago di Coca, sentinella della maestosa cattedrale dei tremila orobici: ci si sente piccolissimi quì, sono come un granello di polvere. Il sasso segnaletico appena prima del lago mi indirizza a destrasu un ripido macereto: nuova fatica che culmina con un breve canalino quasi verticale, ma facile. Ora il sentiero sbuca sul filo di un lungo costolone erboso affacciato sul versante sud: mi ritrovo in pieno sole ad ammirare per lungo tempo il sottostante e sempre più lontano rifugio. La cosa mi sorprende non poco, ero convinto di dovermi inoltrare in ombrosi valloni sovrastanti il lago: mi sorge il dubbio di aver sbagliato strada. Incontro alcuni statuari stambecchi, provo a chiedere informazioni, ma si limitano gentilissimi a cedermi il passo su questo sentiero, a tratti decisamente malandato: devo stare attento a non perdere la traccia, che sembra puntare verso l'inizio di una cresta rocciosa, affacciata sulla bastionata del Coca. Ecco che invece un traversone verso destra sale verso una conca detritica sospesa, capisco al volo che quella alla sua testata è la Bocchetta dei Camosci: sono sul sentiero giusto.


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Raggiungo il bordo dell'ampia conca, sono le 10, la stanchezza comincia a farsi sentire: mi siedo per un panino. Quando mi rialzo ecco che all'improvviso parte una feroce ma per fortuna breve scarica di capogiri: no, non oggi...Non adesso...!! Mi era già capitato in passato di soffrire questo disturbo, perciò sò cosa mi attende, devo decidere se proseguire. Mi scoccia troppo rinunciare, che la pazzia abbia inizio: proseguo. Il cammino si fà più impegnativo, un macereto e terreno franoso, arrivo alla bocchetta: comincia il tratto più difficile, ma ancora non posso sapere quanto sarà dura per me arrivare in cima. Devo subito mettermi alla prova su un severo canalino quasi verticale: la salita è classificata come AF, alpinismo facile...Secondo me quì si và ben oltre..!! Arrivato al termine del canalino la traccia si addolcisce in una valletta e raggiunge una cengia, scelgo di andare a sinistra sul percorso più facile. Mi rendo conto che la roccia è tutt'altro che bella, il Coca ha l'anima frantumata in miliardi di sfasciumi: devo prestare costantemente attenzione a dove appoggio mani e scarponi. Oltretutto la via è bollata male, Il Coca non ti prende per mano benevolmente: devo fermarmi spesso per cercare i pochi sbiaditi bolli rossi. E ogni volta partono 5 secondi di forti capogiri: per me comincia un piccolo calvario. Mi aggiro sui meandri di questo difficile e tormentato versante: la traccia si impenna su passaggi esposti, si infila su brevi e delicate crestine, si addentra in traversi ricchi di sassi instabili. In certi punti spuntano omini di sassi che possono a volte generare confusione, loro vanno da una parte e i bolli da quella opposta: sono già in crisi per conto mio, non ci voleva. Stò patendo l'altitudine e la stanchezza come mai mi era capitato prima, salire è quasi penoso: mi fermo in continuazione per recuperare fiato e forze, è da pazzi continuare. Ma non riesco a decidere di mollare: sò che ce la posso fare, affronto i passaggi più brutti solo dopo essermi riposato: le mani afferrano sicure la roccia, ma il Coca non finisce più, non finisce più..!!Ore 11.15, improvvisamente dieci metri davanti a me appare la croce di vetta, mi fermo di colpo, stremato, quasi mi accascio abbracciando un grosso macigno, ma resto in piedi: chiudo gli occhi, ancora ansimante dopo qualche secondo riesco a pronunciare "E' finita...Non ci posso credere, è finita".... E quasi mi viene da piangere per la sofferenza patita: adesso lo sò, salire in un'unica tirata è stata una pazzia..!! Non ho incontrato nessuno sul mio cammino da Valbondione e nessuno mi accoglie quassù: sono sul tetto delle Orobie, da solo. Potrei sfogarmi senza vergogna e invece sulla bocca nasce senza fatica un sorriso. Riapro gli occhi: sono su un balcone straordinario, il più alto di tutti, sono in una cartolina soleggiatissima e calda, sono sul Coca....Sono un pazzo felice. La prima cosa che faccio appena tocco la croce è dar fondo alle provviste del mio zaino, voglio e devo assolutamente recuperare forze.


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Mi fermo in vetta per due ore, a riposare e guardarmi attorno: i panorami sono magnifici, non aggiungo altro, lascio che parlino le foto. Alle 13.30 abbandono il Coca in compagnia di Walter, un "Imminente Pensionato" arrivato in vetta dal Curò, non più di venti minuti prima: mi chiede gentilmente se può scendere in mia compagnia e io accetto più che volentieri, nessuno dei due è entusiasta di affrontare la difficile discesa da solo. Ci facciamo forza l'un l'altro, scendere rivela quanto sia impegnativo affrontare il Coca: arrampicare in discesa aumenta le difficoltà, siamo d'accordo che questa via và oltre la definizione di alpinismo facile. Scendiamo molto lentamente, stiamo attenti a scovare i fatidici bolli, ma riusciamo comunque a sbagliare strada: siamo costretti ad un certo punto a tornare sui nostri passi e risalire. Affacciarsi sull'ultimo lungo canalino incute timore, la pendenza precipita verso la Bocchetta dei Camosci: finalmente la raggiungiamo, la parte più stressante dell'escursione è finita. Ora ci lasciamo cullare dai bellissimi colori pomeridiani di questa stupenda giornata di fine estate: il sole ridipinge le montagne, l'azzurro dal Lago di Coca toglie il fiato. Scendiamo al rifugio, scendiamo nell'infinito bosco, scendiamo al ponticello sul Serio: alle 18.15 tutto finisce, saluto Walter e riabbraccio la mia Pandina. Guardo sù, il Pizzo di Coca è lì davanti a me: l'ho affrontato con l'anima, il cuore, la testa e tanta pazzia: stavolta sono arrivato al limite delle mie possibilità. Il Coca ha un fascino tutto particolare, sa di essere il più alto di tutti e ti chiede moltissimo: ma quando arrivi lassù ti regala la stupenda sensazione di aver salito la più alta vetta delle Orobie e nessun'altra vetta può offrire altrettanto..!! Quanta fatica mi è costato salire la tua ruvida pelle, Pizzo di Coca: credimi, nel bene e nel male non scorderò mai questa giornata.... ( P.S.1: La salita al Coca, secondo il mio parere, è decisamente difficile per un escursionista: guardate bene le foto scattate dalla Bocchetta del Camosci in poi, quelle della vetta...Guardate bene il terreno e la roccia, sono quelli che trovate in abbondanza salendo alla vetta.) ( P.S.2: Consiglio spassionato: se non siete più che allenati e in perfette condizioni, non affrontate il Coca in un'unica tirata, spezzate la salita in due giorni.)

