HOMEPAGE - LA TUA FOTO - ESCURSIONI

 

Maurizio
FOTO dI MAURIZIO SCALVINI

(Almè - Bergamo - )

2010 - 2011 - 2012 - 2013 - 2014

da agosto a dicembre 2009

ottobre 2008 - luglio 2009


 
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MONTE SECCO

Domenica 17 Agosto 2014.
Dopo l'incredibile burrascata ferragosta quasi quasi non ci credo, sono a Piazzatorre molto presto e il Monte Secco mi si presenta in un cielo limpido, parcheggio la macchina al Piazzo e mi avvio sul sentiero 118: pochi passi su sterrata e mi immetto sul cordone artificiale che delimita l'enorme vallone ghiaioso causa di tanti guai nell'alluvione dell'87, entro nel bosco e comincia la lunga risalita di interminabili e ripidi tornantini, è il tratto più monotono dell'escursione e viene rallegrato dalla vista di curiose formazioni rocciose, in un colpo solo si vincono quasi 600 metri di dislivello. Il sentiero fuoriesce in campo più aperto e traversa a destra un primo canale, su un masso appare l'unica indicazione presente lungo tutto il percorso che faccia menzione del Monte Secco, con lungo traverso decisamente più riposante mi porto ad un capanno le cui alture offrono il primo vero assaggio dei bellissimi panorami che questa escursione offre: a disposizione degli escursionisti ecco poi la successiva Baita di Monte Secco, resa oggi disponibile a tutti come bivacco incustodito, fornito di brande e camino ma non di acqua, totalmente assente lungo tutto il percorso. Appena dopo la baita resto ammutolito dall'enorme graffiata che la valanga scesa quest'inverno ha lasciato sul terreno: si presenta ferito per centinaia di metri, lunge strisce scorticate hanno cancellato il sentiero, qualche sparuta traccia rimane ma chi non conosce il luogo potrebbe trovarsi in difficoltà nel capire dove deve andare, speriamo che il sentiero venga risistemato. Basta comunque salire e al Passo di Monte Colle si arriva in una manciata di minuti, il sentiero 118 scollina per scendere verso il Monte Colle, e arrivato il momento di cambiare rotta, si gira a sinistra: niente più bolli, solo un sentierino che raggiunge immediatamente la bella sella prativa appena sopra il passo, la pendenza comincia ad aumentare ma si resta per ora su costoloni facili che poi però cominciano a diventare più affilati e scoscesi. Il tracciato si sposta alternativamente sui due panoramicissimi versanti, da una parte Piazzatorre, dall'altra Branzi - Valleve, e proprio da quest'ultima parte si traversa con pendenza più attenuata per un tratto, poi con decisi strappi ecco che raggiungo di nuovo la cresta, saltabecco di quà e di là sul crinale finchè oltrepassato un dosso arrivo alle prime roccette del Monte Secco: saltelli per niente difficili, però gli ambienti attraversati sono alquanto impervi, bisogna prestare attenzione, da qui in avanti il comun denominatore diventa l'esposizione pressochè costante dei pendii. Arrivo ad un intaglio, il Monte Secco propone il passaggio più difficile dell'escursione, attraverso senza perdere dislivello la testata di un canale che precipita verso Piazzatorre e riaggancio subito la cresta che comincio a cavalcare: scavalcando la gobba del breve dosso scendo qualche metro per raggiungere la selletta erbosa posta ai piedi di apparenti magnifici torrioni, la piccola cavalcata è di per se modestamente impegnativa, ma a far la differenza è la notevole esposizione della stessa, il filo di cresta non è sottile però da una parte e dall'altra ci sono salti che potrebbero condizionare persone propense alle vertigini, qui si viaggia a livello di escursionismo per esperti. Continuo a salire con un traverso sul prativo versante di Valleve ed arrivo ad un nuovo intaglio e qui c'è un piccolo saltello quasi verticale di facili roccette, però bisogna stare guardinghi poichè il passaggio è molto esposto sul versante di Piazzatorre. Le difficoltà ora si attenuano parecchio e si perviene alla sella nei pressi del dosso col ripetitore, da non disdegnare per il bel panorama sulla valle di Piazzatorre e soprattutto per il bellissimo colpo d'occhio che offre in direzione del Pegherolo: non mi resta che risalire il filo della breve e facile cresta che tra zolle erbose e sassi mi porta a toccare la vetta del non facile Monte Secco, cima dal panorama bellissimo in ogni direzione, un balcone privilegiato impreziosito dalla magnifica visione del Pegherolo, e qui mi viene spontanea una considerazione al riguardo. Il Pegherolo è giustamente temuto, le difficoltà vanno decisamente ben oltre quelle proposte dal Monte Secco, ma l'esposizione dei pendii che si risalgono per salire il Secco è quella base che si trova lungo tutta la cavalcata che da San Simone porta al Pegherolo: il Secco è una buona palestra per entrare nella categoria degli escursionisti esperti, ci si accorge di quanta prudenza e decisione sia necessario mettere in campo per salirlo una volta che si torna sui propri passi e lo si affronta in discesa, l'esposizione dei pendii diventa nettamente più evidente, un ruzzolone potrebbe costare carissimo, personalmente sconsiglio di avventurarsi lassù se il terreno si presenta bagnato o peggio gelato, astenersi anche in caso di nebbia, i panorami del Monte Secco sono impagabili, inutile salire in loro assenza. Io me li gusto per bene poi porgo i miei saluti, torno a valle con abbondanza di attenzione fino al Passo del Monte Colle, riecco il Bivacco, riecco Piazzo e riecco Piazzatorre: decido di provare a scovare qualcosa di bello nel paese, la presenza massiccia di condomini ha stravolto l'impianto originale, so che è difficile trovare qualcosa che possa rimandare ad un centro storico, però ci provo. E a sorpresa qualcosa di bello lo trovo subito, percheggio sotto lo spalto della chiesa e salgo sul sagrato credendo di poter immortalare uno scorcio interessante del paese, invece la cosa più bella è la chiesa stessa: bella nel suo insieme, ricorda quella vecchia e sconsacrata del mio paese, soprattutto nell'impianto della cupola affrescata, bellissimo anche il Confessionale ligneo risalente alla fine seicento inizio settecento. Davvero una bella sorpresa, mi basta per capire che anche la Piazzatorre delle infinite seconde case cela gioielli degni di visita: piacevolissima conclusione del mio giretto sul Monte Secco, costola montuosa solitaria il cui nome suona perfino irriverente al cospetto di una bagnatissima estate 2014. Ma oggi c'era un bellissimo sole...

MONTE SECCO - FOTOGALLERY
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ORNICA: AL RIFUGIO BENIGNI DALLA VAL PIANELLA

Rifugio Benigni, la stragrande maggioranza degli escursionisti sale dalla strada dell'Avaro, pochi quelli che si sobbarcano la lunga scarpinata da Ornica, ancor meno quelli che scelgono di inoltrarsi su per la Val Pianella: l'escursione, seppur lunghetta, rende al massimo se le si lascia la libertà di mescolare tutti i suoi ottimi ingredienti. Ecco perciò che all'inizio non mi faccio mancare un bel giretto tra i vicoli e le scalette del paesino, mi lascio poi condurre sulla docile mulattiera militare 107 che inoltrandosi nella Valle Chiassuro porta fino al Cesur, bellissimo borgo rurale che permette di accedere alla sovrastante Valle Salmurano: un tratturo porta ad uno spiazzo poco oltre le baite Bregagnol, la mulattiera scompare dentro un disboscamento e devo fare attenzione alla segnaletica, il tracciato riprende quasi subito vita e con una serie infinita di tornantini finisce con lo sbucare nella conca dell'Alpe Valletto. Con breve deviazione a sinistra in pochi minuti raggiungo la costa dove parte il sentiero della Val Pianella, nel primo tratto alcuni alberi schiantati obbligano a facili aggiramenti, con bella pendenza il sentierino esce dal bosco e attraversato il torrentello mi porto alla Baita Nicola: il meglio della Val Pianella comincia ora, dirimpetto si alzano le bastionate del Pizzo di Giacomo, col Torrione a svettare solitario, perfetto contraltare al pascolo della crollata Baita Pastrengo, mi guardo bene intorno e non posso fare a meno di notare il meticoloso lavoro di spietramento fatto per creare il pascolo. Il sentierino è minimale e ben tracciato, in questo tratto della valle vado a sfiorare il bordo di cordoni morenici che in successione caratterizzano la parte sinistra della valle, testimoni di antichi nevai scomparsi: neve che però ha lasciato "impronte" recenti, nella parte alta il sentierino presenta alcuni piccoli smottamenti, regalo delle incredibii nevicate dello scorso inverno. Un dosso spalanca le porte della conca sommitale della valle, davanti si presenta la Cima di Val Pianella, passando accanto ad una folta colonia di stambecchi raggiungo dapprima a destra la Bocchetta dei Piazzotti, poi con facile traverso ecco raggiunta anche la Bocchetta di Val Pianella: prendo la ripida dorsale, uno strappo bello tosto mi porta ad un passo dalla vetta, scollino sul filo e fatti pochi passi tocco la croce della Cima di Val Pianella. E' stata una gran bella scarpinata, da Ornica sono più di 1400 metri di dislivello: che soddisfazione però, molti salgono a questa cima come naturale proseguimento della classica salita al Benigni fatta dalla curva degli Scioc, ma arrivarci dalla Val Pianella è tutta un'altra cosa, valle ancora intatta e di bellezza selvaggia ma non aggressiva. Prima di scendere a valle ho fatto un giretto dalle parti del Pizzo di Mezzaluna, scoprendo balconi mozzafiato sulla conca del Piazzotti: lago che ho poi raggiunto per rendere omaggio al Rifugio Benigni, compie trent'anni, auguri..!!! Sceso dal Canalino e lasciata alle spalle la grande conca dell'Alpe Salmurano ecco che i resti di una poderosa valanga creano un suggestivo tunnel di neve nei pressi della sorgente San Carlo, incredibile passaggio che in tanti anni di salite al Benigni mai mi era capitato di vedere..!! Poco sotto prendo il sentiero per Ornica, torno sulla mulattiera 107 e pian piano scendo tra i luoghi attraversati il mattino, poi al Cesur proseguo sulla strada asfaltata che girando la costa immette nella Valle d'Inferno, con tranquilla discesa arrivo a Ornica: gironzolando qui e là finisco per portarmi alla chiesa e ne visito il bell'interno, mentre sul sagrato mi imbatto in un antico Ossario ora riconvertito come chiesetta invernale, penso a quante volte sono passato da Ornica e solo ora scopro questo gioiellino, penso ai tanti escursionisti che si sparano direttamente una A/R "Macchina - Tre Signori - Macchina" senza accorgersi di quante cose belle adornano il paesino. Ultimo regalo di un'escursione che mescola bellezze a profusione: un grande grazie ad Ornica, paesello dove è d'obbligo lasciarsi portare a spasso tra viuzze e scalette che non hanno mai conosciuto l'affronto di scempi edilizi.

ORNICA: AL RIFUGIO BENIGNI DALLA VAL PIANELLA  - FOTOGALLERY
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VALLE DEI BRUCIATI - LA CORNETTA I

Lunedì 4 Agosto 2014.

