HOMEPAGE - LA TUA FOTO - ESCURSIONI

 

Maurizio
FOTO dI MAURIZIO SCALVINI

(Almè - Bergamo - )

2010 - 2011 - 2012 - 2013 - 2014

da agosto a dicembre 2009

ottobre 2008 - luglio 2009

 
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CESPEDOSIO

Venerdì 27 Dicembre 2013.
Camminata digestiva dopo le libagioni natalizie, ecco che mi incammino sulla facilissima stradetta che sale ai ripetitori sopra Cespedosio, raggiungo il primo: la totale mancanza di neve mi consente di scendere per qualche metro sull'impervio versante a nord del ripetitore, aggrappandomi all'erba asciutta mi porto su un terrazzino alquanto esposto, dove posso ammirare e immortalare il panorama senza il disturbo della vegetazione. La fotocamera suda freddo e mi copre di insulti improponibili, dice che se mi azzardo a portarla di nuovo in un posto del genere mi spedisce al manicomio con solo biglietto di andata: fifona..!! Poi bastano poco più di quattro passi per salire fino al termine della sterrata, raggiungo la bella spianata della Baita Campo col secondo e più grande ripetitore: va bè, disturba un tantino l'atmosfera del luogo ma non ci faccio caso, sono troppo preso ad ammirare la fioccata abbondantissima che ricopre le Orobie. Davvero uno spettacolo: a cominciare dall'attiguo Venturosa per spingere lo sguardo a vette note e meno note. Risultato finale: pochi passi per un'escursione brevissima e tante pause fotografiche...Ma due o tre calorie dovrei essere riuscito a smaltirle.

CESPEDOSIO - FOTOGALLERY
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CORNO ZUCCONE

Lunedì 16 Dicembre 2013.
Il Corno Zuccone, la montagna più bassa della Valtaleggio: da lassù si possono vedere tutte ma proprio tutte le altre sorelle che coronano questa bellissima valle brembana. Salita breve e di poco impegno ( tranne la rampa finale dove serve un pochino più di attenzione...), che decido estemporaneamente di allungare partendo dalla chiesa di San Bartolomeo. Girovagando in cerca di foto mi accorgo di un percorso che da lì conduce a Reggetto, primitiva base di partenza da me scelta: ecco spuntare vedute e angoli molto interessanti, temperature tiepide e panorami incollati su tonalità da mese di ottobre, il bianco è in versione striminzita e relegata solo sulle vette e negli angoli più ombrosi. Questo caldo dicembre ci ha finora regalato giornate favolose, ma la neve è dietro l'angolo: ultimi scampoli di una valle in versione autunnale, nell'attesa di colori innevati.

CORNO ZUCCONE - FOTOGALLERY
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SAN MAURO DI BRUNTINO - CANTO ALTO.

Venerdì, 13 Dicembre 2013.
Arriva Santa Lucia e porta una stupenda giornata, niente di meglio che regalarmi una delle mie escursioni preferite: sempre bello salire al Canto Alto, percorro ancora una volta l'itinerario che prende avvio da San Mauro di Bruntino per percorrere poi tutto il cordone collinare che divide la Valle del Giongo dalla pianura. E' un alternarsi di sterrate e mulattiere con pendenze lunghe, spesso rilassanti e mai cattive, che si danno il cambio tra versanti meridionali assolati e versanti ombrosi rivolti a nord: è il mio sentiero preferito per salire lassù, in quanto mi permette di transitare da quel gioiellino che è "Al Monte", agglomerato rurale in bella posizione panoramica. Panorami che poi mi sono gustato per bene una volta raggiunta la vetta: mitico Càt..!! Giornata iniziata nei colori rossastri del primo sole di San Mauro e finita sempre lì, ad ammirare in silenzio il tramonto degli stessi colori: anche quest'anno Santa Lucia ha saputo farmi un regalo speciale.

SAN MAURO DI BRUNTINO - CANTO ALTO - FOTOGALLERY
SAN MAURO DI BRUNTINO - CANTO ALTO - FOTOGALLERY
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VENTUROSA IN BIANCO E IN SOLITARIA...O QUASI.