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DIAVOLINO E TRAVERSATA AL DIAVOLO DI TENDA

Martedì 23 Agosto 2011.
Non avevo mai fatto niente del genere in vita mia, non so se proverò ancora emozioni così intense. Io, Fausto e Sonia: forse qualcuno oggi salirà il Diavolino. Pagliari è ancora vestita di notte, lampioni che illuminano e fermano il tempo: atmosfera eterea e bellissima, un sogno. I miei scarponi aspettano pazienti che mi disseti al Baitone, salgono decisi al Longo, scollinano alla Selletta: cavalli regalano una scena bucolica, ma gli occhi sono già proiettati verso il Passo di Valsecca, ancora molto lontano: ci manco da vent'anni..!! Ho svezzato i miei scarponi altrove, sono totalmente inesperti di questo lungo sentiero: ora si lasciano guidare obbedienti. Attraversiamo l'immenso vallone della Camisana e raggiungiamo la pianeggiante valletta ai piedi dei Diavoli. Salgo sul ponticello che attraversa il Brembo, mi fermo: guardo il torrentello che scorre sotto di me e penso a mio padre. Avevamo una cava di ghiaia a Brembate, il Brembo ha permesso a mio padre di mantenere la nostra numerosa famiglia: il mio amatissimo Brembo, gli dobbiamo molto. Lui nasce quì, dai franosi ghiaioni sotto il Valsecca: sono ancora parzialmente ricoperti di neve, sembrano morene di un ghiacciaio. Sonia si separa da noi, segue i segnavia del Diavolone, ci aspetterà al Podavit. Io e Fausto raggiungiamo il passo di Valsecca: fin quì è stato facile, ora non più. Il Diavolino si presenta come una bastionata apparentemente inaccessibile, appena smorzata dai ripidi prati che stiamo risalendo per portarci alla sua base. Arrivati al basamento che ospitava la colonnina del telesoccorso, Fausto mi saluta lasciandomi la sua ricetrasmittente, torna a valle per raggiungere Sonia.


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Decido di proseguire, mi porto alla base del primo erto canalino, spengo il motore dei miei bastoncini, comincio ad arrampicarmi: a sorpresa scopro degli sbiaditi bolli rossi che in teoria non dovrebbero esserci, secondo le informazioni in mio possesso. Ecco invece che leggere ombre rosse mi guidano attraverso una lunga serie di canalini e spaccature che si rincorrono sul filo di questo tormentato spigolo: le pendenze spaziano tra il ripidissimo e il verticale. E quando la via sembra chiudersi definitivamente, come elfi spuntano alcuni piccoli omini di sassi a indicarmi la direzione, brevi cenge a volte esposte che mi fanno letteralmente girare l'angolo, mandandomi a sbalzo sul versante Brembano o su quello Seriano. Salgo tutto d'un fiato, senza timore: la salita è decisamente impegnativa, ma rimango colpito dall'andamento sorprendente della traccia, che non si spinge mai a livelli troppo difficili. Non mi giro indietro, non cerco con lo sguardo la vetta, la sbilenca croce mi si para davanti all'improvviso, è fatta: mai avrei immaginato di poterla un giorno toccare..!! Sono emozionatissimo, non me l'aspettavo di farcela, ma allo stesso tempo mantengo la giusta freddezza: comunico agli amici la mia intenzione di proseguire verso il Diavolone. Dopo le foto di rito mi affaccio sulla non facile discesa del versante nord, dove i bolli rossi non si spingono: io non conosco la strada. L'istinto mi accompagna lungo questa scoscesa distesa di placchette rocciose, disseminate di canalini e traversi ghiaiosi: riesco a portarmi sulla crestina che collega Diavolino e Diavolo. Non avendo nessuna guida sbaglio leggermente strada, ma arrivo comunque nel punto dove nasce il Diavolone. Lo spigolo è largo e senza traccia bollata, nessuna via precisa, ci vuole una buona dose di volontà per proseguire: davanti s'innalzano balze e salti di roccia tutt'altro che facili e rassicuranti. Le mie mani afferrano i primi appigli, la testa guarda avanti: decido di mandare in avanscoperta l'anima, lascio che sia lei a farmi strada, le dò piena fiducia. Va sù decisa, la seguo fedelmente senza mai guardarmi indietro: mi fermo un attimo per immortalare qualche stambecco, ma non posso indugiare, lei non mi aspetta. Sale, sale leggera e sale ancora, come accarezzando la pelle durissima di questo Diavolo impervio e senza fine. Non ho altro punto di riferimento che lei, mi fà affrontare alcuni passaggi molto delicati, non ne avevo trovati così sul Diavolino: sono intimorito, arriva il momento in cui dubito che abbia sbagliato strada. Ma ecco che di colpo si ferma ad aspettarmi appollaiata sull'ennesimo verticale grumo di rocce, la raggiungo non senza difficoltà: pochi metri davanti a me si staglia la piramide di vetta del Diavolo.


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E ' il respiro che manca, uno schiaffo violento e dolcissimo, pochi metri e tocco la Madonnina di vetta, mi fermo, è finita: per qualche attimo il cuore e la mente vanno per conto loro. Non sono in grado di spiegare cosa ho provato: se esiste l'Eden in quel momento era lì intorno a me. Ci vuole un po' di tempo, poi la voce si fa coraggio: chiamo i miei amici per rassicurali e scambio due parole con un altro escursionista presente in vetta. Poco dopo lui scende. Rimango solo, comincio a scattare qualche foto e lentamente la tensione si sgretola, trasformandosi in gioia pura: solo ora mi rendo conto di chi sono e dove mi trovo..!! Guardo il Diavolino, ripenso a quanto fatto dal Valsecca in poi: è stata una traversata impegnativa e meravigliosa, la salita più difficile in assoluto che abbia mai affrontato in vita mia..!! Difficile anche mentalmente, per un'escursionista: non sono e mai sarò un mago delle rocce, ma mi rendo conto molto bene che questa traversata non è adatta a tutti, molti passaggi reclamano forza di volontà e gran sangue freddo. E' una traversata che non ammette paura del vuoto ne distrazioni, guai a prenderla con leggerezza..!! Diavolino e Diavolo, vi saluto con intimo rispetto: adesso scendo al Podavit, ritroverò i miei amici, raggiungeremo il Calvi, riattraverseremo Pagliari. Ma vi lascio in custodia un frammento del mio cuore e come leggo su una targa della vetta, se mi sarà concesso ritornerò....Non per riprendermi quel frammento, ma per aggiungerne un altro.

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PRESOLANA

Giovedì 18 agosto 2011.
Se qualcuno pronuncia la parola "Regina", non può altro che riferirsi alla Presolana. Cima di immensa soddisfazione, regala la sensazione di aver compiuto qualcosa di importante: non è una vetta facile, ma neppure irraggiungibile. Al Passo della Presolana è ancora buio feroce, per fortuna ho come alleata la luna: illumina debolmente i miei passi che alle 5.30 si avviano sulla sterrata di fianco l'Hotel Spampatti. Cammino per un bel pezzo sospeso in una chiara oscurità, ma so per esperienza che l'alba si evolve velocemente: in pochi minuti nasce il giorno, mi avvolge non lontano dalla Baita Cassinelli. Oltrepassato il rifugio la stradina lascia il posto ad un sentiero faticoso: per molto tempo gli scarponi salgono cercando appiglio su terriccio e ghiaietti. Li faccio riposare un po' alla Cappella Savina, poi li metto alla frusta sul ghiaione micidiale che sale alla Grotta dei Pagani. I fedeli bastonicini che hanno alleviato la fatica ora si fermano, lo zaino li accoglie: le mani si posano sui primi facili balzi bollati della via normale che porta in vetta. Poi entro in una valletta più dolce che però si trasforma in un imbuto quasi verticale negli ultimi metri: fuoriesco all'altezza di una catena, l'unica di tutta la salita. E' il passaggio più difficoltoso, un piccolo balzo che richiede però forza nelle braccia: ci si deve tirare sù. Può aiutare tantissimo l'avere le gambe lunghe. Non stò scherzando..!!