La Cornetta, uno stupendo caos di guglie e pareti tormentate, montagna bellissima che non si concede con facilità: sono tornato lassù grazie ad un itinerario fuori dal mondo. Sono a Valtorta molto presto, la bella mulattiera della "Via del Ferro" parte proprio dalla prima casa del paesello, corre a ritroso lungo la valle restando poco sopraelevata rispetto alla provinciale, una piacevole passeggiata che superata una bella santella finisce per depositarmi sulla stradetta che sale ai Piani Bassi: 5 minuti di asfalto e sono nella spianata che ospita villaggetto turistico e zona umida protetta, io però mi infilo subito sulla ripida stradina subito a sinistra che si alza con un paio di tornanti per raggiungere la bella zona dei Piani Alti. Da tempo volevo risalire la Valle dei Bruciati, proprio quella che sta sopra la mia testa, si alza dai Piani di Valtorta e va a raggiungere la vastissima conca sopraelevata racchiusa tra Cornetta e Cima di Piazzo ad oriente, mentre lo Zuccone Campelli, Barbesino e Corna Grande ne delimitano il versante ovest, ospitando sulle loro alte pendici un tratto del sentiero 101: la mia vecchia cartina IGM rivela la presenza di un sentierino che percorre il vallone, avevo provveduto per tempo a informarmi in loco della sua effettiva esistenza, mi avevano detto di andare tranquillo, le classiche ultime parole famose. Dai Piani Alti la Cornetta si lascia ammirare in tutta la sua dolomitica bellezza, la stradina diventa sterrata, la abbandono al primo tornante per infilare un debole sentierino a sinistra invaso da vegetazione che mi inzuppa per bene dalle cosce in giù: poco più avanti ad un invisibile bivio tiro dritto e sbaglio strada, ritrovandomi nel bel mezzo di un vallone detritico.Torno indietro e presso un piccolo slargo individuo qualcosa che potrebbe lontanamente somigliare al fantasma di un sentierino: devo mettere alla frusta tutto l'istinto che possiedo nello scovare tracce, io e la cartina topografica imbastiamo una fitta serie di sguardi e dobbiamo fare un notevole sforzo di volontà per convincerci che si deve salire da lì, il terreno è un uniforme bosco con relativa distesa di foglie secche, non una foglia smossa a segnalare qualche passaggio precedente il mio. La "traccia" (eufemismo) sale con tornantini di pendenza vivace, aggirato un masso si spiana dietro un albero schiantato e attraversa la valle: finalmente l'embrione diventa un pochino più evidente, è proprio il percorso giusto ma trovare la traccia si rivela un'avvincente sfida riservata solo ad occhi estremamente esperti e coraggiosi. Il tracciolino sale ancora ripido, prima di sfiorare un canale detritico vira a destra e sempre con bella pendenza sotto passa delle alte pareti di roccia: per fortuna la traccia diventa umanamente accettabile, era ora..!! Salgo ancora, arrivo ad un tornante panoramico, per pochi secondi appare un bellissimo scorcio della Cornetta, che tra le sue tormentate pieghe custodisce a sorpresa un nevaio: il vallone è totalmente selvaggio, sono sicuro che vede passare solo animali e qualche cacciatore, nessuna goccia di vernice indica il percorso, sbagliare è facilissimo. La vegetazione lascia spazio anche a belle vedute del Tre Signori, ora il sentierino vira decisamente a destra entrando in un'ampia conca che mi lascia senza fiato per la sua bellezza: risalti rocciosi, pinnacoli, pareti, vegetazione esuberante diventano complici per allestire uno spettacolo selvaggio, il tracciolino traversa a destra in direzione di un evidente valletta, si viaggia in un bellissimo labirinto di mughi, talmente fitto che diventa praticamente impossibile uscire dal tracciato. Mentre a sinistra il vallone lascia spazio ai tormentati contrafforti della Cornetta: questa parte del vallone è di una bellezza selvaggia a dir poco straordinaria, da solo questo luogo vale la fatica e l'impegno spesi per arrivare fin qui..!! Sembra di essere fuori dal mondo, solo io e qualche camoscio: sono nella zona denominata "Bruciati"...Wow, bellissimo..!!! Anche i primi contrafforti della Corna Grande non sono niente male, sulle sue pendici il sentierino si fa strada nel mugheto di una valletta di pendenza benevola, l'ambiente continua ad essere strabellissimo, non immaginavo: la vegetazione si dirada un po', il sentierino ricomincia a fare le bizze, devo nuovamente prestare attenzione per scovarlo. Gli orizzonti si allargano e mi rendo conto di essere sbucato nella conca sommitale, è tempo di tirare le somme: nella Valle dei Bruciati io e la mia cartina escursionistica abbiamo scritto la nostra tesi di laurea in orientamento, esperienza tosta eppur bellissima, una specie di sfida ripagata ampiamente dagli ambienti attraversati, nella parte alta pareti rocciose e distese di mughi si mescolano in straordinaria complicità regalando ambienti di una bellezza che neanche lontanamente immaginavo..!! La conca in cui sono sbucato pensavo fosse più pascoliva, invece si rivela una distesa di numerose vallette parallele separate da costole di roccia bianca: perdo definitivamente il tracciolino, mi rendo conto che è praticamente impossibile trovarlo per eventualmente percorrerlo in discesa, in caso di nebbia qui ci si potrebbe davvero perdere. Anche quassù devo far fare gli straordinari alla cartina topografica, ormai viaggio totalmente a naso, arrivo ad un piccolo stagno, lo individuo sulla cartina, mi oriento e lo oltrepasso: decido di agganciare e risalire una delle tante costole rocciose che graffiano i pendii, una specie di "Mare in burrasca" versione brembana, mi diverto come un matto a saltellare sulle roccette, pian piano mi sposto a sinistra verso la Cornetta. Dimenticavo: pur geograficamente affacciata sulla Valtorta questa vastissima conca è terra di Lecco. Ormai sono arrivato ai piedi della Cornetta, salgo i prati in linea retta per andare ad agganciare il tracciolino che porta verso la vetta: sorpresa, del tracciolino non resta che qualche sparuta traccia, era già estremamente esiguo, la neve dello scorso inverno l'ha massacrato senza pietà, per fortuna conosco la strada. Mi porto all'estrema sinistra del pendio (guardando a monte...), con traversata tutt'altro che facile su pendii erbosi molto scoscesi, poi salgo altrettanto ripidamente alla base delle rocce sovrastanti, ai cui piedi si snoda un tracciolino che verso destra porta a sbucare sulla facile calotta sommitale. E' stata un'avventura selvatica e bellissima arrivare quassù oggi: Ciao Cornetta..!! ( Attenzione: chi vuole provare a salire la Cornetta prenda precisi punti di riferimento per la discesa ). La Cornetta non è difficile, ma i suoi bei panorami sono riservati a pochi: me li godo come premio per la gran soddisfazione che la salita dalla Valle dei Bruciati mi ha regalato. Arriva il momento di tornare a casa e lo farò scavalcando l'altro versante della conca: ecco che tornato ai piedi della Cornetta prendo il sentierino che porta alla Baita La Bocca, c'è lo Zuccone Campelli che mi attende. La fatica si fa sentire, ma dopo le tribolazioni della Valle dei Bruciati il sentiero che porta lassù mi sembra un'autostrada: la vetta diventa il mio balcone di pausa mensa, giusta ricarica per affrontare il delicato canalone franoso che scendendo nella Valle dei Camosci porta ai Piani di Bobbio, lo trovo decisamente peggiorato rispetto allo scorso anno, anche quì bisogna prestare sempre e comunque molta attenzione. La strada dai Piani di Bobbio a Ceresola la conosco a memoria, le cascine della piccola località valtortese si stagliano dentro la conca verdissima: proprio dietro le baite aggancio la sterrata che scende verso altre più a valle, quando la gippabile sale verso la strada asfaltata di Ceresola la abbandono per infilare un tratturo a sinistra che scende in una zona disboscata, al suo termine ricompare la vecchia mulattiera per Valtorta. Scende con gran decisione, tagliando un paio di volte il nastro asfaltato: nella parte bassa propone lunghi tratti selciati e dopo il secondo attraversamento ricompaiono le santelle, quella appena prima della contrada Torre si distingue per la bellezza del volto della Madonna, tratteggiata da una mano alquanto ispirata. A Torre ho la fortuna di trovare aperta la chiesetta di Sant'Antonio Abate, prima di scendere nel centro di Valtorta mi fermo ad ammirare i preziosi affreschi di questo piccolo edificio sacro: ultimo regalo di un'escursione indimenticabile, avventura al cospetto di una Cornetta che mi ha fatto scoprire uno degli angoli più selvaggi della Val Brembana.

VALLE DEI BRUCIATI - LA CORNETTA  - FOTOGALLERY
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VAL TERZERA - MONTE CAVALLO - CIMA DEI SILTRI

Madonna delle Nevi, è mattino presto, Spike se ne sta nel bel mezzo della breve stradetta che porta al rifugio, lo saluto, forse mi riconosce, sta aspettando un'escursionista, scodinzola, mi ha scelto: è fatta, oggi avrò una guida d'eccezione. Ci incamminiamo sul Sentiero delle Casere, la prima che tocchiamo è quella della Val Terzera, ci regala il nostro primo raggio di sole: poco oltre la casera giriamo a destra, un sentiero sale in pochi minuti al bel poggio pascolivo della Baita di Begna, è la prima volta che raggiungo questo luogo. Spike lo conosce sicuramente già e si avvia zampettando allegro sul sentiero che fila via pianeggiante oltre la baita, ma ora è arrivato il momento di svelargli la meta della mia escursione: giro bruscamente a sinistra e comincio a risalire in linea retta il ripido prato alle spalle della baita, lui mi segue per qualche decina di metri, poi mi fila davanti e io ho la nettissima sensazione che abbia capito dove stiamo andando. Lo spallone che sto risalendo è la lunga costola che delimita a sud tutta la Val Terzera, salendo fino alla vetta del Monte Cavallo: dopo circa vent'anni torno su questa montagna che avevo salito una sola volta da San Simone, non ho più ricordo dei suoi panorami. Non conosco questa dorsale e Spike sembra averlo capito, ne aggancio la cresta che si presenta all'inizio piuttosto boscosa, la traccia non è per nulla evidente: ogni tanto mi fermo per capire dove devo andare, ma non ho nemmeno il tempo di mettermi a pensare, Spike con estrema sicurezza si è già incamminato sulla traccia giusta e me la mostra, non devo far altro che seguirlo. Straordinario il suo comportamento, sa che non sono un'escursionista tanto normale, è già la quarta volta che trotterelliamo assieme e ormai ha capito che spesso devio dal percorso standard per soddisfare le richieste della fotocamera: quando mi fermo lui mi guarda per un attimo coi suoi occhietti interrogativi, poi si ferma e aspetta pazientemente che finisca le mie divagazioni, non appena accenno a ripartire scatta immediatamente avanti per mostrami la strada. Mitico..!! La cresta sale a disegnare un primo lungo dosso che costringe a saliscendi dove non mancano tratti in cui si perde quota, oltrepassata un'ultima costa la traccia esce in ambiente aperto, compare un dentino roccioso che il tracciolino risale con ripidissimo strappo sulla sinistra: dalla sommità di questo apparente dentino si gode di una gran bella vista, purtroppo oggi già disturbata da abbondanti nuvole, la traccia ora diventa più evidente, la pendenza si smorza un po' restando però sempre sostenuta, arrivo nel punto dove converge il sentierino che sale dall'alta Val Terzera poco sotto il Passo di San Simone ( sentierino pesantemente danneggiato da smottamenti...), ora il cammino è scandito da una bollatura rossa. Strappi decisi si alternano a ben pochi tratti di respiro, la croce si avvicina sempre più, ho l'impressione che sia la più alta dell'alta valle: le sue dimensioni ingannano la prospettiva, sembra vicina ma mi accorgo che mancano ancora la bellezza di trecento metri di dislivello. Passo dopo passo arriviamo all'inizio del ripido strappo finale, Spike non ha mai mollato neanche per un solo metro la conduzione dell'escursione, mi ha guidato con precisione e professionalità: lascio doverosamente a lui l'onore di toccare per primo la vetta, a me resta la soddisfazione di aver persorso un itinerario decisamente appagante per un escursionista, cresta non difficile, ma faticosa e adatta a persone esperte. Purtroppo i panorami dovrò gustarmeli un'altra volta, la nuvolaglia li cela e mi consiglia di non indugiare troppo, comunico a Spike che mi frulla per la testa l'idea di scendere al Passo di San Simone per salire alla Cima dei Siltri: ecco che con sentierino tutt'altro che agevole scendiamo la spalla est fino alla Bocchetta dell'Erba, poco prima di arrivarci mi ritrovo ad affrontare un saltello di roccette da non sottovalutare: scolliniamo e con sdrucciolevole discesa nel franoso vallone ancora ricco di neve da valanga ci intraversiamo alti sulla conca di San Simone fino a raggiungere il passo omonimo. Spike prende per qualche metro il sentiero che scende in Valterzera, poi si accorge che io mi sto arrampicando sulle scoscese balze erbose a destra del passo, capisce al volo che voglio andare sulla Cima dei Siltri e mi scappa avanti, facendomi capire che anche lassù è già stato e quindi conosce la strada. Anche questa cima costa fatica, ripagata dalla bellissima visuale sul Cavallo, con bella traversata ci portiamo fino alla Forcella Rossa: comincia la discesa per tornare alla base, agganciamo il Sentiero 101 e scendiamo a sinistra verso il Cascinetto dei Siltri, poco più avanti troviamo il Laghetto di Cavizzola in ottima forma, la bella discesa ci porta alla Casera Siltri e quì mi accorgo che Spike è a disagio nel passare accanto alle mucche, sembra averne un po' paura. Non indugio, oltrepassiamo velocemente e con bellissima camminata in uno splendido lariceto sbuchiamo nei pascoli della Costa Piana, altro luogo che rapisce sguardo e cuore. Divalliamo nuovamente in Val Terzera, Spike tende a scappare avanti, conosce la strada per la Madonna delle Nevi a memoria: ci arriviamo stanchi e contenti, l'escursione che abbiamo concluso non è un passeggiata, dislivello e tipo di terreno sono di sicuro impegno. Ma io avevo una guida speciale, la cosa che apprezzo di più di Spike è la sua assoluta discrezione: attentissimo ad ogni movimento e in perenne ricerca di marmotte e camosci, eppure non abbaia mai, disinvolto e sicuro di se anche su terreni decisamente ostici, un vero escursionista esperto..!! Grazie mille mitico Spike: con te accanto ogni escursione diventa indimenticabile..!! Alla prossima...