Mercoledì 4 Dicembre 2013.
Se le condizioni sono quelle giuste il Venturosa si rivela la montagna ideale da salire con cieli tersi: stavolta non lo accoppio con l'inseparabile Cancervo, non mi fido a percorrere il Canalino dei Sassi, preferisco salire solo il Venturosa dal classico sentiero che parte da Buffalora. L'innevamento è tutt'altro che abbondante, la traccia è ampiamente pestata e devo stare un po' attento alla neve ormai dura e in diversi punti ghiacciata: i ramponcini sono a portata di mano ma riesco comunque a salire e scendere senza utilizzarli. Frequento queste zone fin da bambinetto, ne ho visti i cambiamenti e oggi mi imbatto in una novità che mi rattrista non poco: purtroppo la vecchia e bella mulattiera che saliva al Grialeggio è stata totalmente distrutta da una pista larga circa un metro, che dalla Baita della Vecchia in poi l'ha cancellata completamente. Già da qualche anno il tracciato era stato sostituito da una sterrata nella parte iniziale, da Buffalora fin quasi alla Baita, ora la ruspa ha proseguito il cammino fino al Grialeggio: spariti i vecchi gradini di sassi e quelli di legno, spariti restringimenti e slarghi, ora tutto è stato sostituito da un tratturo dalla larghezza e pendenza costante che mostra anche bruttissime canaline per lo scolo delle acque realizzate con traversine in cemento. Francamente non capisco, quella bella mulattiera non presentava pericoli, nessun punto esposto, si camminava bene e senza problemi: ora invece in discesa ho avuto qualche problema nel controllare i miei passi, i gradini di prima li fermavano, la pista attuale invece tende ad farli accelerare. Il nuovo tratturo si ferma in uno slargo alle spalle del bel Crocifisso del Passo di Grialeggio, spero che non venga fatto proseguire oltre: unica spiegazione che mi do è che magari sia stato realizzato per consentire il taglio dei boschi, altrimenti resta un'operazione scellerata a me incomprensibile. Restano per fortuna i bellissimi panorami del Venturosa, la sua posizione isolata ne fa un balcone di eccellenza: sono rimasto un po' sorpreso dalla mancanza di altri escursionisti, pur essendo il tradizionale mercoledì dei pensionati come unica compagnia ho avuto solo quella di bellissimi camosci incontrati sia nel bosco che sui pascoli sommitali.

VENTUROSA IN BIANCO E IN SOLITARIA...O QUASI - FOTOGALLERY
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PUT CHE BALA - MONTE UBIONE

Martedì 26 9mbre 2013.
E' la più piccola montagna della Valle Brembana, prima sentinella che si erge dalla pianura per dividerla dalla Valle Imagna: il Monte Ubione ha avuto un ruolo importante, da lassù si controlla l'imbocco delle due valli, anticamente vi sorgeva un castello. Il mio viaggio inizia ai suoi piedi, la zona del "Put che bala" abbonda di testimonianze dell'importanza di questi luoghi, la suggestiva passerella è l'inizio della mia passeggiata verso la vetta, che ha avuto una sorprendente ed inattesa guida: un nuovo amico pacifico e all'apparenza sornione che però non ne ha voluto sapere di deviare su sentieri più tranquilli, ha scelto quello più ripido, facendomi ricredere sulla sua resistenza e agilità. Anzi, quando le pendenze si sono fatte toste non ha mancato di chiarire che poteva tirarmi il collo in qualsiasi momento: un discreto e splendido compagno di viaggio che ha reso speciale l'escursione, paziente nell'aspettare che la fotocamera finisse di immortalare panorami, ombra fedele appena mi spostavo per curiosare tra Bivacco e altri angoli di vetta. Oggi l'Ubione mi ha fatto un dono speciale, mi ha regalato il mitico Giove: grazie mille..!!

PUT CHE BALA - MONTE UBIONE - FOTOGALLERY
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PIANI DI ARTAVAGGIO...CON SORPRESINA FINALE.

25 novembre 2013.
Quattro passi senza pretese in quel di Artavaggio, salendo dalla battuta strada del Bonetto, la giornata era splendida e ancora piuttosto tiepidina: complice l'esposizione a sud della conca i piani mi si sono presentati meno innevati di quello che mi aspettavo, a dispetto di quello che potrebbe apparire dalle foto. Neve parecchio lavorata dal vento, una spanna in generale con cumuli alti sui dossi, sicuramente più innevata la sovrastante zona del Sodadura, che però ho ammirato solo dal basso. Sempre molto ariosa questa conca, che di fianco ad un brutto ecomostro può però vantare quella che per me è la più bella chiesina alpina delle Orobie, una vera e propria Cappella Sistina d'alta quota. Bella e appagante passeggiata che ha avuto un finale imprevisto e fortunato: proprio ad un passo dalla macchina un rumoretto nel bosco mi ha fatto alzare gli occhi, facendomi vivere un incontro ravvicinato del terzo tipo con teneri e simpatici abitanti indigeni.