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Il resto della salita non è certo una passeggiata, si prosegue su terreno alquanto ripido: una specie di gradinata dove le mani raramente si staccano dalle roccette. Una cengia tranquilla ma da non sottovalutare troppo mi accompagna alla base della paretina centrale: salgo per qualche metro su roccia più liscia e meno generosa di appigli. Vengo comunque guidato dai provvidenziali bolli che indirizzano verso i punti migliori: attenzione ai massimi livelli, si viaggia quasi in verticale. Oltrepassato questo punto delicato, mi ritrovo come nel fondo di un grande vallone detritico che salendo si allarga sempre di più. Ora la salita diventa decisamente più facile, ma bisogna cercare di affrontare questo tratto col passo il più felpato possibile: il terreno è molto ricco di sassi instabili. La pendenza si mantiene sostenuta fino a quando raggiungo la cresta: mi affaccio sui panorami del nord. Proseguo a destra verso la croce che dista un centinaio di metri: viaggio quasi sempre sul filo della cresta. Anche questo cammino non è del tutto privo di difficoltà, i passi non devono essere distratti. Finalmente tocco la croce, 7 anni dopo la prima volta.


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Sette anni di esperienze in più che mi hanno permesso di salire la Presolana con maggior sicurezza: allora ero molto intimorito, oggi mi sono emozionato. Stavolta che potrei godermi di più i bellissimi panorami, ecco che arrivano velocemente le avanguardie delle mitiche nuvolacce della Presolana. Accidenti: sono solo le 8..!! Ero partito prestissimo per evitarle e invece i panorami sarranno brevi, peccato! Ma sono felice lo stesso: la Presolana è una bellissima regina...Da rispettare sempre, certo, ma non una di quelle regine fredde, distaccate e inavvicinabili..!! Quì si và nettamente oltre il semplice escursionismo, ma se siete degli escursionisti molto esperti che non soffrono di vertigini allora potete tentare di renderle omaggio. Salire lassù è un'esperienza indimenticabile..!! Ma attenzione: non gradisce essere sottovalutata, è sempre e comunque una regina!....Anzi: "La Regina"...!!


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PIZZO CORZENE

Mercoledì 10 Agosto 2011.
Una splendida giornata ha fatto da cornice all'iniziativa Unicef di portare in vetta alla Presolana la bandiera dell'associazione. Io e Piero abbiamo affrontato la classica escursione che dalla chiesetta del Passo della Presolana conduce alla Baita Cassinelli, quindi alla Cappella Savina e poi si impenna sui faticosi ghiaioni fino alla Grotta dei Pagani, dove abbiamo atteso il ritorno degli amici saliti in vetta con la bandiera. Tutti insieme abbiamo poi proseguito sul sentiero che ci ha portato in vetta al dirimpettaio Pizzo di Corzene: da quassù la Presolana sembra irreale, troppo bella..!! Dopo aver ammirato a lungo anche i restanti bellissimi panorami ci siamo abbassati con cautela sull'erboso versante sud del Corzene, individuando un sentierino che ci ha portati fino al Colle della Presolana. Piegando a sinistra siamo scesi a prendere una sterrata che con andamento alquanto rilassante tra paesaggi da favola, ci ha riportato al passo. Che dire: giornata meravigliosa, le foto dei panorami parlano da sole..!! Dal canto mio ho sentito fortissimo il richiamo della Presolana, ho assaggiato i primi metri della via normale di salita alla vetta.... Ciao Regina: arrivederci a presto. Molto presto..!!


PIZZO CORZENE - 10 agosto 2011 - FOTOGALLERY

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PIZZO PARADISO

Martedì 16 Agosto 2011.
Stavolta andiamo in Paradiso. Pochi sorrisini: è tutto vero..!! Ho già descritto in un precedente servizio il bellissimo itinerario che conduce al Lago Rotondo del Pizzo Trona, a cui vi rimando per una descrizione più dettagliata. Riassumendo: bisogna portarsi alla Bocchetta di Trona e noi ci arriviamo prendendo il sentiero di sinistra che ci si para davanti appena usciti alla sommità del famoso canalino del Benigni. Una volta alla bocchetta espatriamo in Valtellina e con un lungo traversone tra roccette, macereti e magrissimi pascoli arriviamo nella bella e salvaggia conca che ospita il Lago Rotondo con la svettante piramide perfetta del Pizzo Trona. Bellissimo: chissà che prima o poi non riesca ad arrivare lassù..!! Mettendo la freccia a sinistra si può prendere un sentierino bollato che poco sopra si infila in un canale sempre più scosceso: in cima è molto ripido e scivoloso! Attenzione! Ma ecco che all'improvviso tutto si spiana: siamo arrivati alla Bocchetta del Paradiso, in realtà un'ampia sella con magnifica vista sul versante nord del dirimpettaio Tre Signori. Alla nostra destra si eleva un piccolo e tutto sommato facile panettone: lo saliamo senza particolare difficoltà e in dieci minuti siamo davvero in Paradiso..!! Di nome e di fatto: Pizzo Paradiso, 2493 metri di stupendi panorami. E' la prima volta che salgo quassù e ne è valsa ampiamente la pena: sinceramente non mi aspettavo così tanto..!! Merita assolutamente un giretto..!!


Mercoledì 10 Agosto 2011.

PIZZO PARADISO - 16 agosto 2011 - FOTOGALLERY

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Giretto che io e Fausto decidiamo di prolungare, ritornando alla sella e abbassandoci su ripido sentierino alla sottostante Bocchetta dell'Inferno. Curiosissimo contrasto: siamo letteralmente passati dal Paradiso all'Inferno in pochi minuti..!! Il richiamo del Tre Signori è troppo forte: le gambe riprendono a salire tra rocce affollate di maestosi stambecchi. La vetta è presto raggiunta: solo il tempo di qualche spiraglio verso la Valtellina e poi è nebbia ovunque. Non importa: il Tre Signori non era nel copione, va bene lo stesso. Ritorniamo alla bocchetta e Fausto mi insegna un sentiero ben tracciato che appena sotto si incammina a sinistra tagliando in quota tutta la conca della famosissima Sfinge. Arriviamo in una successiva e nascosta conchetta dove il sottoscritto si mette a saltellare tra i grossi sassoni di un bel macereto: non ci posso fare niente, mi diverto troppo..!!