VAL TERZERA - MONTE CAVALLO - CIMA DEI SILTRI - FOTOGALLERY
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ALBEN, IL BELLISSIMO 525 DELLE CRESTE

iovedì 3 Luglio 2014.
La frana che taglia a metà la Valle Serina costringe da tempo a deviare su Costa Serina e Cornalba, lo scorso inverno tornando da una sciata in quel di Zambla mi ero casualmente accorto di un cartello escursionistico posizionato tra le due località, poco distante dalla Madonna della Neve: la scritta Monte Alben mi aveva parecchio incuriosito, mi ero ripromesso di studiare per bene la faccenda. Consultando la Carta Turistico-Escursionistica della provincia avevo individuato il sentiero in questione, un mix tra il 519B, 525 e Variante Creste: ora è arrivato il momento di verificare dal vivo quanto appreso sulla carta. Lascio la macchina in un piccolo slargo (posto per 3-4 auto...) circa 500 metri a valle del Santuario della Madonna della Neve in direzione Tagliata, il cartello che indica il sentiero è piccolo e può sfuggire alla vista: entro in un bellissimo bosco e attraverso quasi subito un ruscello, con lungo traversone dal dislivello impercettibile arrivo ad una cascina in ristrutturazione, alle sue spalle la mulattiera acquista leggermente pendenza ma poi si spiana di nuovo e con ampio giro finisco con l'entrare lentamente nella Valle Chignoli, che percorro a lungo finchè raggiungo l'incrocio con quella che sale da Tagliata. Ora comincia la vera salita, la mulattiera attraversa l'asciutto fondovalle e si arrampica con svolte regolari e poco pendenti su un costolone semierboso che divide due valloni, ad un paio di bivi sono presenti un numero esagerato di bolli segnavia, impossibile sbagliare percorso: le prime vedute panoramiche di valle e sul dirupato versante nord del Suchello si interrompono quando la mulattiera si sposta verso il boscoso vallone di sinistra, dove si apre una ripida, suggestiva ed umida valletta chiusa dentro pareti rocciose, un po' più su sfilo via a destra su pendenze più morbide, le prime radure preannunciano lo sbucare improvviso nei pascoli sotto la Baita Barbata, che si presenta con un gran bel colpo d'occhio sulle retrostanti creste, pochi ripidi passi e il valico è presto raggiunto. Passo Barbata, crocevia di sentieri, ora abbandono il 519 e giro a sinistra, il 525 all'inizio è un tracciolino che si fa strada tra i prati con l'aiuto di alcuni paletti segnavia, alzandosi di traverso sopra la baita Barbata, aggiro la costa della montagna e torno in ambiente più boschivo: il sentiero propone un lungo traversone pianeggiante sul lato brembano, a metà strada si apre una gran bella veduta sulla valle, poi con leggera discesa in ambiente più roccioso mi porto ad un valloncello che risalgo con bella pendenza, finchè un lungo addolcirsi del percorso mi fa intuire l'avvicinarsi di radure. Invece no, sbuco di colpo nei pascoli della Baita dei Foppi, il primo colpo d'occhio è già notevole e lo diventa ancor di più quando salgo al dosso su cui è adagiata la baita, ci arrivo abbandonando il 525 per girare a destra non appena compare nella scenografia uno stagno e il piccolissimo cartello che indica la Variante Creste: bellissima visuale, la baita può ritenersi fortunata, l'Alben visto da qui è davvero intrigante, che bel posto..!! Proprio dietro la baita ecco che su un faggio campeggia un grande cartello, il sentiero delle creste comincia lì e sono davvero curioso di scoprire com'è: per ora si limita ad essere un normalissimo sentierino e con uno strappo deciso mi conduce subito al vicino spartiacque, la Valle Seriana si presenta con la sottostante Val Vertova, alla mia sinistra la cresta diventa più ricca di rocce e pinnacoli. Il sentiero si mantiene scostato dal crinale e risale la costa brembana con andamento assolutamente facile, resto in attesa trepidante di affrontare qualche passaggino su roccette: niente, il sentierino viaggia in totale relax su una costa erbosa alquanto ampia e mai, dicasi assolutamente mai pericolosa, tenendosi quasi costantemente di qualche metro sul lato brembano. Casomai a tener desta l'attenzione è l'esiguità della traccia, oltretutto dotata di una bollatura latitante e sicuramente bisognosa di adeguata rinfrescata: ma la cosa più importante in assoluto è ricordare tassativamente di voltarsi, il panorama di valle è straordinario, guai a scordarsene..!!! Un ultimo dosso, finalmente appare la vetta dell'Alben finora rimasta invisibile, lo strappetto successivo mi deposita sulla Cima dei Campelli, la discesa che mi traghetta al sottostante colletto si rivela il tratto più impegnativo dell'intera escursione: una ripida costa erbosa che il tracciolino affronta sulla linea di massima pendenza e da affrontare con la dovuta attenzione, le difficoltà sono comunque relativamente modeste. Al colletto convergono sentieri provenienti da più direzioni e alla mia sinistra si apre il vallone da cui sale il 525 tradizionale, la Variante Creste è ufficialmente terminata: il nome è decisamente un po' pomposo, in realtà si tratta di un percorso assolutamente facile e con un minimo di attenzione alla portata di tutti i normali escursionisti, una bellissima cavalcata su ampi dossi erbosi in compagnia di pinnacoli e pareti, ambienti suggestivi affacciati su panorami che oggi mi sono stati offerti in gran spolvero grazie ad una mattinata magnifica. Prossima tappa il dosso con il ripetitore, i primissimi metri della salita presentano l'unico punto in cui qualcuno potrebbe aiutarsi appoggiando le mani, un modestissimo saltello che lascia presto spazio al solito tranquillo sentierino: al ripetitore convergono altri tracciati provenienti sia dal versante brembano che seriano, ora tutto si riunisce in un sentiero che vincendo l'ultimo strappo deposita direttamente alla croce di vetta, oggi finita nel mirino di tanti altri escursionisti, tanto che devo aspettare un bel po' prima di riuscire a fare uno scatto con la croce in versione solitaria. Nel frattempo la fotocamera si lascia rapire dai favolosi panorami, l'Alben è una vetta panoramica assolutamente di seria A..!! Almeno finchè le nuvole non decidono di intromettersi nello spettacolo, saluto l'Alben per tornare a valle percorrendo il 525 normale, lo aggancio ai piedi della Cima di Campelli: svolto nel vallone alla mia destra e con regolare discesa finisco col ritrovarmi infilato in un curioso tunnel creato da due macigni precipitati dalle creste, che si rivela un utile riparo in caso di emergenza, un simpatico passaggio volutamente cercato dal sentiero che avrebbe potuto tranquillamente sfilare a lato. Ora devo fare molta attenzione ai segnavia, la traccia che scende nel valloncello verso lo stagno della Baita dei Foppi diventa evidente solo quando aggancia il ben più ampio sentiero che da quest'ultima taglia pianeggiante verso la conca delle Casere, occhio a non perdere la traccia: una volta allo stagno non mi resta che ripercorrere fedelmente quanto già calpestato la mattina, un cielo intorbidito mi accompagna fino alla fine dell'escursione. Una bellissima escursione, un tantino lunghetta e dal dislivello importante, quasi 1200 metri: ho salito l'Alben da vari versanti, questo itinerario è finora quello che mi ha entusiasmato di più..!! Da provare..!!

ALBEN, IL BELLISSIMO 525 DELLE CRESTE - FOTOGALLERY
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IL NEVAIO DEL RESEGONE

Lunedì 30 Giugno 2014.
Il Resegone, una garanzia: se tira un po' di venticello teso si può stare sicuri che il sole illuminerà panorami immensi e giustamente apprezzati. Ma oggi io e mio cognato siamo in missione, saliamo lassù per controllare lo stato del nevaio poco sotto la Punta Cermenati: un piccolo e suggestivo angolo bianco che nelle annate migliori riesce a resistere fino al mese di Agosto, un gioiellino però sconosciuto a tanti escursionisti che salgono in vetta. Proprio dalla Cermenati parte un costolone che scende ripido verso nord, all'improvviso un centinaio abbondante di metri di dislivello più in basso la cresta erbosa si lacera in una prodonda ferita, uno stretto canyon spacca la dorsale con alte pareti rocciose: sul fondo ecco adagiarsi il nevaio, il vento riesce ad accumulare all'interno della forra grandi quantità di neve, un po' ne precipita dalle impervie pareti laterali, tantissima è arrivata per conto suo grazie alle straordinarie nevicate dello scorso inverno. Risultato: ecco che alle porte di Luglio resiste una lingua di neve durissima lunga una trentina di metri, larga 5 - 6 e alta al centro più di 2 metri e mezzo..!! Non male, proprio niente male..!! Il nevaio è a soli 1740 metri di altitudine, spettacolo effimero che non sopravviverà all'estate: ma è un regalino che il Resegone è capace di offrire a dispetto della sua quota relativamente bassa e dell'estrema vicinanza alla pianura. Unica nota dolente, purtroppo negli anni passati il canyon è stato vergognosamente e sistematicamente usato per smaltire lattine e bottiglie del vicino Rifugio Azzoni: ora la coscienza ambientale è fortunatamente più rispettosa dell'ambiente, ma restano centinaia e centinaia di reperti che fanno scempio di questo angolo così particolare. Sarebbe una grande bella (e doverosa...) cosa se la S.E.L, proprietaria del rifugio, facesse opera di pulizia.

IL NEVAIO DEL RESEGONE - FOTOGALLERY
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ZUCCO BARBESINO, ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA

Venerdì 20 Giugno 2014. Finalmente riparto dopo un lungo stop forzato, per una curiosa coincidenza la montagna che tiene a battesimo il mio ritorno ai monti è la stessa che aveva avuto il medesimo compito 4 anni, anche allora scelsi lei dopo aver sistemato un ginocchio ballerino: che bello riassaporare l'aria dei 2000, che bello farlo sui pendii dello Zucco Barbesino..!! Montagna poco frequentata, montagna che mi regala un favoloso ultimo giorno di primavera: nessun commento tecnico, lo avevo già fatto in precedenti report, oggi la racconto con aggiornate foto in cui spicca la novità del nuovo laghetto realizzato sotto il Rifugio Lecco. Grazie Zucco Barbesino: non potevo sperare in miglior ripartenza..!!

ZUCCO BARBESINO, ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA - FOTOGALLERY
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DAI "GHIACCI" DI AMAGNO ALLA "NARCISATA" DEL LINZONE

Giovedì 8 Maggio 2014.
Ultima escursione prima di un programmato stop forzato che mi terrà fermo per almeno un mese, ho bisogno di stemperare la tensione senza strapazzarmi troppo: cosa c'è di meglio che affidarmi alle cure del benevolo e vicinissimo Linzone..?? Dopo aver esplorato ogni possibile versante di salita con partenza in quota, oggi decido di abbassare la bandierina di start fin quasi al fondovalle: lascio la macchina alla chiesa di Strozza, arriverò in quel di Roncola seguendo tracciati desueti dal passato importante. La storia mi viene subito incontro non appena entro nella vicinissima Amagno, edifici massicci lasciano chiaramente trasparire lo stampo medioevale del borgo, vicoletti selciati si staccano dalla piazzetta del Lavatoio per raggiungere quella in cui si apre la botola di carico di una preziosa e antica Ghiacciaia accessibile dal museo omonimo, ospitato dalla biancheggiante e secentesca Cà del Maestro, cui dirimpetto risponde una severa eppur aggraziata casa torre medioevale: è il cuore del borgo, pietra miliare della Valle Imagna fino ai primi anni dell'ottocento, quando la viabilità vallare viaggiava più alta di quella attuale e terminava proprio ad Amagno, oltrepassato il quale non restavano che sentieri e mulattiere. Io mi avvio su quella che sfiora la botola della ghiacciaia e salendo brevemente arrivo ad un bivio, giro a sinistra e dopo pochi minuti mi ritrovo in una fresca valletta, un ponticello scavalca un saltellante ruscello, la Pissarola: l'apparente modestia è ingannatrice, questo torrentello è il corso d'acqua più importante della valle dopo l'Imagna, raccoglie le acque del Linzone ed era in grado nei tempi passati di azionare numerosi mulini e magli. Ora il sentiero sale un po' diventando scivoloso, arrivo alle spalle di una moderna stalla e la oltrepasso proseguendo su un sentierino che con uno strappo porta ad una radura, più avanti sbuco su una ben più ampia mulattiera, quattro passi ed arrivo a delle case non eccessivamente ben messe, solo quando le aggiro scopro il loro lato migliore e più significativo: sono a Cà Liggeri, lungo edificio che vedeva passare genti e carovane, la più importante viabilità vallare era rappresentata della mulattiera che ora ospita i miei scarponi, anticamente si viaggiava a questa quota, prima che tutto venisse abbassato ad Amagno e poi ancor più in basso come lo vediamo ora. Scopro che Cà Liggeri è raggiunta anche da una sterrata, risalta pure una moderna tribulina con bell'affresco, ma giro a destra e basta poco per immergersi nuovamente nei tempi andati: la mulattiera era importantissima e non lo nasconde, appena può fa riemergere in maniera fin quasi commovente la pregevolissima fattura di tratti acciottolati realizzati con gran cura, la pendenza dolce e l'ampiezza del tracciato ( sorprendente in alcuni punti..) testimoniano inequivocabilmente che questa era la via di comunicazione principale per accedere all'alta valle. Purtroppo non mancano segni del tempo che passa, aiutati anche dal fatto che la mulattiera sia stata utilizzata per opere di disboscamento: tuttavia la mulattiera è davvero bella, non immaginavo di avere un gioiellino del genere a due passi da casa..!! Dopo aver sfiorato l'imbocco di una grotta la mulattiera sale con un paio di tornanti a rendere omaggio alla Tribulina di Senguegn, un cartello mi avverte che sono ufficialmente entrato nel territorio comunale di Roncola, tutto si spiana tra i bei castagni di Cà Bragos e prati che lasciano spazio a prime vedute panoramiche sulla valle e sulle contrade di Roncola, quatto quatto arrivo ad una scenografica e "acciottolatissima" valletta, ho agganciato il Sentiero dei Borghi, due passi e sono a Cà Moscheni: a sorpresa mi ritrovo in un piccolo e bellissimo borgo, ristrutturato un po' in libertà ma con ottimi risultati, che mostra la caratteristica principale di queste contrade, ovvero l'essere costituite da lunghe file di case appaiate o disposte a mo' di piccola fortificazione. Ora la mulattiera sorvola la frazione tra vallette boscose e fattasi sterrata pianeggiante nei prati mi conduce alla stradina asfaltata, dove appare uno scorcio suggestivo della vicinissima e trecentesca chiesa di San Defendente, punto focale dell'omonima contrada, proprio qui abbandono la strada per scendere al borgo di Cà Musso, dove ad attendermi c'è il Sentiero dell'Acqua: invero trovo il primo intoppo, i cartelli ci sono ma mancano totalmente veri e propri segnavia dedicati, solo dopo aver sbagliato strada finisco per trovare quella giusta, il sentiero si alza a sinistra senza entrare nel borgo e appena sopra sfocio su una stradella al servizio di moderne abitazioni un bel cartello è lì che mi attende per indirizzarmi sul tracciato giusto. La mulattiera selciata riprende a scorrere tra muri a secco, ma a scorrere sono soprattutto rivoli d'acqua, la testata della Pissarola si rivela come un ventaglio di ruscelli e vallette: la zona dove mi trovo ora ospita pure prese dell'acquedotto, un mondo variegato mi svela angoli di Roncola che neanche lontanamente sospettavo esistere, l'escursione è un viaggio sorprendente che si tiene a debita distanza dall'eccessiva cementificazione della famosa San Bernardo, quaggiù sto scoprendo un mondo parallelo ricco di spunti e dignità. Una rampa rifatta a nuovo taglia in linea retta i prati, arrivo a Roncola Bassa e mi sorprendo dell'encomiabile ed evidente lavoro fatto per ristrutturare questi vecchi e preziosi percorsi, scelgo quello che sale alla vicina Pozzo: qualche seconda casa appare, ma non devo attraversare che pochi metri di asfalto, la mulattiera riprende vigore e tenendosi quasi a ridosso della strada per Costa Imagna mi conduce a Mezzola, due file di case disposte quasi a mo' di fortificazione e custodite da una chiesina di cui ignoravo totalmente l'esistenza. Ho agganciato il Sentiero dei Pascoli, mi porta ad attraversare la strada per Costa, scendo poche decine di metri e prendo la scalinata per la Sorgente Canal, la sua buonissima acqua è giustamente famosa ed apprezzata: ora la strada per il Linzone la conosco a menadito e sono strafelice di aver scoperto questo nemmeno lunghissimo itinerario iniziato ad Amagno, quante belle cose mi ha regalato..!! Roncola Alta è presto raggiunta e per mulattiera salgo a prendere la stradina per Ronco, dove una scorciatoia mi fa risalire dritto dritto verso il Vallone del Vèstat, fino a che aggancio il sentiero proveniente da Curtafè: ho tentennato prima di decidere di salire comunque, nuvole stagnanti nascondono il crinale, un attimo e sono avvolto da fredde nebbie, alla Cascina Càt attendo fiducioso un possibile diradamento, 10 minuti e il Linzone appare, sembra colpito da una grandinata. I narcisi sono già presenti, ma lo stupore diventa assoluto quando raggiungo e oltrepasso il Santuario, un oceano profumatissimo mi inghiotte, i narcisi sono migliaia, milioni: la famosa Narcisata si presenta ai miei occhi per la prima volta, mai avevo centrato il momento giusto, resto inebriato in tutti i sensi dallo spettacolo incredibile che mi è concesso ammirare..!!! La camminata già bellissima di suo viene coronata in maniera sublime: stupendo Linzone, cosa mi ero finora perso..!!! Eccezionale, da vedere assolutamente..!! Il colpo d'occhio della vetta me lo porto costantemente appresso mentre ridiscendo a valle, ripercorro fedelmente i miei passi fino alla chiesa di San Defendente, dove giro a sinistra per percorrere la strada fino a Cà Maltrotti, l'ultimo dei nuovi e numerosissimi cartelli di Roncola mi saluta indicando la strada per Amagno: con un po' di intuito individuo una mulattiera che restando sulla sinistra di Pizzo si immerge nel bosco disegnando innumerevoli tornanti in ripida discesa, anche lei non disdegna di offrire tratti selciati, finche la pendenza si smorza in un rettilineo che sottopassando una stradella annuncia la comparsa delle prime abitazioni, un viottolo mi fa sbucare improvvisamente proprio nella piazzetta del Lavatoio, rieccomi ad Amagno. Non avevo idea di cosa avrei visto, non conoscevo antiche mulattiere selciate e contrade defilate, non avevo mai annusato la Narcisata: quanti splendidi regali mi ha fatti oggi il versante orientale del Linzone, possono tranquillamente riempire il lungo stop che mi attende a breve, ringrazio con infinita riconoscenza.