PIANI DI ARTAVAGGIO...CON SORPRESINA FINALE- FOTOGALLERY
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SANTA MARIA DEL LAVELLO E CASTELLO DELL'INNOMINATO

Domenica 24 9mbre 2013.
Domenica in famiglia, passeggiata pomeridiana aggregato a sorelle in vena di mercatini: sbrigata la pratica ecco che mi ritrovo ad ammirare l'antica chiesa di Santa Maria del Lavello, in quel di Calolziocorte, quindi veloce incursione fuori programma al vicino complesso di San Gerolamo. Località che non avevo mai visitato in precedenza. Proprio quest'ultimo luogo mi ha sorpreso per la sua bellezza, culminata con la salita al Castello dell'Innominato: davvero un luogo suggestivo e dal bel panorama, pur non essendo attrezzato a dovere ho cercato nel poco tempo a disposizione di catturare qualche immagine di questi posti che sicuramente tornerò a visitare.

SANTA MARIA DEL LAVELLO E CASTELLO DELL'INNOMINATO - FOTOGALLERY
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CROCE DEL RONCO

Venerdì 22 9mbre 2013.
Wow, è arrivata la neve vera..!! Poche ore a disposizione, impegni mattutini mi impediscono di salire presto, quando poggio piede in quel di Alino il campanile scocca le 11.30: la voglia di pestare la neve è fortissima ma non voglio affrontare sentieri e mulattiere, scelgo la corta e tranquillissima salita alla Croce del Ronco - Molinasco, praticamente tutta stradina facile e senza pericoli. Quello che un paio di scarponi in buona forma divorerebbero in un'oretta scarsa si prolunga in continue soste per ammirare lo splendore di luoghi a cui la neve regala un'atmosfera d'altri tempi: Cà Boffelli e Vettarola sono immerse in un silenzio ovattato e bianco, un signore con accetta incontrato a metà salita si era spinto fin quassù per togliere rami dalla strada senza andare oltre, i miei passi sono i primi che si incamminano da Cà Boffelli verso il Ronco. Devo così "tracciare" il cammino, che sbanda continuamente alla ricerca di visuali particolari: 30 centimetri mi accolgono alla bella Baita Alpini, ma salendo alla Croce del Ronco le deviazioni mi portano qua e là a sprofondare fin quasi al ginocchio. E' la prima volta che tocco la vetta con neve freschissima al suolo e sugli alberi, sono le 13 e lo spettacolo è bellissimo: davvero una scelta azzeccata salire quassù, poca fatica ripagata dalla vista impagabile sulla conca di San Giovanni Bianco e non solo. La Croce del Ronco si conferma alla grande un'ottima meta per quando nevica forte, molto spesso piccolo fa rima con bello.

CROCE DEL RONCO - FOTOGALLERY
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ZUC DI VALBONA - PIAZZOLI E L'AUTUNNO DEI SUOI LARICI

Lunedì 11 9mbre 2013.
Volevo fortemente rivedere la bella conca di Piazzoli, dopo lo splendido spettacolo primaverile dei suoi ciliegi in fiore mi chiedevo se anche l'inusuale boschetto di larici che delimita i pascoli fosse in grado di farmi rivivere le stesse emozioni: sapevo che per i faggi fiammeggianti ormai era troppo tardi, ma per betulle e larici forse non tutto era perduto. Ero molto curioso di scoprire i colori autunnali di questo magnifico angolo della Valle Taleggio, avevo però il timore che la conca, essendo rivolta a nord, potesse essere già andata in ombra definitiva, come succede per altri bei posti nel periodo invernale: quando sono arrivato lassù la conca era tagliata a metà dalle ombre, ecco così che al mattino mi sono messo a girovagare nel sole che illuminava la parte più occidentale dei pascoli, poi credendo che lo spettacolo fosse finito ho raggiunto il Passo del Grassello e girando a destra sono salito allo Zuc di Valbona per godere dei suoi bellissimi panorami, resi ancora più straordinari dalle raffiche fortissime di favonio che ripulivano i cieli, impossibile però resistere in vetta a lungo. Vento che devo infinitamente ringraziare in quanto mi ha forzatamente spinto ad abbandonare la vetta abbastanza presto, sono così ridisceso a Piazzoli e quando sono uscito dal bosco mi sono bloccato all'istante: la conca era ancora illuminata nella parte più orientale e spiccavano bellissimi i larici con unicamente le punte irradiate dal sole, mentre la base era già preda delle ombre lunghissime, una luce stupenda e radente che solo in parte sono riuscito a catturare nelle foto. Che spettacolo, non me l'aspettavo, mi sono messo a correre come un pazzo da una parte all'altra per scattare foto: tempo una venquindicina di minuti e tutto è finito, fossi rimasto in vetta più a lungo mi sarei perso questo momento meraviglioso senza sospettare nulla. Bellissima camminata che permette di conoscere un angolo solitario, pur essendo ottimamente bollata difficile vedere escursionisti da queste parti, molto più facile imbattersi in camosci e caprioli: Piazzoli è davvero un piccolo angolo di paradiso, ultimo lembo defilato di una bella Valtaleggio arrivata al suo confine.