PIZZO PARADISO - 16 agosto 2011 - FOTOGALLERY

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La nebbia non concede che qualche spiraglio, ma intuisco che questo sentierino deve regalare panorami spettacolari: ci tornerò. Ad un certo punto ci riagganciamo al sentiero 101, quello delle Orobie Occidentali, nei pressi dello spartiacque: riappaiono i laghi Trona e Zancone. Ormai siamo in vista della Bocchetta di Trona che raggiungiamo con ripida discesa. Ora i passi combaciano col percorso seguito la mattina e superata la successiva e vicina bocchetta veniamo guidati da uno stambecco che ci precede tranquillissimo e per nulla intimorito sul sentiero. Si scosta pigro solo quando gli siamo ormai a pochi passi..!! Oggi è decisamente giornata di animali: perciò niente canalino, scendiamo dal Sentiero dei Vitelli. Il resto è il solito e sempre bel tran tran fino alla Curva degli Scioc. Tirando le somme: giro adatto ad escursionisti allenati ed esperti ma privo di reali grosse difficoltà, ve lo consiglio vivamente... E poi diciamola tutta: mica tutti i giorni capita di andare in Paradiso..!!

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MONTE PEGHEROLO

Lunedì 11 Luglio 2011.

Oggi io e Fausto tentiamo il colpaccio: salire il Pegherolo, dalla cresta est. Il cartello a Valleve tace le difficoltà: sarà molto più dura di quanto immaginavamo..!! Direttamente dalla provinciale imbocchiamo il sentierino: sale molto ripido ma senza difficoltà nel bosco della valle Valenzana. Le cose si complicano quando usciamo sui pascoli alti, gli occhi vorrebbero ammirare le belle pareti sovrastanti, ma sono troppo impegnati a cercare i bolli rossi che ci hanno guidato fin quì. Risalito per un po' un canaletto secco, arriviamo nella parte alta: il vallone si apre, la pendenza aumenta a dismisura e i già labili bolli spariscono all'improvviso. Per fortuna la forcella che dobbiamo raggiungere si staglia alta davanti a noi: tenendoci piuttosto sulla destra, ci arriviamo con molto istinto e con molta fatica. Ci dirigiamo a destra più o meno sul filo di cresta e superato un piccolo colle, risaliamo un gobbone di erba e roccette alquanto ripido e impegnativo: metto alla frusta istinto e intuito, non c'è uno straccio di traccia che indichi la strada. Dietro un'ultima costoletta erbosa dell'impervio crinale appare la catena del canalino attrezzato. A prima vista sembra fattibile: parto per primo, alquanto ottimista, ma la catena è fissata molto in alto, dondola senza far capire da che parte si sale, gli appigli scarseggiano. Solo dopo qualche tentativo riesco finalmente a superare il primo saltino: Fausto mi ha visto in difficoltà e non se la sente di seguirmi, aspetterà lì. Salgo a mani libere ancora qualche metro, poi mi rendo conto che devo affrontare un breve ed esposto traverso verso destra: ci sono due chiodi malridotti, della catena nessuna traccia! Il primo tentativo fallisce, tentenno, poi riesco a passare e mi imbatto di nuovo nella catena: scende da un ripidissimo canalino che poco sopra diventa totalmente erboso. Lo risalgo usando le mani come artigli, la pendenza è micidiale: sfioro con la mano e poi col piede una bella vipera che precipitosamente scappa nella sua tana! E chi se l'aspettava un incontro del genere a 50 metri dalla vetta..!! Pochi secondi e tocco la grande croce: che tremarella ragazzi, non pensavo fosse così difficile..E inviperito..!!


Monte Pegherolo - 11 luglio 2011 - FOTOGALLERY

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Qualche anno fà ho salito l'impegnativa Presolana: mi aveva spaventato, ma non tanto quanto il Pegherolo! Quì si và oltre..!! I panorami sono bellissimi, mi sforzo di apprezzarli a dovere, però ho la poco piacevole sensazione di essere sul filo di un rasoio: il pensiero corre al fatto che devo tornare giù, uno sbaglio quassù potrebbe costare molto caro! Faccio ricorso a tutta la concentrazione di cui dispongo e non senza difficoltà raggiungo di nuovo Fausto: è andata, posso tirare il fiato..!! Proseguiamo l'escursione puntando alla dirimpettaia "Quota 2291": ci spariamo di nuovo sulle pendenze belle toste del crinale, ma a me a questo punto sembrano nient'altro che una passeggiata..!! Ed eccoci raggiungere il vicino Monte Secco, finalmente riesco a rilassarmi totalmente e ammiro i bei panorami di quassù, compreso il Pegherolo: assume tutto un altro significato ora, lo guardo con profondo rispetto.


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Non ci resta che scendere a Valleve: prendiamo la strada del Monte Colle, luogo dal sempre magnifico panorama, e imbocchiamo il sentiero 117. Scopriamo che si tratta di una bella mulattiera quasi totalmente immersa nel bosco: 600 metri di dislivello più in basso sbuchiamo su una sterrata e prendiamo a sinistra per Valleve. Potrebbe essere un cammino noioso e invece ci imbattiamo in Valrobà, frazioncina sconosciuta e fioritissima: sono solo quattro case, ma che bello..!! Duecento metri oltre rieccoci a Valleve: ci rendiamo conto di aver fatto un gran bel giro ad anello, sicuramente non alla portata di tutti. Penso al Pegherolo e commento con Fausto sul fatto che se fossimo a Lecco forse lassù non ci sarebbe una catena malsana, ma una vera ferrata: in fondo per superare il tratto più difficile basterebbero una scaletta e qualche piolo, oppure qualche fune degna di questo nome. Ma anche prima non si scherza, la salita nel suo insieme non è per nulla facile. Attenzione, ripeto, attenzione: si scrive Pegherolo, si legge " Riservato ad Escursionisti Estremamente Esperti..!!" ...Bene accette anche leggere inclinazioni alpinistiche! Sono sincero: sono contento di aver salito il Pegherolo...Ma ancor di più di aver portato a casa la pelle.... (Forse esagero...Forse il dolomitico Pegherolo non è poi così severo...Forse la tremarella è ancora in circolo nelle mie vene...)

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MONTE MASONI E CIMA VENINA

Domenica 3 Luglio 2011.
Fausto, Sonia, Cinzia e il sottoscritto arrivano ai Piani di Scalvino e il tempo è scaduto, la valle Brembana si biforca: "Allora ragazzi dobbiamo decidere, dove si và?" L'idea originaria di Fausto, propostami nei giorni precedenti, era quella di un giro in zona Rifugio Longo, a cui avevo aggiunto " Si potrebbe salire al Masoni ". "E perchè no..?", fa lui. Quindi se Masoni doveva essere, Masoni sarà: per fortuna siamo arrivati molto presto a Carona, il cammino e il dislivello sono di tutto rispetto. Via perciò verso il Longo, passando dalla consueta scorciatoia del Baitone, per poi sorvolare il sempre bellissimo Lago Cavasabbia. Più o meno un chilometro prima del rifugio abbandoniamo la sterrata per incamminarci a sinistra sul sentiero CAI 254 che si inerpica fino al Passo di Venina. Ampi zig-zag tagliano i ripidi fianchi della montagna, rivelando così l'antica natura militare del sentiero: L'unico strappetto arriva appena oltrepassata la decrepita baita Masoni, dove la mulattiera si perde nel pascolo, occhio a non perdere la traccia. Poi si riadagia sulla consueta pendenza bonaria e senza eccessiva fatica prendiamo quota lentamente ma costantemente. Essendo l'unico del gruppo già salito al Masoni, propongo di toccare anche la Cima Venina e confabulo con Fausto sul fatto che ne vale la pena: mi sbilancio un po' lodando il panorama che si gode da lassù. Ma già adesso, lungo la salita, il colpo d'occhio sulla zona del Calvi è fantastico..!! Saliamo, saliamo e ormai lo spartiacque è imminente, il sentiero si abbassa verso destra per scendere al Passo di Venina: abbandoniamo la mulattiera per salire dritti alla vicinissima cresta. Ecco che appare il panorama valtellinese: la Valle di Venina col lago omonimo strappano esclamazioni di meraviglia e raffiche di foto!