DAI "GHIACCI" DI AMAGNO ALLA "NARCISATA" DEL LINZONE - FOTOGALLERY
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ORBREMBO - VACCAREGGIO

Lunedì 5 Maggio 2014.

E' da una vita che durante le scorribande fungaiole in quel del Cancervo osservo il versante dirimpetto della valle, quello che sale verso Dossena, ripromettendomi di andare a visitarlo prima o poi: stavolta lo faccio davvero, spengo il motore sulle rive del Brembo, la passerella che lo scavalca mi deposita sulla Via Mercatorum e ne ripercorro fedelmente il tracciato già descritto in una precedente relazione. Piccolo riassunto: sfiorando una insospettabile parete rocciosa celata dal bosco ci si alza verso baite e prati con prime belle vedute sul versante di Camerata, breve tratto di sterrata e quando questa disegna una curva a sinistra si deve tirar dritto alzandosi in un praticello per poi inoltrarsi in una valletta boscosa dove si intercetta il sentiero proveniente da Portiera, una salitella si conclude con un grazioso colpo d'occhio che deposita nel bel mezzo di Grumo, frazioncina i cui portici denunciano l'importanza di questa antica Mercatorum, seguendo poi i cartelli si sale verso la chiesa di San Rocco, con l'adiacente frazione di Bosco Dentro. L'altra volta mi ero praticamente fermato qui, ora devo scovare qualcosa che mi permetta di salire in quota: metto a ferro e fuoco le due cartine topografiche in mio possesso, prendo un sentiertino dietro la frazione che scomparendo e riapparendo mi permette di raggiungere non senza difficoltà baite sovrastanti, oltrepassato un capanno l'intuito e le mappe mi spingono su un sentiero che deviando a destra va poco dopo a sfociare su una marcata mulattiera. Un cartello mi dice che sono sulla Mercatorum e a ragion veduta è senz'altro meglio salire fin qui seguendone il tracciato proveniente da Bosco Fuori, quello seguito da me è molto più ingarbugliato e avventuroso: cammino sulla Mercatorum fino ad un successivo bivio con cartello, dove la abbandono a favore di un ampia mulattiera a sinistra che poi si tramuta in un tratturo realizzato per opere di disboscamento, lo seguo fino al suo sfociare su una sterrata palesemente più vecchia che mi porta ad attraversare una valletta decisamente brulla e inospitale, scorgo sopra di me ferraglia che ha tutta l'aria di essere ciò che rimane di abbandonate attività estrattive. Ecco così che mi innesto su un'altra sterrata pianeggiante, giro a destra e le mie intuizioni trovano conferma in ruderi che denunciano la presenza di una miniera il cui imbocco murato è stato violato: il buco lascia solo intravedere il destino dei vecchi e piccoli binari che correvano nella pancia della montagna, chissà dove portano. Il mio destino invece segue a ritroso la sterrata, la seguo nel suo fare assolutamente pianeggiante finchè sbuco su una gippabile che in salita sale ad un piazzale con adiacente un roboante campo scuola di motocross, da cui scappo a gambe levate per il rumore assordante e la puzza insopportabile: un vero peccato, c'è pure uno stagno, la zona è suggestiva. La strada si spiana verso destra poi esce dal bosco, si aprono belle vedute panoramiche sul fondovalle, ricomincia l'asfalto e nei pressi di un grande curvone con disboscamento trovo a sinistra la stradetta comunale che provenendo da Dossena sale a Lavaggio e Cascina Vacchia: mi incammino su questa tranquilla stradina e arrivo ad un tornante molto panoramico, sotto di me un dosso prativo ospita un bellissimo bosco con capanno, da cui posso vedere la costa sovrastante tagliata dalla stradina. E' il Culmen dei Pai, voglio curiosare e decido di tirar su dritto nell'erba bassa per raggiungerlo: mi ritrovo a sorpresa su un'ampia sella con angolini interessanti che mi regalano suggestivi scorci della Val Parina e le sue montagne, mentre dinnanzi appare il boscoso Vaccareggio, che seppur ancora lontano eleggo a mia meta di giornata. Supero le crollate baite della sella e salgo leggermente verso un capanno, prendo la mulattiera a destra che tagliando in diagonale la costa scende leggermente per sfociare in breve sulla comunale: ancora qualche metro di salita nel bosco, poi la stradina ne esce e diventata sterrata scende per pratoni ad aggirare una costa dietro cui trovo Lavaggio: poco oltre prendo una sterrata in salita a sinistra, mi deposita sul margine di belle colline erbose costellate da baite e termina presso un'ultimo casolare dietro cui devo costringere l'intuito a darsi da fare, un sentiero evidente non esiste, qualcosa mi spinge verso delle baite malconcie sulla sinistra. Non capisco dove devo andare e l'esperienza mi suggerisce di puntare il dosso erboso sovrastante, dall'alto si può valutare la presenza di eventuali sentieri sottostanti, dal basso è difficile il contrario: arrivo ad un capanno e una bella conca schiude finalmente la vista sul Vaccareggio, il sentierino taglia in linea retta i prati e mi conduce ad un inaspettato stagno dall'incredibile color rosso, l'ambiente cambia repentinamente. La brulla zona sovrastante mi da l'impressione di aver conosciuto il lavoro dei minatori, ma a sorprendermi sono dei profondi crepacci naturali che salendo tagliano a fette il pendio, non riesco a trovare il sentiero, tracce confusionarie mi portano a viaggiare sull'orlo di salti tutt'altro che simpatici e che si aprono all'improvviso, non mancano dietrofront obbligati, finchè arrivato al margine superiore mi accorgo che il sentierino aggirava sulla sinistra questa zona delicata evitandola, buono a sapersi per il ritorno. Piccola ma importante annotazione: pensavo che il Vaccareggio fosse una montagna ben frequentata e invece finora non mi sono imbattuto nella benchè minima indicazione o bollo per raggiungerlo, nulla di nulla e se non avessi avuto con me le cartine a guidarmi sarebbe stato un bel problema arrivare fin qui. Anche ora che manca pochissimo alla vetta devo prestare attenzione al sentierino, non sempre evidente, entro nel bosco e raggiungo un dosso con leggerissima discesina, ancora uno strappetto e d'improvviso mi ritrovo sulla linea del crinale, seguendolo a sinistra in breve arrivo sulla vetta del Vaccareggio, anzi no: il cocuzzolo boscoso su cui mi trovo è il primo, più avanti ne vedo uno erboso e lo raggiungo, il Vaccareggio in realtà si rivela una vetta distesa su un crinale con alcune elevazioni di apparente pari altezza, mancanza totale di omini o altre indicazioni, non saprei indicare in tutta sincerità quale sia la vetta ufficiale. L'esposizione del versante sulla Val Parina è notevole, mi porto sull'ultimo dosso, il più panoramico: le foschie non mi impediscono di apprezzare la bella veduta su tutto il versante dall'Ortighera al Menna, l'Arera si nega, più generosi i gruppi del Tre Signori-Ponteranica e Pegherolo-Secco da una parte, Alben dall'altra: la Valle Brembana è rappresentata anche da Cancervo e Venturosa, ma il boscoso versante ovest preclude altre visuali in quella direzione, mentre i panorami meridionali sono possibili solo dalla zona sopra lo stagno rosso. I panorami valgono la salita, però bisogna girovagare un po' per goderseli, unica pecca la mancanza di indicazioni: adesso la strada la conosco, ma trovarla non è stato semplicissimo. Ciao Vaccareggio, torno a valle e lo faccio esattamente da dove sono venuto, però quando arrivo in zona motocross riesco a intercettare un sentiero che costeggiando un ruscelletto mi porta in un attimo alle baracche della miniera vista il mattino: quando poi un po' più giù arrivo al bivio col cartello della Mercatorum decido di seguirla fedele nei secoli dei secoli, mi lascio perciò traghettare su una stradina asfaltata che mi deposita a Bosco Fuori, poi sfilano Bosco Dentro e la chiesa di San Rocco, arriva Grumo e un ultima veduta di Camerata coi suoi Cancervo e Venturosa anticipa di un soffio il sipario che si chiude definitivamente attraversando la passerella sul Brembo. Spengo la spinta naturale dei miei scarponi, riaccendo il motore meccanico della macchina, anche oggi ho colmato una lacuna che mi incuriosiva da una vita: mi sono un po' ingarbugliato su questi versanti sconosciuti, ho toccato il punto più alto cui potevo aspirare, divagazioni intorno alla Mercatorum che hanno saputo regalarmi angoli speciali.

ORBREMBO - VACCAREGGIO - FOTOGALLERY
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CAMERATA - BRUGA - CESPEDOSIO

Giovedì 24 Aprile 2014.