ZUC DI VALBONA - PIAZZOLI E L'AUTUNNO DEI SUOI LARICI - FOTOGALLERY
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MONTE DISNER, BIS D'AUTUNNO

Giovedì 7 9mbre 2013.
Mi sono incamminato alla volta del Monte Disner per regalarmi il bis della bella escursione che la scorsa primavera mi aveva fatto scoprire casualmente la bellezza di questa piccola e grandiosa vedetta brembana: mi ero ripromesso di venire a vedere i suoi panorami autunnali e sono riuscito a tornare lassù, accompagnato da mio cognato a cui avevo più volte decantato la bellezza dei panorami che tanto mi avevano colpito. Centro pieno, giornata migliore non potevamo aspettarcela..!! Nessuna traccia delle foschie che avevano intorbidito le vedute in occasione della mia visita precedente, panorami limpidissimi ci hanno mostrato quanto di meglio il Disner è capace di offrire. In realtà avremmo voluto salire lassù qualche settimana fa ma io non ho potuto, purtroppo abbiamo mancato lo spettacolo dei faggi nel pieno del loro splendore autunnale: fa niente, io e mio cognato non ci pensiamo neanche lontanamente a lamentarci, con una giornata del genere faremmo davvero peccato mortale. Bellissima escursione: il Disner sa farsi apprezzare alla grande..!!

MONTE DISNER, BIS D'AUTUNNO  - FOTOGALLERY
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MONTE COLLE - PIZZO BADILE

Martedì 5 9mbre 2013.
A volte si torna sul luogo del delitto, ma qui il delitto è non venire a vedere i meravigliosi panorami che l'accoppiata Monte Colle - Pizzo Badile sono in grado di offrire..!! Itinerario dell'escursione e scenari già descritti in precedenza, ma di fronte a certi spettacoli nessuna foto viene scattata invano, per questo torno sull'argomento: evito qualsiasi descrizione tecnica, lascio parlare solo le immagini, davvero troppo sporcare la bellezza di certi luoghi con inutili parole. Una sola finale: meraviglioso..!!

MONTE COLLE - PIZZO BADILE - FOTOGALLERY
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L'OTTOBRATA DEL RIFUGIO BENIGNI

Sabato 26 8bre 2013.
Che bello riassaporare l'aria dei 2000 metri, addirittura calda nonostante sia la fine di Ottobre: festeggio l'avvenimento godendomi la sempre affascinante zona del Rifugio Benigni, che raggiungo utilizzando la "Stambeccovia" che sale direttamente dal Passo di Salmurano. Itinerario poco frequentato che decido di percorrere per restare in pieno sole ed evitare l'ombra e gli scroscianti saltelli d'acqua del famoso Canalino: rimpiango la sua veste originale, vent'anni fa le difficoltà di questo selvatico canale respingevano parecchi escursionisti, oggi è stato talmente addomesticato che compaiono anche molti gradini con sassi cementati, là dove bisognava obbligatoriamente riporre i bastoncini e salire costantemente aggrappati alla roccia oggi si sale senza nemmeno più il bisogno di toccarla, basta un minimo di senso di equilibrio. Il "Mitico Canalino" non esiste più, peccato. Per fortuna il bellissimo altopiano del rifugio mi fa dimenticare in fretta qualsiasi nostalgia, il Lago Piazzotti e i panorami dalla Cima di Valpianella sono un bel Tiramisù: come restare indifferenti a certi colori e vedute..?? Io mi arrendo subito... So che questo è il mio commiato per il 2013, ho la sensazione che le chiazze di neve presenti non resteranno isolotti staccati a lungo: l'aria è calda ma l'inverno è in silenzioso viaggio, raggiungerà queste alture. Ti auguro buon riposo Benigni, che il freddo abbraccio dell'inverno ti sia amico: goditi queste ultime sbuffate calde, sogni d'oro...

L'OTTOBRATA DEL RIFUGIO BENIGNI- FOTOGALLERY
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PRIMA NEVE A CESPEDOSIO