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Ci avviamo così a sinistra sull'ampia e mai pericolosa cresta, per poi infilarci sul sentierino che taglia in piano le curiose pietraie che caratterizzano le dorsali della zona. Appena finito il primo macereto lo abbandoniamo per salire dritti a destra all'evidente e vicinissima Cima di Venina, attrezzata con omino. Partono elogi sperticati al bellissimo blu del sottostante Lago di Publino. Ridendo e scherzando siamo scollinati oltre quota 2600, davvero facilissimo arrivare quassù..!! Ormai il Masoni svetta dirimpetto: scendiamo l'ampia e caratteristica pietraia variopinta ancora parzialmente innevata, per la gioia del sottoscritto che non si lascia scappare l'occasione di divertirsi un mondo! Ci attardiamo a fare foto e Fausto parte in quarta, il Masoni lo chiama: non resta a questo punto che risalire il ripido e largo pendio davanti a noi. Non esiste una traccia precisa, si sale tra insoliti sassi neri come il catrame: dieci minuti dopo lui arriviamo in vetta anche noi. Fausto ci accoglie con entusiastiche frasi: chissà chi, chissà perchè gli avevano parlato del Masoni come una montagna di serie B, e invece....Ostrega: che panorami..!!! Nemmeno io me li ricordavo così superlativi..!!


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Considerazione personale e opinabile: panorami migliori del vicino, blasonatissimo e affollato Corno Stella. Siamo direttamente affacciati sui laghi della Val Sambuzza e verso nord si distende una fetta immensa di Alpi Retiche. Il meteo è da cartolina: incredibile constatare come una montagna tanto facile da salire sia praticamente deserta, ci siamo solo noi quattro..!! Quattro anime entusiaste di questa grande montagna chiamata Masoni, ampia e pianeggiante vetta dalle due cime: la piccola croce di legno della punta ovest benedice il nostro pranzo. Cento metri più in là, l'omino della punta est ci dischiude quello che personalmente considero un autentico capolavoro: il panorama sulla vallata del Calvi. Semplicemente eccezionale..!! Mi metto a contare con Fausto tutti i laghi che riusciamo a vedere dall'omino: ben nove! Che si vanno ad aggiungere a quelli ammirati dalla croce! Beh...Per essere una montagna di serie B non c'è davvero male..!! A Fausto quella B è andata un po' di traverso, non riesce a spiegarsela! Ed inspiegabile è constatare che non esiste nessun cartello che indichi quasta stupenda vetta, ne tantomeno la Cima di Venina..!! Laggiù, sulla sterrata del Longo ci sono un cartello e un sasso con scritto solamente Passo Venina, 254. Il Masoni è Top Secret, la massa tira dritto. Il Masoni è uno splendido segreto custodito da una vallata da fiaba: per cento che salgono al rifugio uno solo viene quassù.... Ops...Forse ho svelato un segreto! Ma ne valeva la pena, Pardon...

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CRESTA NORD DEL RESEGONE - Sentieri 582 e 8

Lunedì 30 Maggio 2011.
Resegone, straordinario capolavoro di 1875 metri che dà ospitalità ad un numero impressionante di sentieri: oggi vado alla scoperta della Cresta Nord. Oltrepassata Brumano mi avvio sulla docile stradina forestale del Palio che ormai conosco a memoria: sfilano la pineta, la faggeta, le prime baite, appare il Resegone, accarezzo il grande faggio e sono al Passo del Palio. Scollino e sul bel traversone boscoso proseguo l'appello: ecco il Poiat, la Calchera l'ottima acqua delle Forbesette e la vicina bella area pic-nic. Ora il Resegone svela le sue pareti dolomitiche, scolpite dentro uno splendido cielo azzurro.....Ma non sono tranquillo: dovrò passare lassù. Ce la farò? Proseguo verso il Passo del Giuff. Ad una manciata di metri dal passo ecco il bivio, svolto a sinistra: quì comincia ufficialmente il sentiero della Cresta Nord. Sono titubante, temo siano troppo impegnative per le mie capacità, ma la curiosità mi spinge a proseguire. Dalle informazioni in mio possesso dovrei prendere il sentiero n°8. Leggo un cartello che recita: sentiero della Cresta Nord, per esperti, 582. Penso: "Sarà lo stesso, magari l'ha ribollato il CAI." L'anima già agitata non si accorge che l'8, nascosto dalle foglie secche, fila via pianeggiante verso sinistra e così mi avvio salendo a destra, su una traccia molto più evidente. Per fortuna ho seguito l'istinto, i due sentieri seguono strade totalmente diverse: quindi tenere la destra e prendere il 582. Dopo alcuni minuti di bosco esco sulla cresta: ora la pendenza si fà rispettare e la salita prosegue tra magnifiche vedute panoramiche. E' solo l'inizio! Davanti e vicino ecco quello che sembra essere il primo erto dentino del Resegone, lo raggiungo con apprezzabile fatica e scopro che si tratta di un avamposto. Il dente vero è poco più in alto e il sentiero lo evita con uno stupendo traversone pianeggiante, ultimi scampoli di bosco fanno da preludio ad un'aerea minuscola valletta sospesa. Si schiude tutta la magnifica raffica di denti e canaloni del Resegone, più vado avanti e più mi entusiasmo..!! Unica nota stonata la presenza di un ripetitore, pazienza. Il vero pericolo di questo sentiero sono i panorami, talmente belli che mi volto in continuazione ad ammirarli: corro il rischio camminando di non prestare la dovuta attenzione ai miei passi. Attenzione che deve essere invece ai massimi livelli a metà strada, quando il sentiero oltrepassa la vetta di un ennesimo dente: si abbassa repentino di parecchi metri di dislivello, occhio e croce circa un centinaio, grazie ad un canalino erboso alquanto scosceso.