Ero un bimbetto di 7 anni, scesi dalla macchina con due miei zii, dal sagrato della chiesa di Camerata Cornello mi guidarono sulla ripida mulattiera adiacente: era il mio emozionante battesimo di fungaiolo e per alcuni altri anni quella fu la consueta base di partenza per le nostre spedizioni in quota, fino a quando la costruzione della viabilità verso le frazioni alte rese superfluo partire dalla chiesa di Camerata. Il bimbo è diventato uomo, parcheggio la macchina in piazza Avis - Aido, mi avvio sui lunghi gradini del viottolo lastricato che sale nella contrada, tra resti di portici e case vissute arrivo sul quel sagrato: mi rendo conto che sono passati quarant'anni dall'ultima volta che ho messo piede su questo piazzale, gli occhi osservano particolari che non avevano lasciato traccia nella mia memoria, aggiorno i ricordi con comprensibile emozione, il livello sale a sfiorare la commozione quando raggiunto il sovrastante cimitero decido di inoltrarmi per qualche passo su quella mulattiera dell'infanzia. Ma il viaggio che mi sono prefisso oggi si snoderà da tutt'altra parte, dopo poche decine di metri e tante decine di ricordi decido che questa sarà la mia strada di ritorno a valle, ora però mi riporto al sagrato e raggiungo il tornante dietro il campanile, la mia escursione muove la sua prima battuta sulla mulattiera che si inoltra pianeggiante nel bosco: nessun cartello mi aiuta, dovrò salire a Bruga e da lì a Cespedosio, lungo quello che percorrendo la Valle Secca era il percorso più breve per raggiungere la più alta frazione di Camerata. Attraversata una valletta non ci vuole molto per raggiungere prati che in breve mi fanno sbucare sulla strada asfaltata per le frazioni alte, la seguo poi sterzo a destra per incamminarmi su quella per Bruga, primissima volta in vita mia che salgo da queste parti: la stradina non porta da nessun'altra parte, è deserta e posso permettemi di viaggiare al centro della carreggiata, ad un curvone - piazzale si apre un bel primo colpo d'occhio sul Cancervo. Ora la strada si inoltra a lungo con fare pianeggiante tagliando in maniera netta una costa boscosa che lascia intravedere scorci della dirimpettaia Bruga, oltrepassata una valletta salgo in breve alla prime case, Bruga si presenta come una contrada sparsa di costruzioni vecchie e più recenti, gli sguardi incuriositi delle tre persone che incrocio la dicono lunga su quanto sia raro per loro vedere da queste parti escursionisti zaino in spalla, salgo ancora e un viottolo a destra mi invita ad abbandonare per qualche passo la strada asfaltata, vado a curiosare nel nucleo di Bruga Alta, mi accolgono una santella con adiacente forno, ballatoi legnosi di una casa decisamente antica mi spingono a girare l'angolo: ecco la sorpresa che non ti aspetti..!! Bruga Alta si affaccia su una piazzetta erbosa con fontana lavatoio, la casa e i suoi decrepiti ballatoi di legno disegnano un affresco che mi catapulta istantaneamente alla brembillese Catremerio, quì è tutto più piccolo ma l'atmosfera trasuda faticosa vita rurale a piene mani, una parte della casa è stata ristrutturata e la gentile nonna che la abita mi spiega il percorso che devo seguire per raggiungere Cespedosio, lei si ricorda bene di quando la strada era ben al di là da venire e quassù non esistevano altro che mulattiere. Per me uomo moderno è tutto più facile, seguo fedelmente la strada che alzandosi sopra la contrada porta verso le cascine più alte, ecco che dopo un tornante dai prati spunta sornione il Venturosa: la relativa lontananza del monte dilata stupendamente gli spazi, il colpo d'occhio regala per qualche attimo atmosfere bucoliche che rimandano a panorami in stile svizzero, quanto è suggestivo questo passo dell'escursione..!! Ultime stalle, l'asfalto termina in corrispondenza di una curva con bacino dell'acquedotto, una sterrata aggira in debole discesa il dosso erboso ed entro ufficialmente nella Val Secca: con piacevolissimo percorso vado poco più avanti ad attraversare un ruscelletto, ora la sterrata sale leggermente e dopo qualche minuto il tracciato termina in uno spiazzo di carico scarico legname. Comincia la mulattiera..?? No, la sterrata lascia il posto ad un tratturo pianeggiante molto largo che poi in discesa si mette a sorpresa ad attraversare versanti alquanto scoscesi, tutto si quieta nei pressi di un ruscello bello in forma che rimane però ancora parecchio alto sul vero fondovalle, qualche minuto di salita e all'improvviso mi ritrovo su un minuscolo spiazzo erboso al cospetto di una pregevole santella: una bella Madonna schiaccia la serpe, anche Sant'Andrea e San Rocco sorvegliano l'inizio dell'antica mulattiera che finalmente riprende vita sotto i miei scarponi, mi inoltro in piano restando sempre molto alto sul fondovalle di cui però comincio ad intravedere il saltellante torrente, superato un moderno casello la mulattiera comincia a salire in maniera estremamente dolce. La mulattiera si rivela larga, è evidente la sua scarsa frequentazione però non noto segni evidenti di degrado, il fondovalle si avvicina sempre più, ecco che muri a secco di contenimento e di sostegno permettono alla mulattiera di allargarsi in maniera sorprendente disegnando uno slargo, dove un'apertura nel muro a monte ha tutta l'aria di essere ciò che resta di una vecchia calchera, davanti a me si adagia l'antico ponte romanico che scavalca il torrente, in questo punto ricco di cascatelle: è arrivato il momento di salire a Cespedosio e la mulattiera lo fa con gran decisione, il primo tratto è un po' rovinato e disagevole per un paio di alberi caduti sul tracciato, prendo a destra ad un bivio appena sopra e la presenza di muri a secco diventa una costante, ecco riemergere con vigore l'anima selciata della mulattiera, la larghezza e l'andamento mi fanno capire quale fosse l'importanza di questo tracciato ai tempi nemmeno tanto lontani in cui costituiva la via principale e diretta di collegamento tra Camerata e Cespedosio, penso a quante storie umili e di fatica hanno percorso questa mulattiera, coi miei passi rispettosi sento di rendere omaggio a quel mondo passato, spinto nell'oblio da più comodi tracciati asfaltati. Asfalto che aggancio poco dopo, sono sulla strada che sale dalle cave, non mi resta che seguirla nel suo cammino verso la vicina Cespedosio: affacciata sull'inseparabile accoppiata di Cancervo e Venturosa, la frazione più elevata di Camerata mi accoglie con la sua consueta indole tranquilla, dietro la chiesa di San Domenico mi avvio su una scorciatoia che sfiora l'orrenda centrale solare e restando sul margine destro dei bei pascoli di Prà del Monte oltrepasso la baita senza tetto che precede il vicinissimo ripetitore. Eccomi arrivato, il traliccio segna la Cima Coppi della mia escursione, mi scateno con le foto panoramiche: come di consueto la fotocamera mi sommerge di frasi impronunciabili quando scendo sul terrazzino roccioso paurosamente a sbalzo sull'impervio versante nord, a sorpresa lo trovo adornato da bellissimi ciuffi di Primule Orecchia d'Orso. Sotto di me un salto di oltre cento metri, sopra di me nuvole un po' troppo scure cominciano ad addensarsi: abbandono quel delicato terrazzino, è arrivato il momento di incamminarsi verso valle, la strada è ancora parecchio lunga: seguo fedelmente la stradetta fino a sbucare su quella asfaltata per Brembella e la seguo nel suo circumnavigare tutta la testata della Val Secca, oltrepasso l'inizio dei sentieri per il Grialeggio e aggirato il costolone mi porto fino all'inizio del Canalino dei Sassi. Abbandono la stradina, scendo alle sottostanti baite Piazzo e restando al margine destro del prato ne raggiungo il limite inferiore, ritrovandomi appena sopra la chiesetta di San Giacomo, che in breve raggiungo: è la prima volta che mi ritrovo al suo cospetto, vado così con un po' di vergogna a colmare una lacuna durata decenni, pensando alle centinaia di volte che l'ho sfiorata in macchina..!! Ammiro le sue linee semplici ed eleganti, caratteristiche che ritrovo nel bellissimo roccolo che adorna il poggio alle sue spalle: per sentierino nell'erba alta scendo a Brembella e mi avvio sulla stradella asfaltata per Camerata, seguendola fedelmente fino al tornante dove a destra si stacca la deviazione per Bretto. Proprio sotto il tornante prende avvio una mulattiera che con un paio di tornantini si abbassa nel bosco, poi gira a sinistra e raggiunge la voluminosa tribulina di Voltola, la cui vista accende un flash nei miei ricordi: è la mulattiera della mia infanzia, tralascio quella che sale alle spalle della santella e scendo il bel tracciato lastricato che dopo un'abbondante decina di minuti mi deposita sul sagrato della chiesa. E' un'escursione che termina, mi ha fatto scoprire la via più antica per salire a Cespedosio, eppure per me nuova: è un cerchio di quarant'anni che si chiude, mi ha fatto riscoprire un bimbetto di 7 anni, con infinita tenerezza lo osservo muovere piccoli passi mentre sale un'antica mulattiera...

CAMERATA - BRUGA - CESPEDOSIO - FOTOGALLERY
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ZUC DE VALMANA

Mercoledì 23 Aprile 2014.

Da qualche giorno nelle mie mani gironzola la carta dei sentieri che tratta l'Alta Valle Imagna e Resegone, ho voglia di percorrere la Costa del Palio e la cartina riporta un viavai di sentieri che stuzzica parecchio la mia curiosità: nei miei occhi prende corpo un itinerario che muove il primo passo dal piazzale della chiesa di Fuipiano, raggiungo la prima casa del paese e infilato un portico prendo una stradina in discesa che poi si spiana verso destra raggiungendo una fontana lavatoio dove su un albero poco più avanti trovo l'indicazione per Arnosto. Il vecchio tracciato si muove tra ampi prati segnalato da grossi paletti di legno con la testa rossa e mi porta ad un'inaspettata valletta boscosa, la supero e risalito un prato mi ritrovo su una stradina di abitazioni recenti che in un attimo lasciano il posto alla splendida Arnosto: la decisione di recuperare l'antico borgo per farne sede comunale è stata la sua salvezza, Arnosto rischiava di fare la stessa fine di altri borghi perduti e invece ora lo possiamo ammirare in tutto il suo splendore, mi aggiro con silenziosa curiosità tra queste antichissime case baciate da una mattinata di primavera luminosissima. Le previsoni parlano però di nubi e temporali in agguato, quindi sfilo via a malincuore e oltrepassato il borgo seguo l'evidente mulattiera a destra di altri caseggiati, che scorrendo tra muretti a secco si dirige verso la non lontana e sovrastante Valzanega, compaiono nuovi cartelli escursionistici e seguo le indicazioni per Brumano, una valletta secca sulla destra mi permette di salire alla strada comunale che seguo brevemente per toccare le case della frazione: ora trovo proprio le indicazioni che cercavo, quelle per Piazza e la Costa del Palio, riprendo la mulattiera e sfiorata una santella la sfilo sulla destra per arrivare a mezzacosta ad un ponticello disastrato, raggiunto anche da un sentiero che si stacca dalla strada per Brumano che scorre appena lì sotto. Attraversata una sterrata mi ritrovo davanti una santella azzurrissima con una Madonna degli Angeli, punto cardinale della mia escursione in quanto ora apro un anello che mi vedrà salire a destra verso Piazza e tornare da sinistra attraverso la Costa del Palio: ci dovrebbe essere un sentiero che porta a Piazza, ma io faccio una gran fatica a trovarlo e la mia relazione a questo punto diventa forzatamente traballante poichè il sentiero praticamente non esiste. Io punto le vicine stalle appena lì sopra, poi prendo una traccia a destra che sorvola Capione, tenendo il filo tra prato e bosco e parecchio a naso con traversone sempre a destra arrivo infine ad una bella baita dopo averne sfilate altre disastrate, poi mi intrufolo nel recinto di un capanno per salire in maniera spartana verso una baita ristrutturata dove aggancio la sterrata che mi porta a Piazza: chi non ha scarponi avvezzi a uscire da sentieri ben tracciati e bollati per lanciarsi all'avventura lasci perdere. Piazza è caratterizzata da un grande pascolo alle spalle del nucleo, io salgo fino alla baita posta al culmine rimanendo all'esterno del recinto di muri a secco che lo delimita, nei pressi dello stagno salgo un'evanescente traccia a destra che diventata sentiero si alza debolmente ad attraversare un macereto, mi avvicino al bosco che mostra un'evidente corridoio: ecco che trovo un bivio, prendo il sentiero di destra e mi infilo in una pineta talmente scura che sembra addiridduta si spenga la luce, un tratto veramente molto suggestivo baciato oltretutto da una pendenza alquanto dolce e rilassante. Fuoriesco all'improvviso in prati e giro quasi subito a destra, bastano pochi passi e scorgo in alto la baita con stagno presso cui transita la sterrata proveniente da Piazza, il sentiero diventa semi introvabile ma ormai posso tranquillamente proseguire a naso senza problemi. Agganciata la baita non mi resta che portarmi a quella Cucco, da qui allo Zuc de Valmana il passo è veramente breve: olè, è stato un itinerario un po' avventuroso ma anche oggi sono in vetta..!! Lei cerca di ripagarmi coi suoi bei panorami ma il meteo ha intenzioni bellicose per cui non sosto troppo a lungo, mi incammino sul sentiero 571 per raggiungere il Passo del Palio: decido subito però di non giurargli fedeltà eterna e così resto incollato al crinale per godermi una dopo l'altra ogni singola gobba che lo Zuc de Valmana manda verso il Resegone, nome e cognome la identificano come Costa del Palio e trovo bellissimo percorrerla in questo senso, in quanto mi ritrovo a percorrere in discesa i pendii più ripidi, una splendida cavalcata sul filo dei 1400 metri di quota che forse per facilità e dolcezza del paesaggio naturale non ha uguali sulle orobie. Purtroppo nuvoloni neri si impadroniscono di quasi tutto l'orizzonte, al Passo del Palio tiro giù dritto nel prato e quando entro nella pineta un primo tuono fende l'aria, ma non accelero il passo, un paio di tornanti in discesa poi il sentiero si spiana in un affascinante percorso a mezzacosta pianeggiante, dopo un bel po' tutto si trasforma in una bellissima sterrata verde: evito deviazioni in salita e discesa, resto incollato a questo tratturo che si rivela una gran bella passeggiata, fino a che in corrispondenza di un tornante lo abbandono per seguire una pista che tira dritta e termina ad una vicina baita ristrutturata. La oltrepasso e per sentiero mi abbasso verso un prato con fontana, appena oltre ecco la tribulina già toccata il mattino, l'anello è chiuso e seguendo lo stesso percorso dell'andata torno a Brumano, ormai afflitta da un temporale imminente, ma un paio di scatti tranquilli Arnosto me li strappa ancora, poi ingrano al quarta: arrivo alla macchina, tolgo gli scarponi, mi gusto 10 minuti di fulmini e saette appoggiato al cofano, poi Giove scioglie le nuvole in goccioloni serrati. La cartina topografica già riposa all'asciutto e al calduccio, oggi l'ho fatta lavorare molto e se lo merita: mi ha fatto scoprire angoli e sentieri nuovi, nel suo sonno risuona il mio grazie.