Venerdì 11 8bre 2013.
Doveva essere un'uscita a funghi con cielo nuvoloso, forse ancora qualche ritardatario rovescio di leggera pioggerellina: le previsioni mi avevano suggerito di portare l'ombrello, ma non pensavo sarebbe servito a proteggermi dalla neve..!! Quando a metà valle mi sono accorto che le alture sopra San Giovanni Bianco erano bianche ho strabuzzato gli occhi: mamma mia com'era scesa in basso..!! Già a Pianca la neve fioccava bellissima, un anticipo di vero inverno che mi ha sorpreso, salire verso Cespedosio si è rivelato alquanto difficoltoso: la sede stradale era uno slalom tra alberi che piegavano i rami fino a terra, ad un certo punto ho dovuto proseguire a piedi sulla strada ancora immacolata. Per fortuna mi ero portato la macchina fotografica, ho fatto lavorare lei invece che il cestino per funghi, d'altronde impossibile cercarli nei 20 centimetri di neve che coprivano i prati: bellissimo lo stesso, anche perchè alla fine la costanza è stata premiata, al riparo di una betulla c'era ad aspattarmi l'ultimo funghetto della stagione. Sono abbastanza navigato, mai però mi era successo di vedere così tanta neve a bassa quota a metà 8bre: situazione anomala che meritava di essere descritta, lascio perciò parlare foto e didascalie.

PRIMA NEVE A CESPEDOSIO - FOTOGALLERY
PRIMA NEVE A CESPEDOSIO - FOTOGALLERY
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DIAVOLINO E DIAVOLO, CON MAGICA NOTTE AL CALVI

Martedì 24 7mbre 2013.
Ogni escursione ha una sua genesi, esattamente 15 giorni fa sul Cabianca nella mia mente nasceva un'idea mezza pazza: più guardavo i Diavoli e più il progetto prendeva corpo, l'avventura ha quindi avuto felice compimento nella scenografia stupenda della Conca del Calvi, baciata da una giornata straordinaria e senza l'ombra di una nuvola. Sono andato lassù per il Diavolino, fratellino minore di sua maestà il Diavolo: volevo ripetere la traversata che li accomuna e che cela un impegnativo itinerario riservato a persone con anime da stambecco, dote indispensabile per affrontare le creste e soprattutto la delicata discesa del versante nord di questo "piccolo" scoglio. Partito come al solito prestissimo, me la sono poi potuta prendere molto comoda e senza fretta, ad attendermi infatti c'era una nottata da passare nel bivacco invernale del Calvi: la mia mezza pazzia è stata proprio questa, istigato anche dal fatto che ero sicurissimo di trovare una di quelle memorabili giornate di sole caldo e cieli tersi che solo l'autunno sa regalare. La prima bella emozione l'ho provata quando mi sono imbattuto per caso nelle incisioni rupestri della Valle Camisana, scoperte solo da pochi anni: le avevo sfiorate parecchie volte senza saperlo, ammirare questi graffiti naif è stato interessante e suggestivo. Altro momento topico la sempre tosta salita in cresta del Diavolino con successiva traversata dove la concentrazione deve essere spinta ai massimi livelli, stavolta ho avuto qualche grattacapo nel districarmi sul versante nord del fratellino minore, ma alla fine in cima al Diavolone ci sono arrivato: a mezzogiorno in punto, una cosa totalmente inedita per me, mai mi era capitato di essere in vetta a quell'ora, lo spettacolo chi mi è stato offerto è uno di quelli che non si dimenticheranno mai, panorami infiniti coccolati da una giornata a dir poco strepitosa..!! Mi sono fermato in vetta due ore intere, nella successiva discesa una nuova violenta emozione è sgorgata quando poco sotto il Podavit mi sono ritrovato piccino piccino al cospetto dei Diavoli, che nella calda luce del pomeriggio si stagliavano statuari dentro un cielo azzurrissimo: erano sempre loro, i miei amati Diavoli, ma non li avevo mai visti in pieno sole così da vicino, la loro bellezza sfiorava la perfezione assoluta. Bellissima questa accoppiata Diavolino - Diavolone in versione pomeridiana, nulla però in confronto alla struggente versione serale, quando banchi di nuvole basse hanno filtrato e colorato all'inverosimile gli ultimi raggi del sole: ormai preso possesso dell'invernale del Calvi mi ero appollaiato su un panoramico dosso, in pochi minuti tutto è virato dentro tonalità meravigliose, i Diavoli arrossiti hanno azzerato il mio respiro. Solitudine totale e atmosfera fiabesca hanno poi accompagnato la mia cena all'aperto, mentre il bivacco ha protetto la mia notte, madre di uno spettacolo mozzafiato che ho ammirato per ore: nel buio risplendeva un'incredibile trapunta di stelle in cui potevo distinguere chiaramente le strisce lattiginose della Via Lattea, infiniti puntini bianchi accesi dentro l'oscurità totale di un nero profondo. Uno spettacolo primordiale che mi ha catapultato alla mia infanzia, quando ogni notte era ricamata da milioni di stelle: è stata l'emozione più forte in assoluto di questa stupenda esperienza, conclusa poi con una tranquilla discesa a Carona la mattina successiva. A volte le idee un po' pazze sono quelle che riservano le maggiori sorprese: era solo un'idea, si è trasformata nell'escursione più bella della mia vita. Indimenticabile..!!