CRESTA NORD DEL RESEGONE - Sentieri 582 e 8 - FOTOGALLERY

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Il sentiero è ben tracciato, ma la pendenza è davvero impervia! E proprio verso la fine ecco un paio di passaggini rocciosi, che commento con un utile raccomandazione valida per l'intero sentiero: sono presenti vecchi bolli gialli che indirizzano verso roccette e paretine impegnative, evitabili se si seguono fedelmente i segnali rosso bianchi del 582. Riassumendo: niente di difficilissimo, ma occhio..!! Anzi: resto sorpreso da come il sentiero si intrufoli sù per i denti con relativa facilità! Supero l'uscita del Canale Bobbio, sentiero 10. Un ultimo dente, un'ultima piccola croce bianca prima della grande croce della Punta Cermenati. Supero l'uscita del Canale Comera, sentiero 9, tralascio di raggiungere il vicinissimo Azzoni e seguo la traccia che punta dritta alla vetta più alta del Resegone. Eccomi sugli ultimi 5 minuti del sentiero della Cresta Nord. Tocco la vetta e la mia gioia è incontenibile: grandioso, bellissimo, stupendo, meraviglioso, entusiasmante, strepitoso...!! Il sentiero della Cresta Nord è tutto questo: lo credevo difficile, invece è rispettosamente abbordabile. Ne avevo timore e invece si è rivelato uno dei più bei sentieri che abbia mai percorso in vita mia..!! Non può, anzi non deve mancare nel carniere di ogni buon escursionista esperto, lo raccomando vivamente!


CRESTA NORD DEL RESEGONE - Sentieri 582 e 8 - FOTOGALLERY

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CRESTA NORD DEL RESEGONE - Sentieri 582 e 8 - FOTOGALLERY

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Dopo aver gironzolato un po' sulle roccette della vetta mi abbasso all'Azzoni e mi imbatto nel cartello che indica il sentiero 8: solo adesso mi accorgo di aver "sbagliato" strada, ecco perchè lungo il cammino non avevo più incontrato il fatidico numero! E allora giù a scoprirlo: si abbassa ripido a sinistra fino ad una profonda spaccatura della cresta, restando alto sopra la classica mulattiera che sale da Brumano. Continua dolcemente sempre vicino alla cresta, poi all'improvviso sterza deciso a sinistra scendendo ripido in un boschetto che si spalanca sulle possenti pareti che chiudono l'alta Valle Caldera. Potrei scendere direttamente alle Forbesette, ma proseguo sull'8 che mi regala ora uno straordinario e lunghissimo traversone che sfocia direttamente al passo del Giuff. Oltrepassato il macereto si infila abbondantemente nel bosco, alternando frequentissimi tratti pianeggianti a brevi picchiate verso il basso. Propone a sorpresa divertenti passaggini attrezzati di catene: ogni tanto "precipita" per qualche decina abbondante di centimetri obbligando all'uso delle mani. Succede addirittura ad un certo punto di doversi attaccare per scendere una scaletta di radici! Ecco che il Passo del Giuff mi arriva addosso all'improvviso: il sentiero 8 finisce e ne sono quasi dispiaciuto, è davvero bello anche lui! Ho chiuso un magnifico anelllo. Cresta Nord, la più bella via di salita al Resegone che io abbia finora fatto: me ne mancano altre, ma spodestare questa sarà dura....TROPPO BELLA..!!! (P.S. 1: Nel testo li chiamo tutti indistintamente "Denti", ma probabilmente hanno un preciso nome e cognome che però io non conosco: me ne scuso.) (P.S. 2: Grazie di cuore a Loris per avermi consigliato questo sentiero e per avermi fornito preziose informazioni sulla sua difficoltà. )

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BRUMANO - PIANI D'ERNA - RESEGONE - BRUMANO

Venerdì 13 Maggio 2011.
Brumano: sarà di nuovo Resegone, ma il sentiero che ho scelto stà esattamente dall'altra parte della montagna. Sarà lunga! Perciò sentiero 587, alias sentiero 13, fino alla cima di un pratone dove in corrispondenza di una fontana devio a destra. I tornanti nel bosco portano ad un pianoro dominato da un traliccio dell'alta tensione, salgo tagliando il prato e arrivo al bivio col sentiero 590, "I Solitari". Ancora non lo sò, ma diventerà la mia discesa. Proseguo a mezzacosta salendo nella bella faggeta e finalmente incontro "L'anello del Resegone", sentiero che in 5 - 6 ore consente di effettuarne il periplo. Io e lui saremo una cosa sola per un bel pezzo! Mi porta al Passo del Palio e scollina: incontro un'area didattica con "Poiàt" e "Calchera", poi la sorgente Forbesette. Poco oltre il bosco si apre lasciando spazio ad una scenografica radura con grande masso segnaletico, il Resegone cambia pelle: quì salta fuori la sua anima dolomitica! Con un bel tratto in leggera salita arrivo al boscoso Passo del Giuff, 1508 metri, quota massima dell'anello. ( Apro una parentesi, mi ha colpito una cosa: l'elevato numero di deviazioni fin quì incontrate che a sinistra indicano sentieri che salgono al Rifugio Azzoni. Quante! ) Appena scollinato finalmente si apre un bellissimo panorama sulle Grigne e le Alpi occidentali. Ora velocemente perdo quota, ma non troppo: con un lungo traversone tra boschi e canali sbuco all'improvviso alla sommità delle dismesse piste da sci dei Piani d'Erna. Obbligatorio gironzolare: scendo al borgo vecchio con parco giochi e chiesina, poi salgo alla funivia e raggiungo lo splendido balcone del Pizzo d'Erna. Panorama favoloso!! Da una parte Lecco e la sua mai annoiante scenografia, dall'altra la tanto celebrata e frastagliata cresta del Resegone. Davvero spettacolare! Piani d'Erna, luogo contraddittorio: terra di narcisi e moderne strutture di svago, un paio di vecchie baite e non troppe seconde case, tanti punti di ristoro. A me personalmente non sono affatto dispiaciuti: c'è di meglio, c'è di molto peggio.


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Ora li abbandono riprendendo l'Anello, sentiero 5; la segnaletica è fin troppo abbondante e un po' confusionaria: attenzione. Perdo leggermente quota traversando a lungo per il bosco finchè incrocio il sentiero n°1: abbandono l'Anello, sono arrivato fin quì apposta. Adesso vado in vetta, è il mio debutto su questo itinerario. E' ancora bosco nel primo tratto, salita costante e piuttosto faticosa fino in località Beduletta: poi si esce definitivamente allo scoperto alzandosi alla base dei profondi canaloni dove sale il Canale Comera. La pendenza accenna a diminuire un po' in corrispondenza di Pian Serrada, che mi accoglie con un'inaspettata e quanto mai gradita sorgente. Pian Serrada, era da un bel po' che volevo arrivare quassù: mi ritrovo su un'isola prativa, straordinario balcone panoramico affogato nei contrafforti dolomitici del Resegone. Bellissimo! Contrafforti che si fanno vicini quando la salita aggira un ultimo costolone, con innocuo passaggio attrezzato, e si impenna in direzione Rifugio Azzoni che adesso fà capolino in alto. Utile quì e là l'aiuto delle mani, assolutamente niente di impegnativo, ma la salita è di quelle che si misurano in sudore versato. Tanto!