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IL FRIZZANTE SENTIERO 588 DELLA CORNA CAMOZZERA

Giovedì 10 aprile 2014

Escursione già trattata, ma che voglio aggiornare con una relazione fotografica e descrittiva più accurata. E' da tempo che non percorro questo sentiero, nei miei ricordi aveva lasciato un'imput frizzante e nervoso: voglio rinfrescare quelle mie lontane impressioni, eccomi quindi raggiungere il Laghetto del Pertus, affollato per l'occasione di mille Bufo Bufo gracidanti. Il sentiero mi accompagna tra Pertusino ed ex convento fino all'ardito ponticello sul Passo del Pertus, appena sopra comincia la cavalcata del sentiero CAI 588: una faticosa risalita tra boschetti di noccioli porta alla panoramica Croce del Monte Ocone, fin qui la camminata è stata assolutamente normale, ma ora la musica cambia e diventa una sinfonia scoppiettante, eseguibile solo da escursionisti esperti con ascendente camoscio, d'altronde il nome stesso della Camozzera lo richiama espressamente. Il sentiero scende per qualche metro in direzione ovest, verso i laghi brianzoli, all'altezza di un faggio il sentiero piega a nord ed entra nel bosco, abbassandosi con molta decisione: il terreno si fa scivoloso, metto sotto pressione i bastoncini, senza disdegnare l'appoggio delle mani. Un traverso pianeggiante permette di riagganciare la dorsale, oltrepasso due caselli crollati e un cartello giallo indicante deviazioni per Erve: con andamento variegato e molto mosso arrivo al cospetto di una parete rocciosa che ospita una variante difficile, io invece prendo a sinistra abbassandomi per qualche metro nel bosco sul terreno molto scivoloso e ripido del versante lecchese, poi tagliando i pendii con nervosi saliscendi che richiedono attenzione raggiungo un breve ma erto canalino di terra. Scollino in una ripida valletta erbosa, la pendenza non manca di certo: mi sposto sul lato a sinistra, il sentiero si alza con intelligente andamento sfiorando roccette o risalendole a mo' di gradinata, giungo così con bel percorso in vetta alla seconda elevazione dell'Ocone. Dapprima mi accoglie una pacifica dorsale erbosa, ma appena superato un successivo e vicinissimo dosso la sinfonia intona le note più complicate: la cresta si assottiglia e diventa più aspra, la supero saltellando tra le roccette, prologo del tratto più frizzante ( e impegnativo...) della bellissima traversata. Mi affaccio su un diedro, piccolo labirinto di roccioni che si scendono con l'ausilio delle mani: si perdono all'incirca 10 -15 metri di dislivello, il sentierino scende con andamento quasi rettilineo tra questi grossi sassoloni e porta ad un crepaccio profondo qualche metro e largo uno, lo si deve superare con un saltello. E' il tratto da camosci, il più divertente dell'escursione, preferibile essere attrezzati con gambe lunghe: nulla di troppo difficile, bollatura ottima e ben evidente. Riagganciata la dorsale con leggero saliscendi si arriva ad un ultimo bivio con cartello giallo ( a sinistra discesa per Erve...), tirando invece dritto comincia lo strappo che conduce sulla Corna Camozzera: l'indole del sentiero è sempre simpaticamente agitata e mi porta ad un primo scenografico colletto cui ne segue un secondo, poi arriva la breve rampa finale e qui attenzione, la Corna Camozzera sta per giocare uno scherzetto. Il sentiero sfila via a poche decine di metri dalla vetta senza toccarla, perciò in ultimo abbandono il sentiero prima che cominci ad abbassarsi, mi alzo a sinistra e per tracce poco evidenti con quattro passi raggiungo la cima: un omino mi aspetta, l'ultima volta non c'era nulla e sono sinceramente felice che questa vetta così panoramica abbia una piccola sentinella a presidiarla, se lo merita ampiamente..!! Davvero spettacolari i panorami, non me li ricordavo così belli..!! Riprendo il sentiero che sfila appena sotto la vetta, con pendenza molto dolce comincia a cavalcare in leggera discesa la dorsale nord, ma la sua indole rimane sempre costantemente frizzante: davvero un gran bel percorso, vario e poco addomesticato, mai monotono o banale, che richiede sempre una buona dose di attenzione a dove si poggiano i piedi. La discesa continua con andamento non sempre intuitivo, si entra nel bosco e ci si sposta leggermente sul versante valdimagnino, fare attenzione ai numerosi e ottimi bolli, si sfiora una curiosa cittadella di sassi celati nel bosco, poi la Camozzera fa un regalo meraviglioso: una bellissima valletta sospesa tra roccioni, un suggestivo corridoio che scende letteralmente intagliato nella roccia, forse il passaggio più bello di tutta l'escursione, davvero molto suggestivo..!! Ancora un po' di discesa, poi tutto sembra spianarsi nel bosco, ma la Camozzera ha in serbo un'ultima sorpresa: ecco che il sentiero va ad infilarsi tra la spaccatura che separa due roccioni, un modestissimo e facile colletto di pochi passi, poi comincia la discesa definitiva verso la Passata, che già si intravede poco sotto. Oltrepasso l'ex roccolo, eccomi al valico, il sentiero 588 finisce qui: davvero bellissimo..!! Mi abbasso pochissimi metri verso la Valle Imagna, trovo subito le indicazioni per il Pertus, sentiero 571: una bellissima e pianeggiante mulattiera si inoltra nel bosco, quanto di meglio si possa desiderare dopo le graditissime tribolazioni del sentiero 588, dopo una decina di minuti una bella radura annuncia l'arrivo nel defilato angolino di Prà Martì, curato balcone aperto sull'intera Valle Imagna. La mulattiera prosegue sostanzialmente pianeggiante fino ad una tribulina, il sentiero finora tranquillo cambia pelle, con una specie di montagne russe si infila sugli a volte scoscesi pendii di Camozzera e Ocone: canalini e vallette assecondano ogni curva delle due montagne, strappetti faticosi mettono in evidenza il caratterino nervoso di questo sentiero che sulla carta sembrerebbe pianeggiante, da sottolineare che in alcuni punti il sentierino attraversa senza preavviso tratti molto scoscesi, attenzione in caso di terreno scivoloso. Un'ultima curva e le montagne russe di colpo svaniscono, sono al Passo del Pertus, non mi resta che ripercorrere fedelmente il sentiero verso il laghetto, cui rivolgo il mio ultimo saluto. La piccola Valle Imagna non può vantare cime elevate, ma proprio al cospetto di sua altezza Resegone ecco snodarsi un itinerario di insospettabile bellezza: valle dolce e rilassante, capace però nel suo lembo più occidentale di proporre un itinerario di categoria superiore.

IL FRIZZANTE SENTIERO 588 DELLA CORNA CAMOZZERA - FOTOGALLERY
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OLMO AL BREMBO - STRADA DI CUGNO - DISNER

Venerdì 28 Marzo 2014.
Insolita escursione in quel di Olmo al Brembo, punto di partenza per andare alla scoperta del sentiero che collega la propria contrada Cugno di Sotto con la corrispettiva Cugno di Sopra, posta invece in comune di Santa Brigida: percorso di antica importanza dotato di nuova e ottima segnaletica, un piccolo viaggetto che mi ha offerto scorci sorprendenti fin da subito. Quando affronto percorsi a me nuovi con partenza da un centro abitato tralascio qualsiasi fretta, nessuna partenza a razzo per battere record: la mia indole preferisce assaporare la storia dei luoghi che mi accolgono, Olmo e i suoi dintorni hanno sopportato a lungo il mio curioso girovagare per alture e vicoli. Proprio dall'antica Via Portici inizia il mio viaggetto, mi inoltro sulla mulattiera che in breve porta al ponticello e scavalco il torrente Val Mora, girando a sinistra mi alzo qualche metro di quota, la mulattiera con andamento piuttosto ardito mi conduce poi in leggera discesa a Cugno di Sotto, che mi si presenta con uno scorcio suggestivo: pur avendo risalito centinaia di volte la Valle Stabina mai mi ero fermato a visitare questo piccolo pugno di case che a mò di sentinella presidia l'imbocco della valle e devo dire che anche quì tra resti di portici, vicoletti e chiesetta di San Pietro ce n'è abbastanza per solleticare commenti di ammirazione. Un cartello annuncia che sono sulla Strada di Cugno, la cartina escursionistica dei Sentieri di Santa Brigida mi aveva svelato la presenza di tale via di comunicazione, ma ignoravo totalmente fosse così ben segnalata: ecco che torno brevemente sui miei passi, appena fuori la frazioncina un cartello mi indirizza a sinistra, una mulattiera si alza con vigore e dopo qualche minuto sbuco sul bel poggio prativo di Téi, resto sorpreso dalle sue inaspettate vedute panoramiche..!! Insolita e bellissima la visuale sopraelevata verso il gruppo Pegherolo - Monte Secco, scorci interessanti pure sulla valle Stabina, questa escursione mi attizza già: mi sorprende in positivo l'accuratezza delle segnalazioni in loco, i nuovi cartelli presidiano puntualmente ogni bivio fin qui incontrato, grazie a loro vengo guidato al culmine dei prativi: la mulattiera si infila in una pineta e all'improvviso mi ritrovo a salire in un ambiente che trasmette all'istante la sensazione di trovarsi a quote ben più elevate, uno stacco netto davvero suggestivo..!! Arrivo in breve ad un capanno e il sentiero ora sale ad agganciare il crinale, poi si spiana assecondandolo sul lato della Val Mora, il bosco è fitto e le vedute panoramiche pari a zero, ma un roccione isolato sulla cresta attira la mia attenzione, è la Corna di Cugno e decido di provare a salirla per vedere cosa c'è oltre: con cautela mi inerpico sulla vicina cresta non senza qualche difficoltà, sbuco su un terrazzo esposto a sud e lì mi fermo sgranando gli occhi, l'insolita vista sulla sottostante Valle Stabina è molto più bella di quanto potessi immaginare..!! Torno sul sentiero, giocherella col crinale e si porta sul versante della Valtorta, sembra incredibile ma se mi portassero quassù ad occhi chiusi sarei convinto di trovarmi ad almeno 1500 metri di quota e anche più: un bivio mi si para davanti senza indicazioni, ma studiando la cartina verifico che prendere uno o l'altro è indifferente: scelgo di seguire quello a destra in salita e resto incollato al crinale, supero un nuovo capanno e continuando a salire (qui il sentiero si affievolisce un po'...) con un tornante finisco con lo scollinare nuovamente sul versante di Valtorta. Ecco che in falsopiano vado a raggiungere una larga mulattiera ben più evidente (che avrei percorso se avessi seguito la sinistra al bivio prima menzionato...), poco più avanti arrivo a dei grandi terrazzamenti di muri a secco totalmente inghiottiti dal bosco, chiaro segno che questi declivi un tempo erano coltivati: il bosco si apre in corrispondenza di un capanno, aggiro un costolone con baite decrepite e altre ristrutturate, una breve e scurissima pineta annuncia la breve discesa che mi porta a Cugno di Sopra, di cui mi colpisce il bell'affresco della chiesina. Ora il viaggetto diventa asfaltato, oltrepasso Pozzolo e in corrispondenza della Val di Guéi prendo il breve tratto dell'antica mulattiera Via del Ferro, mi deposita ad un tornante della strada per Santa Brigida, che raggiungo in pochi passi: resto affascinato dalle inedite visuali che mi si presentano davanti, luoghi sfiorati tante volte passando in macchina ma mai visitati con calma a piedi, da bravo bipede faccio il mio ingresso a Santa Brigida, contrada Colla, terra dei Frescanti Baschenis. Il Monte Disner mi si staglia davanti già da un bel pezzo e il suo richiamo diventa irrestisistibile, dopo aver visitato la chiesa mi incollo ai segnavia dell'Antica via del Ferro che ora coincidono col Periplo del Disner, passerò dalla località Sacc che tanto mi era andata in simpatia quando l'avevo raggiunta nella mia precedente escursione nevosa Cassiglio - San Giovanni: ecco così che tagliando l'asfalto i bolli mi conducono all'ingresso del cimitero, dall'altra parte della strada un viale alberato mi porta sul retro del Santuario della B.V. Addolorata, sbuco su un ampio e anonimo piazzale sterrato, la presenza di un decrepito edificio abbandonato rende il luogo piuttosto deprimente. Una stradina asfaltata mi fa girare l'angolo della chiesa, appare la modesta facciata, la oltrepasso senza voltarmi per andare a leggere un palo con numerosi cartelli indicatori posto nel prato di fronte, poi mi giro quasi distrattamente...E resto a bocca aperta: il Santuario mi si presenta in tutta la sua bellezza, uno stupendo porticato laterale custodisce magnifici affreschi alquanto antichi, rendo omaggio alla mia immensa ignoranza, pur avendolo sfiorato innumerevoli volte solo ora scopro l'esistenza di questo gioiello assoluto della valle, un regalo inaspettato, che sorpresa..!!! Già contentissimo dei risvolti culturali di questa appagante camminata arriva il momento di abbinarli a quelli più prettamente sportivi, poco più avanti abbandono la stradina per prendere a destra il tratturo che in breve mi deposita a Sacc, ora comincia la salita al Disner, il lungo giro che passa dall'Orotorio di San Giovanni lo conosco già, ecco che nella testa comincia a frullare l'idea di provare a salire proprio da questo versante, dovrebbe esistere un sentiero che percorrendo il crinale est porta a Zapel e di qui in vetta: uno sguardo accurato alla cartina me lo conferma, saluto Sacc e oltrepassato il cancellino presidiato da quadrupedi prendo immediatamente a destra in salita il sentierino bollato che pochi tornanti sopra sfocia su quello ben più ampio sistemato dagli alpini e proveniente dal percorso vita, non mi resta che girare a sinistra e avviarmi verso San Giovanni. Dopo 200 - 300 metri ecco che in corrispondenza di un costolone da aggirare un pino custodisce l'inizio a destra del sentierino che cercavo, si è lasciato trovare con facilità, abbandono la bella mulattiera del periplo e mi avvio sul sentierino, bastano pochi minuti per rendermi conto che di sentierino in realtà non si tratta, a sorpresa spunta il sedime di una vera e propria mulattiera: è chiaramente abbandonata da anni e la scivolosa vegetazione di erba alta ha costantemente riconquistato la sezione di monte, lasciando di fatto percorribile solo un tracciolino affacciato sul ciglio a valle che richiede attenzione e lascia intuire la scarsa frequentazione dello stesso, ma che fosse originariamente una mulattiera è fuori dubbio, osservando bene dall'erba alta spuntano con regolarità sassi posti di traverso per lo scolo delle acque piovane. Mi colpisce l'ampia sezione primitiva della mulattiera e il fatto che si alzi con lunghi e regolari tornanti dalla pendenza alquanto dolce, fatto insolito che la fa somigliare parecchio a quelle antiche mulattiere militari sparse verso i crinali orobici, l'arcano ha la sua spiegazione nella piccola conca di Zapel presso cui il tracciato mi deposita 150 metri di dislivello più sopra: non noto resti di baite e la vegetazione ha da tempo ricolonizzato l'ambiente, ma intuisco che questa era una conca prativa usata per la fienagione, la dolcezza della mulattiera probabilmente serviva per smorzare la fatica di chi doveva portare a valle il prezioso carico. Davanti a me si alza la cuspide che inizialmente credo sia la vetta del Disner, ma la mancanza della croce di vetta mi fa nutrire dubbi a tal proposito, con un traverso raggiungo un colletto presso cui abbandono il tenue sentierino che si inoltra pianeggiante a sinistra, prendo invece a destra le tracce che risalgono di petto l'evidente corridoio erboso sulla ripida dorsale di questo dosso, è un tratto faticoso e richiede attenzione, il cammino diventa decisamente più impegnativo di quanto sia stato finora, arrivo in cima e i dubbi si rivelano fondati: sono sul primo di due dossi appaiati che precedono la vetta, eccolo stagliarsi davanti a me il Disner, stavolta la croce la distinguo chiaramente, sono vicino, manca solo un ultimo strappo. Percorro i due dossi stando più o meno in punta, un ultimo colletto e parto alla conquista della cima: vetta che da questo versante si rivela immediatamente più ostica ed impegnativa rispetto all'opposto versante che sale dall'Oratorio di San Giovanni Battista, mancano davvero pochi metri ma l'ultimo strappo richiede doti da escursionisti esperti abituati a viaggiare a naso su terreni infidi. Nessuna traccia, terreno scosceso che aumenta di pendenza man mano si sale, l'istinto mi spinge a ponderare bene ogni passo che affronto, vengono in soccorso rami e arbusti cui mi attacco senza ritegno, cerco di restare sul crinale, alla mia destra si apre un'erbosa valletta impervia e molto esposta sul versante nord: con estrema attenzione ne traverso verso destra la breve testata puntando delle roccette poste al di là, prendo come punti di riferimento alcuni alberi, questa è una di quelle tipiche situazioni in cui uno in discesa si chiede "Ma da dove diavolo sono salito..??" e io volgio ricordarmelo bene da dove sono salito, un passo falso quì potrebbe costare caro..!! Sinceramente non credevo fosse così impegnativo questo strappetto finale, agganciate le roccette vedo la croce svettare a una decina di metri, la raggiungo affondando solo ora i miei scarponi nella neve residua caduta due giorni fa: l'avessi trovata sullo strappo finale non sarei riuscito a salire, raccomando vivamente a chi non risponde ai requisiti dell'escursionista esperto di fare il giro da San Giovanni..!! Ma il Disner si fa perdonare coi suoi panorami, non fa nulla se le nuvolette mattutine sono nel frattempo diventate nuvoloni poco promettenti, aspetto con pazienza e qualche apertura più decisa mi permette di immortalare scorci suggestivi: davvero bello questo acuminato Disner, meriterebbe sicuramente maggior frequentazione e fama. Me ne vado dopo due ore abbondanti, il primo pezzettino di discesa lo affronto con le orecchie drizzate al massimo, mollo la presa solo da Zapel in giù: tornato sul sentiero del periplo decido di tralasciare Sacc e restando sul tracciato principale vado in poco tempo ad immettermi sulla sterrata proveniente dal percorso vita, qualche minuto di discesa per arrivare al relativo centro servizi, dotato sul retro di una graditissima fontanella dissetante. Una gentile signora mi indica il sottostante sentiero che staccandosi a destra si immette su Prà Bucù, sfioro una baita sorvegliata da starnazzanti oche e in un attimo sono nuovamente al Santuario di Santa Brigida, che mi permette di catturare in una luce migliore immagini dei preziosi affreschi del porticato. Riattraverso Santa Brigida sul percorso seguito il mattino e scendo fino al punto in cui si stacca a sinistra la stradina che porta alle case di Val di Guéi, propio davanti gli edifici ritrovo la Via del Ferro: assume i connotati di un sentierino che dapprima discende una simpatica valletta con ruscelletto, poi si intraversa a lungo quasi pianeggiante su fianchi anche molto scoscesi, dove all'occorrenza compaiono pure barriere protettive: arrivo allo scomparso Prà del Berghem con baita totalmente crollata, il sentiero si spiana, compaiono un Poiàt didattico e numerosi cartelli indicanti le varie specie arboree presenti, non mi dispiace affatto aver scelto questa via per tornare a valle, si sta rivelando anche lei interessante e suggestiva. Ecco una scenografica ansa del torrente, con annesso piccolo angolo pic nic, una baita ben tenuta annuncia l'arrivo al ponticello che mi riporta alla via Portici, il viaggetto scrive la frase The End. Escursione davvero bella, di perfetta lunghezza e dislivello, capace pure di mescolare storia e natura: ringrazio vivamente la carta turistico-escursionistica dei Sentieri di Santa Brigida edita dal comune, tascabile scrigno di innumerevoli e ben dettagliati spunti per gli amanti dello zaino in spalla.