DIAVOLINO E DIAVOLO, CON MAGICA NOTTE AL CALVI - FOTOGALLERY
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CABIANCA

CABIANCA
Lunedì 9 7mbre 2013
Spento, pietrificato per l'eternità: il Cabianca si distingue da tutte le altre montagne orobiche, lui anticamente era un vulcano. Prendo la frequentata sterrata del Calvi, potrei filar su veloce ad occhi chiusi tanto la conosco bene: lascio invece che gli occhi si riempiano senza limite di ogni bellezza che Pagliari, cascate e boschi, prati e montagne hanno la grazia di regalarmi lungo il tragitto che mi deposita sulla possente diga del Fregabolgia. Tante volte ho visto escursionisti spingere qualche passo sullo sbarramento per immortalare in uno scatto il panorama da cartolina verso la Conca del Calvi, solo in un paio di occasioni ho visto qualcuno proseguire oltre: ecco invece che questo possente muraglione è l'anonima porta d'ingresso di un itinerario tra i più belli della zona, nessun cartello svela il sentiero segreto che inizia in fondo alla diga. Si alza verso sinistra per poi sterzare bruscamente in direzione opposta tra vegetazione un po' esuberante: entro in un bel vallone, salgo fino ad un piccolo sbarramento, cerca di imbrigliare l'acqua di saltelli che scendono dal pianoro sovrastante, che raggiungo con tracciolino abbastanza esile. Il Cabianca svetta già davanti a me, l'estinto vulcano ci ha lasciato in eredità uno stupendo lago che raggiungo in breve tempo girando a destra per seguire il sentiero bollato proveniente dal Calvi, sfioro un piccolo canale artificiale che sostituisce l'originale emissario del lago: una leggera ferita che nulla toglie alla straordinaria bellezza del lago Cabianca, il suo intenso verde blu si distende in una conca di immense pietraie che ora mi accoglie, questo bellissimo angolo lacustre incastonato sotto una scura e possente bastionata offre a mio parere il più bel balcone da cui ammirare gli inseparabili Diavoli. Carona vanta molti laghi alpini naturali e no, sono tanti quelli belli, ma se mai dovessi essere costretto a sceglierne uno per eleggerlo come il mio preferito non avrei esitazioni ad indicare questo: mi metto a girovagare sulle sue rive, spingendomi fino su uno sperone che scopro essere eccezionalmente panoramico sul sottostante Fregabolgia, punto poi ad una lingua di neve che resiste alla testata del lago, i miei scarponi vogliono assolutamente pestarla. Sulla sinistra della grande conca una valle separa il lago da uno spallone, su cui sale il tracciolino che staccandosi dal sentiero proveniente dal Calvi e diretto al lago porta in vetta al Cabianca: invece che tornare indietro decido di salire a naso nella infinita distesa pietrosa sopra di me, so che spostandomi a sinistra finirò con l'intercettare comunque il tracciolino e comincio a saltabeccare da un sasso all'altro divertendomi come un pazzo, solo il fiatone riesce a domare parzialmente il mio istinto salterino. Scorciatoia più selvatica non potrei inventarmela, i macereti mi mandano in estasi, è quasi con una punta di dispiacere che intercetto il tracciolino segnato: mi accompagna verso il culmine di questo spallone, che offre belle vedute sull'attigua conca del Calvi da un lato e interessanti osservazioni sulle bastionate del Cabinca dall'altro, noto che le rocce scure sommitali poggiano su una fascia rocciosa molto più chiara. Lo scollinamento avviene all'improvviso, dritti sotto di me i laghi di Valgoglio emergono tra le nuvole che già prendono d'assalto la Valle Seriana, capisco che non devo indugiare, rischio di precludermi parecchi panorami: percorro il filo di cresta, presenta un breve tratto un pochino delicato che richiede un supplemento di attenzione, ma ormai sono già sul pendio finale, arrivo ad un cocuzzolo, pochi metri davanti a me svetta la campanella di vetta. Leggo la targa, suono il mio rintocco, cinque anni sono passati da quando avevo dato voce a questa piccola campana la volta precedente: gli occhi rispolverano panorami mai dimenticati, solo le nuvole cancellano parte degli orizzonti, la Conca del Calvi rifulge bella e intrigante incoronata dai Diavoli. Mentre la fotocamera è tutta indaffarata a catturare immagini, io finisco inevitabilmente per far cadere il mio sguardo su di loro: una scintilla scocca nella testa, l'embrione di un'idea prende vita, la bellissima scenografia che ho davanti potrebbe ospitare un'avventura un po' pazza, vedremo... Le nuvole diventano nebbie avvolgenti, è arrivato il momento scendere: tornerò sui miei passi, tra sassi e neve. Ciao Cabianca, esemplare unico tra le vette orobiche: vulcano fossile e senza cratere, scura sentinella di un lago incantatore.