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E finalmente raggiungo l'Azzoni, giusto in tempo per capire che la pausa mensa sarà breve, visto i nuvoloni poco promettenti delle Orobie e la strada ancora lunga che mi attende. Accontentato lo stomaco scelgo di scendere lungo il Sentiero delle Creste: bellissima cavalcata in zona spartiacque adatta a piedi abituati a terreni un pochino impegnativi. Raggiungo con attenzione e con andamento alquanto altalenante un ultimo bel cupolone: ora è discesa secca ma ben tracciata. Arrivo ad un colletto sorvegliato da una bella coppia di camosci: per continuare sul Sentiero delle Creste dovrei proseguire in leggera salita, Purtroppo però le gambe sono in riserva, mi avvertono che ne hanno appena appena abbastanza per puntare dritte e all'istante su Brumano. Prendo perciò a sinistra un sentierino senza indicazione, ma che dovrebbe proprio fare al caso mio: appena oltre scopro uno sbiaditissimo segnavia e allora giù! La traccia è spesso appena accennata, per fortuna la vegetazione è ancora bassa: ogni tanto mi devo fermare per capire bene dove devo andare. E' una discesa che alterna bosco e bucoliche radure, molto rustica ma decisamente una bella sorpresa! Sconsigliata a chi ha paura di perdersi, divertente se si affronta con lo spirito all'Indiana Jones. Quando intravedo nel bosco l'avvicinarsi di un prato ecco che scopro su un albero un cartello: 590. Toh, dove sono....E' il pratone del traliccio! Senza saperlo sono sceso dal sentiero "I Solitari". Adesso capisco bene il perchè di quel nome! Selvatico, impegnativo per l'evanescente tracciatura e decisamente bello. Brumano ormai è vicina, ci arrivo con le gambe che stanno urlado Giacomo Giacomo da un bel po'..!! Però sono anche contentissime, e io con loro, di aver scoperto itinerari nuovi. Anche se faticosa è una gran bella escursione. Monte Serrada, ovvero: Resegone dei mille sentieri.....

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SORGENTI DELL'ENNA

Sabato 7 Maggio 2011.
Era da tempo che rimandavo questa escursione, pensavo fosse poca cosa: non avrei mai immaginato che la scaletta imboccata nella piazzetta di Vedeseta mi avrebbe portato in un ambiente di tale bellezza! Fulmini e saette colpitemi all'istante che me lo merito proprio..!! L'inizio è ripido, ma niente lingua di fuori: si và in discesa. Il sentiero si spiana subito verso destra costeggiando un bel frutteto, poi entra nel bosco fitto per abbassarsi deciso ad un primo ruscello. Il mio cammino continua sostanzialmente a perdere leggermente quota: incontro una baita ferita a morte, una sorgente, una successiva baita dove per un attimo si apre uno squarcio panoramico sulla vallata. Questo lungo traversone mi traghetta sul sentiero che sale dal Ponte della Lavina. Compaiono i pali della piccola linea elettrica, la mulattiera è praticamente al loro servizio. Si comincia a sentire la voce del torrente, ma non è ancora arrivato il momento di incontrarlo, bisogna pazientare. La mulattiera si rivela alquanto riposante: non si azzarda neanche lontanamente a proporre un tornante, fila via a mezzacosta relativamente dritta. L'acqua diventa più rumorosa, prepotente, vicina. Incontro l'Enna dentro un bel pianoro nella faggeta: è limpidissimo..!! Alterna tratti tranquilli a frizzanti cascatelle. Poco dopo arrivo al primo ponticello: supero il torrente Bordesiglio. Qualche metro in salita ci è scappato , ma è davvero poca cosa. I miei scarponi autonomamente si abbassano spesso verso il greto a cercare angolini suggestivi, che trovano in abbondanza anche nella zona del secondo ponticello. Poco prima di attraversare il terzo ponticello, il più lungo, scendo pochi passi verso il torrente per bere l'acqua arruginita di una rosseggiante sorgente. Superato il ponte manca davvero pochissimo: le sorgenti dell'Enna appaiono all'improvviso appena sopra l'ennesima bella cascata di fondovalle.


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Sono seminascoste dalla vegetazione, ma basta seguire il sentierino che porta ad guadare il torrente e si sale al loro cospetto. Resto senza fiato: sono bellissime..!! Molto più di quanto avessi immaginato..!! Mi avvicino a loro in un ambiente fiabesco tempestato di rocce soffocate di muschio. E lassù in alto la fragorosa cascata principale immersa in uno scenario di rocce nere che scendono a gradinata, formando un circolare pozzo di raccolta. Magnifico..!! Un ripido ma buon sentierino mi consente di salire fino alla grotta nativa: pensavo fosse più ampia invece è piccola. Osservando il muschio all'entrata mi rendo conto che la portata della sorgente è decisamente ridotta, tanto da consentire di entrarci per un paio di metri. Ma torno velocemente giù: rimango non sò quanto tempo alla base delle cascate ad ammirarle: troppo belle..!! Torno a ripetermi: sembra di stare in una fiaba. Un angolino delle Orobie che potrebbe ospitare tranquillamente elfi, gnomi, folletti. Non posso provarlo....Ma per mè lassù ci sono.


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CORNA CAMOZZERA

Domenica 10 Aprile 2011. Stà tutto nel nome: Corna Camozzera. Ovvero: escursione ad anello per camosci tendenti allo stambecco. Questo non è affatto un giretto facile, a dispetto della quota relativamente bassa e della lunghezza contenuta. Si và per creste e dorsali, solo parzialmente addomesticate. Tutto ha inizio e fine al Passo del Pertus: lo raggiungo come altre volte scendendo dolcemente dalla Forcella del Pertus, quella del laghetto. Attraversato l'ardito ponticello del passo, il cartello sovrastante mi indirizza verso il Monte Ocone, sentiero CAI 588: sono 150 metri di dislivello secchi, ripidi tornantini in un boschetto di noccioli. In vetta trovo una moderna croce e un notevole panorama, ma le cartine in mio possesso avvisano che in realtà questo non è l'Ocone: quello vero è dirimpetto, direzione nord. Proseguo. Attenzione: non seguire il debole tracciolino di cresta ma prendere immediatamente il sentiero a sinistra, che si abbassa sul largo costolone erboso quasi puntando i sottostanti laghi brianzoli. Fatte poche decine di metri, transitando davanti un albero, devio di netto verso nord: entrando nel bosco il sentiero perde quota in maniera molto brusca e scivolosa, occhio! Riprendo a salire, raggiungo lo spartiacque e mi trovo davanti una scenografia che sembra chiudere il passaggio. Il sentiero si sposta sul versante di Erve e risale dapprima una scoscesa valletta di terra nuda, poi sfocia a metà di un altrettanto ripido vallone erboso. Di nuovo attenzione: le pendenze sono di quelle che non ammettono distrazioni. E' un tratto molto faticoso che avvicina rapidamente alla vetta, la pendenza in ultimo si addolcisce e ci si sente abbastanza camosci quando si arriva sù. Oltrepassata la nuda vetta sembra che si possa andare via abbastanza tranquilli, salvo che all'improvviso l'ostico Monte Ocone presenta il conto: un ripido diedro roccioso non attrezzato che obbliga all'uso abbondante delle mani. Non c'è nulla che ci possa aiutare, solo l'istinto da stambecco da sfruttare adeguatamente: nessuna parete verticale, nulla di troppo difficile, ma chi soffre di vertigini potrebbe bloccarsi. Saranno circa una ventina di metri di dislivello da perdere: cinque minuti all'erta, bolli da seguire attentamente, molto gradita una buona dose di intuito. Ciliegina assoluta verso la fine: un bollo che ti si para davanti al di là di una spaccatura nella roccia profonda alcuni metri e larga uno. O si fà un passo molto lungo o si salta, se stambecco deve essere che stambecco sia: salto. Le ostilità continuano ancora per qualche metro poi ci si può relativamente rilassare sul pianeggiante crinale successivo, che traghetta alla base della Corna Camozzera.