OLMO AL BREMBO - STRADA DI CUGNO - DISNER  - FOTOGALLERY
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COGNE - MERAVIGLIOSA CAPITALE DELLO SCI NORDICO

Domenica 2 Marzo 2014.
Giornata specialissima per me, dopo milioni di miliardi d'anni torno a sciare in Valle d'Aosta: accetto l'invito di mia sorella e mio cognato, si va a fare sci nordico a Cogne. Per fortuna non guido io, ma tre ore e mezza di macchina mettono comunque a dura prova la mia resistenza: quando però arrivo a Cogne qualsiasi disturbo svanisce, 15 centimetri di neve freschissima rendono il paesaggio a dir poco favoloso..!! Non ero mai stato quassù, resto ammutolito dalla bellezza del luogo: davvero meraviglioso, sprizzo felicità incontenibile, non sto più nella pelle dalla contentezza..!! Gli sci fremono, la fotocamera pure: devo fare immensa opera di mediazione tra gli uni che vorrebbero sfrecciare su ogni centimetro quadrato delle bellissime piste e l'altra che pretende continue e prolungate soste per immortalare i panorami. Tra le varie possibilità scegliamo di salire verso Valnontey, valle che da Cogne si inoltra al cospetto del Gran Paradiso: quando esco dal bosco e si apre la vista sul paesello immerso in una larga vallata con il 4000 sullo sfondo...Beh, praticamente scoppiano fuochi d'artificio nella mia testa, botti fragorosi che assaporo nell'intimo del mio animo: dire che sono al settimo cielo non basta, ci vorrebbero l'ottavo e il nono e non basterebbe ancora..!! Che emozione, che meraviglia: a volte su giornali e web si vedono luoghi di una bellezza irreale, e io in questo preciso istante sono immerso in uno di questi luoghi fantastici, stento a crederci ma sono consapevolissimo che è tutto vero..!! Mamma mia che bel posto, non andrei più via..!! Le piste sono di una bellezza sconfinata, gli sci vanno fuori di testa: scivolano con una leggerezza eterea, tanto che faccio una fatica immensa a convincerli che bisogna pur tornare indietro, mi piange il cuore ma dopo la pausa mensa li costringo a fare dietrofront. Torniamo a Cogne che ci si presenta splendidamente illuminata da un tiepidissimo sole, quello che ci vuole per fare un giretto nel paese, quattro passi alla scoperta di una capitale assoluta dello sci nordico: ora che l'ho vista non faccio fatica a capire il perchè di questa meritatissima fama, qui il Paradiso non è solo un nome, è una stupenda realtà..!!

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LINZONE - "DIRETTISSIMA SUD"

Domenica 23 Febbraio 2014.
Quando il Linzone mi ha visto parcheggiare la macchina l'ho sentito borbottare: "Ma te set amò che..?!". Sì, sono ancora quì perchè la cartina nuova fiammante acquistata al Comune di Roncola San Bernardo (costo 2 euro...) ha scatenato in me una curiosità da soddisfare, l'ho salito da tutti i versanti ma questo mi mancava: è mia intenzione andare a fare asciugare le ossa sul sentiero che risale il Monte Piacca, piccola elevazione che il Linzone mette a guardia del Colle d'Albenza, posto sul lungo costolone che dalla vetta scende in perfetta direzione sud. Ecco perciò che all'altezza dell'ultimissimo tornante della provinciale che sale da Almenno giro a sinistra e imbocco Via Cave Quarzo, dopo cinquanta metri stretti e asfaltati parcheggio nello spiazzo di fronte ad un nuovo edificio rosso mattone: mi avvio sulla pacifica e pianeggiante sterrata che da lì in poi si inoltra nel bosco, rimanendo sempre sull'evidente tracciato principale quando arrivo a due bivi poco oltre. L'ampiezza del tracciato tradisce le origini della stessa, venne infatti realizzata per coltivare cave di quarzo e diaspro: dopo una decina di minuti arrivo ad un'area picnic, purtroppo oggetto di vandalismo, ed osservando la conformazione a terrazzamenti della zona mi rendo conto che sono in una cava recuperata, la vegetazione presente è ancora piuttosto giovane ma ha già naturalizzato ottimamente il sito. Continuo sulla comoda sterrata, nessun cartello ne vieta la percorrenza in auto ed invero c'è da dire che il sedime è in buone condizioni: infatti ecco che ad un curvone trovo parcheggiata una comunissima utilitaria, sopra me è adagiato il grande prato di Prabagiocc con relativa baita ristrutturata: con piccola trasgressione lo risalgo per godermi la bella visuale sulla sovrastante costiera della Corna Rocchetta e del Linzone, mentre dirimpetto si disegna il profilo del Monte Piacca, con nell'angolino le baite presso cui dovrei trovare il sentiero che mi porterà sulla cima dello stesso. Tornato sulla sterrata mi imbatto subito in una cabina elettrica da tempo abbandonata e in rovina, che purtoppo qualche incivile ha utilizzato come discarica personale: appena più avanti si materializza l'inquietante rudere di un grande manufatto in cemento sicuramente al servizio delle vecchie cave, forse un silos o una tramoggia. Eccomi ad un bivio, rimango sul tracciato principale che fattosi più sassoso sale ad un vicino ed ampio tornante: è arrivato il momento di abbandonare la sterrata, prendo a sinistra uno stretto tratturo chiuso da una sbarra facilmente aggirabile e in leggerissima discesa arrivo fino al solco di un vallone presso cui la pista finisce. Inizia il sentiero totalmente pianeggiante che in breve mi porterà alle cascine "La Baita", è molto agevole e tra belle e precoci fioriture arrivo ad un cancelletto che si può tranquillamente oltrepassare: si dischiude un bellissimo bosco di rade e maestose betulle, ecco che arrivo ad un nuovo cancellino che però non oltrepasso, sono nei pressi della baita più bassa e guardando la cartina mi accorgo che sono esattamente alla stessa quota di dove ho lasciato la macchina. Ho raggiunto il costolone meridionale del Monte Piacca, adesso inizia la salita vera: 600 metri di dislivello mi separano dal Linzone, una specie di "Direttissima Sud" che vado a percorrere per la prima volta. Giro a destra e appena sopra tengo nuovamente la destra, il sentierino sale a fianco delle baite sovrastanti infilandosi velocemente nel betulleto, che da lontano sembrava bello ma entrandoci scopro essere totalmente invaso dai rovi: impossibile sbagliare direzione in quanto l'unico spazio libero è proprio quello relativo al sentierino, che bello ripido e scivoloso si rivela essere praticamente una linea retta tracciata sulla massima pendenza. Sbuco un paio di volte su sentieri che tagliano trasversalmente il pendio contornandolo con fare pianeggiante, ma io tiro ogni volta dritto sul sentiero in salita, poi con apprezzabile fatica ecco che sbuco in una radura: il bosco ricompare subito ma in maniera più rada, i rovi come d'incanto spariscono quasi totalmente, pochi minuti e sbuco su quello che dal basso mi appariva come un dosso e sorpresa.!! La vetta del Monte Piacca mi svela il suo originale profilo: quello di un lungo crinale pianeggiante dove è disegnato un curioso corridoio erboso, insolito spartiacque a dividere in due il betulleto puro che contraddistingue i due versanti della montagna. Suggestivo questo Monte Piacca, la passeggiata pianeggiante dura circa 200 metri: la vetta culmina con un piccolo rialzo prativo, ecco che all'improvviso si schiude la bellissima vista sul sottostante Colle d'Albenza, col l'altrettanto bel colpo d'occhio sul dirimpettaio Linzone. Sulla destra è adagiata la cascina presso cui dovrei trovare il sentiero che mi sono prefisso di percorrere al ritorno: purtroppo questo bucolico angolino schiude anche la vista sull'immensa cava della Corna Massaia, visione terribile acuita dal fatto che pur essendo domenica sento lo sferragliare meccanico di macchinari in funzione. E' lo scotto da pagare di questo versante del Linzone, che dal Monte Piacca mostra la ferita della cava in tutta la sua enormità, molto più grande di quanto si possa scorgere dalla vetta. E a proposito di vetta eccola quì proprio dritta davanti me, il Linzone sembra vicino ma nel momento in cui scendendo pochi metri arrivo alla bella sella ecco che la cartina sentenzia che mancano esattamente 350 metri di dislivello: mica pochi..!! La salita riprende immediatamente con uno strappo mica male, il sentierino è molto evidente ed entra nuovamente in un breve, bellissimo e luminoso boschetto di betulle: sbucato su un dosso prativo l'ambiente acquista un aspetto più roccioso ma assolutamente facile, tanto che si potrebbe procedere senza difficoltà a naso. Il sentierino invece entra in nuova vegetazione e pian piano mostra inequivocabili aspetti di vera e propria mulattiera che la dice lunga su quanto fosse importante questo tracciato per la vita quotidiana di chi quassù portava bestiame al pascolo o addirittura viveva: infatti il sentiero mi porta dirimpetto le cascine ormai perdute di Cà Bassa che è meglio non avvicinare troppo, su un'architrave di quella crollata leggo la data 1899. Il sentiero ora gira verso destra, una lunga e abbondante lingua di neve me lo inghiotte, decido di salire in linea retta: nessunissima difficoltà, devo solo puntare alla sovrastante cascina Carenini che raggiungo in pochi minuti. Anche lei versa in cattive condizioni, tanto da essere stata recintata: ora non resta altro che portarsi in vetta e decido di farlo girando a sinistra per andare a far visita al vicino e splendido angolino appena sotto la croce, che ospita un paio di belle baite ancora in buona salute. Poi punto dritto la vetta, su cui stanno convergendo parecchie altre persone: tanta bella neve accompagna gli ultimi metri della mia salita, la Direttissima Sud è agli sgoccioli e me la godo lentamente con gran soddisfazione. Sono davvero contento di aver aggiunto questo versante alla mia collezione, pur riconoscendo che altri itinerari sono senza dubbio più accattivanti non esito a dire che anche questa escursione merita sicuramente di essere compiuta: è quindi con gioia che per l'ennesima volta rendo saluto alla croce di vetta, Linzone porta pazienza ma sono ancora quì..!! Oggi è giornata festiva, gente che va e che viene senza sosta, parapendii e deltaplani svolazzano numerosi: io mi perdo come al solito ad ammirare panorami, ma non sosto a lungo come altre volte in quanto soprattutto verso le pianure risultano alquanto sporcati da foschie, dopo mezz'oretta inizio la discesa ripercorrendo fedelmente i miei passi fino al Colle d'Albenza: mi porto alla baita e prendo l'evidente mulattiera che si abbassa per poi entrare nel bosco in corrispondenza di un tornante, lasciando il posto ad una specie di tratturo rinaturalizzato che dopo aver sfiorato un rudere mi porta in una manciata di minuti a sbucare davanti ad una baracca verde, adiacente il tornante di un'ampia sterrata. La seguo brevemente in discesa ed arrivato ad un bivio prendo la sterrata che sale leggermente a sinistra per poi disegnare un lunghissimo traversone pianeggiante: mi rendo conto che sono nei terrazzamenti dell'ex cava di quarzo, anche loro sono stati totalmente rinverditi. La sterrata comincia a scendere a tornanti, ecco che in breve sbuco proprio sopra il grande manufatto in cemento visto all'andata, sono ad un bivio: una sterrata prosegue pianeggiante a sinistra nel bosco, io scendo a destra ed in breve sono al grande tornante dove inizia il tratturo chiuso da sbarra che avevo preso al mattino, non mi resta che la tranquilla passeggiata rilassante fino alla macchina, la raggiungo senza fretta in una ventina di minuti. Ecco quindi finita la mia escursione, sto per entrare in macchina quando sento il Linzone borbottare "Al tè piasìt, set contet..??" Che domande Linzone: tu lo sai che non mi deludi mai, certo che mi è piaciuto..!! Ciao, alla prossima...