CABIANCA - FOTOGALLERY
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CANALINO NORD DELL'ARERA

Martedì 3 7mbre 2013.
Un incantesimo, una data da scolpire a fuoco e fiamme su tutti i calendari possibili e immaginabili della mia memoria, l'Arera mi regala una strepitosa giornata, in netto contrasto con la fama di montagna regina delle nuvole che la contraddistingue. Non avrei potuto sperare di meglio per incamminarmi alla volta del Canalino Nord, forse la più bella via di salita alla vetta: itinerario dai fantastici panorami e dalle relativamente modeste difficoltà, decisamente alla portata di parecchi escursionisti. Sono andato a curiosare nella relazione stesa in occasione del mio servizio precedente, targato 11 Settembre 2011: la trovo ancora valida, perciò non mi dilungo in particolareggiate informazioni tecniche. Oggi mi limito a fornire abbondanza di foto, le immagini svelano un angolo di Orobie stupendo: sopra i pascoli, questo bianco mondo calcareo cela un itinerario di rara bellezza, uno di quei percorsi che ti stregano fin dalla prima volta. Se l'anima è predisposta geneticamente diventa poi impossibile resistere, senti il bisogno fisico di non farti mancare questa escursione, bisogna solo sperare che anche l'Arera abbia l'animo ben disposto e sgombro da scherzetti nuvolosi, se questa alchimia si materializza non bisogna lasciarsi scappare l'occasione: ma attenzione, chi si lascia felicemente rapire non potrà più sfuggire all'incantesimo...

CANALINO NORD DELL'ARERA - FOTOGALLERY
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PEGHEROLO

Mercoledì 21 Agosto 2013.
Torno a parlare del Pegherolo, già ampiamente descritto in precedenti servizi (tutti i dettagli tecnici li trovate lì...), so che rischio di stufare, ma questa meravigliosa montagna brembana oggi mi ha regalato un particolare inedito: sono partito in missione speciale con mio cognato, alla sua prima assoluta lassù, per verificare un piccolo segreto custodito dalla vetta. Tralascio perciò tutta la descrizione tecnica, le foto rendono bene l'idea delle difficoltà di questa impegnativa ed impagabile traversata, passo dopo passo le superiamo tutte: io mi diverto un mondo, il Pegherolo mi entusiasma a dismisura e anche mio cognato dimostra di gradire ampiamente, nonostante certi passaggi siano in grado di far rizzare i capelli all'istante..!! La cosa che lo colpisce di più è la costante esposizione dei pendii, bisogna sempre guardare bene dove si mettono i piedi, l'attenzione e la concentrazione non devono mai calare: il Pegherolo ti tiene in tensione fino alla fine, mancano solo trenta metri alla Croce di vetta e sei ancora lì che ti arrampichi su roccette, ma proprio lassù ecco il compimento della nostra missione speciale. Appena usciti dalla verticale catena del torrione finale, l'ultima che si incontra, raggiungiamo un minuscolo poggio, ecco che io e mio cognato usciamo dal sentierino e con estrema cautela ci infiliamo a destra su uno dei terrazzini erbosi che caratterizzano la vetta: una profonda spaccatura si apre sul versante sud a poche decine di metri dalla Croce, ma ne da lassù ne dal sentierino si intuisce la presenza di questa ferita nascosta, se non sai che esiste ci passi vicino senza sospettare nulla. Devo dire grazie ad un amico, se non fosse per la sua soffiata mai avrei scoperto l'esistenza di questa voragine, ci avviciniamo guardinghi al bordo e ci affacciamo, il Pegherolo ci svela il suo recondito segreto bianco: in fondo al piccolo dirupo troneggia un bellissimo cumulo di neve, impossibile scendere e avvicinarsi ma ad occhio e croce sarà alto un paio di metri..!! Nonostante l'estate sia stata generosa di temperature torride la neve c'è davvero, aveva ragione quel mio amico, neve d'agosto e lo abbiamo visto coi nostri occhi, io e mio cognato siamo felicissimi: anche l'arido, scosceso e lunare Pegherolo custodisce un miscroscopico nevaio segreto, sconosciuto alla totalità di quelli (pochini...) che salgono fin quassù. Magari qualcuno potrà sorridere, in fondo è solo un po' di neve non più immacolata: ma quel grande grumo bianco di neve fredda ha il potere di scaldarci il cuore, non è la prima volta che io e mio cognato andiamo alla ricerca di questi reduci invernali nel bel mezzo dell'estate. Una piccola chicca che si aggiunge ai bellissimi panorami a disposizione di chiunque abbia la voglia e le capacità di raggiungere questa fantastica vetta: giornata migliore non potevamo augurarcela, ancora una volta grazie mille Pegherolo e grazie mille Roberto per aver condiviso il segreto..!!