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Sono allo strappo finale, che mi riserva però uno scherzetto: a pochi passi dalla vetta il sentiero taglia via di lato e comincia a scendere. Raggiungo perciò assolutamente a naso la cima, salendo a vista gli ultimi metri: è una vetta molto panoramica, totalmente selvatica. Nessuna croce, nessun omino di sassi. Grandiosa la vista che si ha sul Resegone, il sentiero ora si abbassa proprio nella sua direzione. Anche questo tratto che mi conduce alla Passata riserva sorprese: belle come quando sfiora ambienti rocciosi nascosti dentro il bosco, belle come quando si intrufola in una inaspettata valletta di sassi con successico canalino "scolpito" tra alte pareti. Meno simpatiche come quando dentro il bosco punta verso il basso in maniera tanto decisa da diventare scivoloso. Devo comunque mantenermi sempre guardingo fino al roccolo della Passata, dove finalmente il cammino diventa facile. Scollinato in Valle Imagna prendo subito a destra, sentiero CAI 571: il lungo tratto pianeggiante che porta a Cà Martì mi sembra strabellissimo, dopo le tribolazioni della cavalcata di cresta. Ci voleva proprio, visto che oltrepassata un'edicola il sentiero riacquista un'indole alquanto frizzante: un susseguirsi di curve e controcurve su è giù, tagliando irte vallecole. Dopo una mezzoretta abbondante di montagne russe si sbuca all'improvviso lì dove tutto è iniziato: un curvone e siamo sopra il ponticello del Pertus. Il cartello del Cai Valle Imagna non riporta le difficoltà dei sentieri proposti, li colora di verde e rosso: personalmente non ho dubbi nello schedare la Corna Camozzera come un'escursione impegnativa adatta ad escursionisti esperti. Se vi riconoscete in questa categoria ve la consiglio senza esitazioni: la Camozzera offre splendidi panorami ma non regala niente, è una montagna all'antica, sa farsi rispettare. Attenzione: viste le difficoltà di certi passaggi, la poca frequentazione e la scarsa bollatura non è il caso di sfidare la montagna affrontando il percorso con terreno bagnato o peggio ghiacciato o innevato! Scegliete una bella giornata asciutta tra maggio e ottobre, la Camozzera non vi deluderà, garantito!

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LEPRENO - MONTE GIOCO (Giro ad anello)

Giovedi 31 Marzo. Oggi vado con mio cognato alla scoperta di un angolo della Valserina inedito per tutti e due: il Monte Gioco. Partiamo dalla piazzetta di Lepreno, frazione di Serina. Decidiamo di compiere un bel giro ad anello che si arricchirà strada facendo di interessanti variazioni sul tema. Saliamo la stradina a destra della banca per cento metri: a destra dello slargo finale inizia la nostra mulattiera. Parte via bella piatta in mezzo ai prati e continua sempre molto dolcemente tra cascine, boschi e scorci panoramici sulla valle. Arriviamo così dopo mezz'oretta a incrociare il sentiero che sale da Corone, altra frazione di Serina, e già che siamo lì gli scarponi decidono di portarci a visitare il paesino: che bello! Siamo su un soleggiato e ameno poggio prativo non ancora rovinato dalle massicce speculazioni edilizie del fondovalle: davvero una bella sorpresa! Suggestiva la viuzza del centro storico e alquanto arioso il panorama che da quassù, nonostante la fastidiosa foschia, domina ampiamente l'intera vallata. A questa prima piacevolissima variante se ne aggiunge una seconda quando, dopo essere tornati sui nostri passi, affrontiamo la ripida salita allo Zucchin: raggiunta la piccola vetta ci accorgiamo di una baita posizionata in lontananza davanti a noi, nel bel mezzo del vallone che scende dalla vetta del Monte Gioco. Gli scarponi abbandonano così il sentiero principale che corre in cresta e si incamminano su quello che porta alla baita: non è segnalato ma il percorso è facilmente intuibile. Anche questa scelta si rivela particolarmente felice: la cascina è letteralmente circondata da imponenti esemplari di faggio che sembrano dar vita ad un maestoso girotondo! Quassù ci tornerò sicuramente in autunno, ne ho la certezza quando saliamo il ripidissimo pratone alle spalle della baita: lo scorcio verso l'Arera è di quelli da immortalare con i boschi ottobrini. Il nostro istinto di fungaioli ci aiuta non poco nello scovare un sentierino che, tagliando di traverso pratone e successiva faggeta, ci traghetta di nuovo in cresta ormai in vista della vetta. Finalmente scorgiamo la vicina croce finora rimasta nascosta, cinque minuti e la raggiungiamo: la foschia ci mette un bell'impegno ma non può comunque cancellare del tutto il panorama.


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Quello che ci è concesso vedere ci fa capire al volo che questa modesta cima offre una visuale di primissimo ordine, da gustarsi per bene in una giornata superlimpida. Ci torneremo, eccome: Monte Gioco, te lo meriti! Proseguiamo il giro scendendo il crinale in direzione Forcella di Spettino, nostra prossima meta. Il sentiero, pur non difficile, attraversa pendii molto scoscesi perdendo velocemente quota: attenzione, vietato distrarsi. Dopo aver attraversato un capanno di caccia si arriva in breve alla forcella: scendiamo la strada asfaltata fino al secondo tornante e quì tiriamo dritto passando fra le due case. Incontriamo alcune bellissime cavalle e proseguiamo in leggera discesa sulla sterrata che trecento metri più avanti si trasforma in sentiero. Con un bel percorso quasi pianeggiante nel bosco raggiungiamo una stradina cementata, che appena sopra scavalca il crinale nei pressi di una piccola cappelleta. Siamo arrivati sulla sterrata che ci riporterà a Lepreno. La avevamo adocchiata dalla vetta del Monte Gioco e ci era sembrata una stradina pianeggiante dentro un ambiente brullo. Si rivela invece un tracciato molto sinuoso che alterna tratti ombreggiati ad altri dove la visuale corre sulle scoscese e tormentate vallate che formano questo versante della montagna. Non ce l'aspettavamo così questo tratto e ne restiamo piacevolmente colpiti. Così come inaspettata è la lunghezza della stradina: non finisce più! Sembrava decisamente più corta e invece ne facciamo un bel po' di passi, prima che sempre più numerose baite ci facciano capire di essere ormai prossimi a chiudere l'anello. Lo facciamo sbucando quasi all'improvviso nei pressi della chiesa di Lepreno: la prossima volta lo girerò con più calma, forse anche quì potrei scovare qualche bell'angolino. Non eravamo mai stati in vita nostra da queste parti, l'escursione ci è piaciuta parecchio: abbiamo già programmato di concederci il bis.

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