LINZONE - "DIRETTISSIMA SUD" - FOTOGALLERY
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CASSIGLIO - ORATORIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Venerdì, 14 Febbraio 2014.
San Valentino ci ha fatto una sorpresina, una spruzzata di neve scesa ad imbiancare ogni cosa dai 500 metri in su: di solito non sperimento nuovi itinerari in inverno e per giunta con neve al suolo, ma oggi qualcosa mi spinge a far visita ad un luogo che da tempo volevo raggiungere, una grotta sopra Cassiglio che nelle mie intenzioni dovrebbe essere la meta finale di quattro passi tranquilli, oggi nessuna velleità di percorsi infiniti e impegantivi. Ecco quindi che a giorno fatto già da un po', dopo una sosta al Santuario della Madonna dei Campelli in quel di Olmo al Brembo devio nella Valle Stabina: ulteriore santuario, quello della Madonna Immacolata schiude la visuale su Cassiglio, è la prima volta che mi fermo nel paesello per scattare foto. Non potrei sperare in scenografia migliore, neve freschissima ad ingentilire ogni visuale, temperatura tutt'altro che rigidissima e che mi consiglia di iniziare l'escursione infilando nello zaino il piccolo ombrellino che ha la propria residenza in una tasca della Pandina: mi avvio sulla piazzetta scalinata in centro al paese e mi ritrovo immediatamente a sorvolarne i tetti, il sentiero si alza senza strappi faticosi e in breve raggiungo i prati con cascine che stanno appena sopra Cassiglio. La mulattiera si sdoppia in prossimità della prima baita, dove provvidenzialmente appare un gentile signore a indicarmi il percorso giusto: mi dice che il sentiero è nascosto dalla neve, ma basta semplicemente risalire il prato fino al culmine ed infilarsi nella pineta, poco sopra sbucherò sul sentiero giusto. Seguo le sue direttive, mi alzo a caso nel pratone venendo investito dall'accecante luce solare: uno sguardo avanti e uno indietro, sfioro una baita sovrastante con adiacente capanno, raggiungo la pineta e la risalgo in linea retta senza nessuna difficoltà arrivando dirimpetto una baita diroccata, alle sue spalle ecco la mulattiera che mi porterà alla grotta. E quì viene quanto mai utile il minuscolo ombrellino, il bosco diluvia abbondantemente, il sole caldo stà sciogliendo la neve di gran carriera, è una doccia incessante e copiosa che gli alberi mi riversano sulla testa: io l'avevo previsto e mi sono debitamente attrezzato, giro a sinistra e in breve raggiungo il cartello che indica la deviazione per la grotta, 50 metri di leggerissima discesa e sono a tu per tu con questa grande cavità che mostra segni inequivocabili di addomesticamento. Muri delimitano un casello che imbriglia acqua, un altro più massiccio mi da l'impressione di essere stato un frugale ricovero ormai abbandonato da molto tempo, dopo una veloce curiosata non faccio fatica a capire il motivo di tale scelta: la Grotta dell'Isòla non presenta roccia solida, la cavità di origine carsica è un agglomerato di ciottoli e sfasciumi che non mi ispirano assolutamente fiducia. Infatti poco dopo ne sento cadere uno dall'alto, faccio velocemente i bagagli: ciao ciao grotta. In tutta sincerità sono un pelino deluso, mi aspettavo qualcosa di meglio, ne conosco di sicuramente più attraenti: decido di tornare alla pineta e proseguire in direzione di Santa Brigida. La mulattiera si snoda praticamente pianeggiante ed è molto comoda, una rilassante passeggiata: sono sulla Via del Ferro, in pochi minuti raggiungo le malconcie Baite Ger. Sto per sfilare oltre quando l'innata curiosità dei miei scarponi li spinge ad infilarsi tra i due edifici: solo allora mi accorgo del bell'affresco sulla parete laterale della prima baita, una Madonna col Bambino, attorniata da San Pietro e Sant'Antonio. Pregevole opera che rispecchia il suo destino nell'affresco della diroccata baita adiacente: un vero peccato che certe preziose testimonianze di devozione popolare vadano perdute in questa mortificante maniera..!! Riprendo la mulattiera, pendenza praticamente uguale a zero o poco più: proseguo ad ombrellino spiegato fino ad una sorgente con vasca abbeveratoio, poco oltre due timidi amici quadrupedi sorvegliano un cancellino che sbarra la strada. Si può passare oltre, un cartello invita a richiuderlo per la presenza di animali, neanche il tempo di incamminarmi e sono subito in località Sacc: una bella Tribulina con annessa fontanella, tavolo picnic e qualche baita. Proseguo il leggera discesa, poche centinaia di metri e sbuco a Santa Brigida, sono nella parte alta del paese: mi limito a guardarla da quassù, torno sui miei passi e raggiungo di nuovo Sacc, devo controllare una cosa sulla bella Carta dei Sentieri di Santa Brigida e il tavolo picnic arriva in soccorso. Quando ero transitato dal cancelletto mi ero accorto di un segnavia che indicava un sentiero di cui vedevo i primi metri innalzarsi nel bosco: non mi sbagliavo, la cartina mi rivela che quel sentierino mi porterebbe su quello sovrastante che conduce alla chiesetta di San Giovanni Battista, in quel di Cusio. L'avevo vista per la prima volta lo scorso anno facendo il periplo del Pizzo di Cusio ed ero restato intenerito dalla bellezza di quell'angolino: è scattato in me il desiderio di provare a raggiungerla per vederne la veste invernale ed innevata. E' arrivata parecchia neve sulle Orobie, quest'anno la si misura letteralmente a metri: quì a Sacc ce n'è poca e si cammina benissimo: ma riuscirò ad arrivare fin là..?? Confido nell'esposizione molto soleggiata dei pendii e nella dolcezza del percorso: proviamo..!! Torno al cancelletto, saluto asinello e cavallo: il sentierino bollato si alza immediatamente a destra e con alcuni lunghi tornanti piuttosto pendenti raggiunge l'ampio tracciato che corre più in alto, mi incammino a sinistra e comincio la lunga traversata che tagliando per intero il versante meridionale del Monte Disner mi consentirà di giungere a San Giovanni. La neve per ora rimane a livelli non esagerati e la pendenza si rivela quanto mai dolce e rilassante, se non erro la mulattiera è stata recentemente rifatta dagli Alpini e camminarci è un vero piacere. Il bosco ha lasciato posto ai pendii più aperti e spelacchiati del Disner, si aprono vedute panoramiche sulla Valtorta, spicca sotto di me il piccolo Laghetto di Cassiglio, posso vedere anche il paesello tagliato a metà dalla linea tra sole e ombra: più procedo e più la neve aumenta, ogni tanto qualche accumulo soffice mi fa sprofondare fino al ginocchio ma riesco ancora a procedere abbastanza speditamente. Non sono partito prestissimo e San Giovanni non era nei programmi, giro in continuazione lunghi costoloni, la strada da percorrere non è corta, anzi: oltrepasso l'ennesima svolta della montagna e appaiono Tre Signori e Pizzo di Cusio, l'esposizione è nel frattempo cambiata, il versante meridionale ha lasciato posto al ben più innevato lato ovest. La neve comincia velocemente a incrementare i numeri: 50, 60, 70, 80 centimetri, aiutata anche dalla vegetazione che si inorgoglisce e diventa nuovamente faggeta. La fatica cresce di pari passo, procedere diventa un lento cammino: immagino di essere una piuma che deve galleggiare, ma ogni passo sprofonda fino al ginocchio, con frequenti sconfinamenti a metà coscia. Consulto nuovamente la cartina, occhio e croce mancherà un chilometro, forse anche meno, ma San Giovanni non appare che solo dopo una bella mezz'ora..!! Non mi aspettavo tutta questa neve: che fatica..!! Però che bello: la chiesetta riposa avvolta in un metro di neve, sono felicissimo di averne scoperto la veste bianca, fatica pura a palate ma ne è valsa proprio la pena..!! E' l'una in punto, l'ora della fame: consumo il mio panino appoggiato al portone della chiesina, l'unico punto che mi consente di stare con le gambe per intero fuori dalla neve, qui ne ho solo 10 centimetri sotto le suole. San Giovanni Battista in perfetta solitudine, angolino suggestivo che mi regala pace a volontà, meta costata parecchia fatica e che corona degnamente una bella escursione, molto più bella di quella che gironzolava nella mia testa alla partenza. Non mi resta che tornare sui miei passi, aggiungendo una pari dose di fatica a quella già fatta all'andata: l'ombrellino ora può riposare appeso allo zaino, il bosco sopra Cassiglio ha smesso di piangermi addosso. Finisco coll'arrivare alla macchina che è ora di merenda, dovevano essere solo quattro passi: non sono per nulla pentito di averli prolungati e moltiplicati senza ritegno, gli scarponi mi strappano la promessa che torneremo a gironzolare in questi angoli poco conosciuti delle Orobie...Non serve rifletterci: promesso.

CASSIGLIO - ORATORIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA - FOTOGALLERY
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INVERNO DI SUPERNEVE OROBICA

Servizio speciale dedicato all'incredibile innevamento che ho potuto ammirare da vicino durante il mio girovagare sciistico: memorie sparse di questo inverno 2013-2014 che finirà sicuramente negli annali e soprattutto nella mia memoria e in quella di tanti appassionati. Fotogrammi catturati sulle piste di Valtorta, Piazzatorre e Roncobello, immagini che ho immortalato nell'arco di tre settimane a cavallo tra gennaio e febbraio. Innevamento in continuo crescendo ( e ancora mancava tutto quello arrivato successivamente ai miei scatti..!! ), scenari inverosimili culminati nell'incredibile versante nord del Menna: io e la fotocamera siamo rimasti imbambolati, la testa vincolata in uno scenario tanto stupefacente da annientare il respiro. Nel cielo erano solo piccoli fiocchi di neve, poi hanno incontrato una montagna: Himalaya a metà Valle Brembana...

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CASTEL REGINA

Lunedì 6 Gennaio 2014.
E' arrivata l'Epifania coi suoi Re Magi, è arrivata la Befana, è arrivata tanta tanta neve sulle vette orobiche: è arrivato il momento di fare quattro passi facili facili, il timore di beccare code chilometriche mi spinge a restare in zona bassa Valle Brembana, il tutto si concretizza nei nomi di Pizzo Cerro e Castel Regina. Giornata per nulla invernale, molto soleggiata il mattino e velata il pomeriggio: scorci di balconi alquanto panoramici. Aggiorno ad un anno di distanza le foto di questa bella escursione: eccezionale la neve presente oltre una certa quota, dal confronto l'innevamento 2014 batte di gran lunga quello di fine 2012.

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