PEGHEROLO - FOTOGALLERY
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DIAVOLO DI TENDA

Venerdì 16 Agosto 2013.
Da alcuni anni ho preso l'abitudine, salvo imprevisti, di salire il Diavolo di Tenda a cavallo di Ferragosto, giorno più giorno meno: oggi la scelta si rivela particolarmente suggestiva, il Diavolone mi regala spettacolari emozioni. La prima mi accoglie sopra una stupenda e silenziosa Pagliari notturna, sarò matto ma ci transito alle 4.45 per schivare le probabili nuvolacce che saliranno dalla Valle Seriana: una struggente volta stellata rapisce in continuazione il mio sguardo, mentre gli occhi si aggirano nella luce fioca dei vicoletti di questo presepio brembano, piccolo mondo antico sospeso sul Brembo. Il gorgogliare del fiume e lo zampillo delle fontane sono le uniche voci della notte: cerco di non fare rumore, il mio respiro e i miei passi si fanno lievissimi, l'incantesimo è talmente bello da trattenere il fiato per la mezz'ora che resto lì, resterà indimenticabile nella mia vita. Tiro dritto verso il Baitone, albeggia ma le stelle sono sparite dal mio cielo, una nuvolaglia indesiderata copre le cime, temo la beffa: vedo sbucare l'Aga e la speranza rifiorisce, il confine delle nuvole coincide col Rifugio Longo, punto verso il Passo Selletta con gran decisione. I passi si fanno veloci, ansimo, non posso tradire un appuntamento speciale, è questione di minuti, faccio appena in tempo, cinque minuti dopo il mio scollinamento la sciabola luminosissima del sole incide il profilo dei Diavoli: il mio primo raggio nasce tra di loro e mi colpisce scatenando una felicità immensa, non è la prima volta che assaporo questo privilegio, ma questo spettacolo mi emoziona sempre. Il consueto itinerario verso il Podavit si arricchisce man mano di nuvole vaganti, attacco la cresta, Diavolone non farmi scherzetti: quando sbuco in vetta ecco la sorpresa di un infinito mare bianco a coprire tutta la Valle Seriana e altri orizzonti, situazione tipica del tardo autunno. Guardare dall'alto il ribollire delle nuvole è sempre un'esperienza fantastica, ma so che quei funghi bianchi che si ingrossano saliranno fino a me: finchè dura resterò in vetta a godermi il sole, scenderò solo quando tutto diverrà invisibile. E così avviene, la mia discesa verso il Calvi avviene con le cime definitivamente inghiottite dalle nuvole, potrebbe scivolare tutto in una consueta routine, ma c'è ancora tempo per un'ultima sorpresa: è appena passato Ferragosto, festa dell'Assunzione della Vergine, quando arrivo al Fregabolgia scopro che la chiesina Maria Nive Candidior è aperta, per la prima volta posso vederne il minuscolo, semplice e modesto interno. Quante sorprese oggi, quante suggestioni ed emozioni, notte di stelle e giorno sopra le nuvole: non potevo non raccontare una giornata così...

DIAVOLO DIN TENDA - FOTOGALLERY
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VALLE DEL GLENO – PASSO DI BELVISO

Sabato 27 Luglio 2013.
Da tantissimo tempo non salivo alla Diga del Gleno, più di vent’anni: oggi torno a visitare questo atroce relitto di una tragedia mai dimenticata dalla gente della valle di cui porto il nome. Raggiungere i ruderi da Pianezza costituisce una camminata a se stante già di notevole suggestione, soprattutto quando percorrendo l’ampio tratto finale pianeggiante all’improvviso si cominciano ad intravedere i resti della diga: ci arrivo davanti e l’anima si ammutolisce, l’ultima volta che ero venuto quassù la diga non era recintata, ci ero salito sopra, ne avevo percorso la sommità fin quasi allo squarcio, ma non avevo provato la sottile amarezza che sento ora, consapevole che questa capostipite tragedia bergamasca non ha evitato il rigenerarsi di mostruosità quali il Vajont. Sono passati 90 anni da quel finimondo, la fama della valle del Gleno porterà per sempre il pesante marchio del disastro, ma la valle non è solo questo: me ne accorgo quando la risalgo, il bel laghetto superstite schiude una vallata che si rivela di gran bellezza, molto più di quanto mi aspettassi. Particolarmente bello il grande pianoro a metà valle, la selvaggia parte superiore si presenta ricca di cascate: la Valle del Gleno regala una sensazione spiccata di grandiosità, invoglia a salire e va a finire che alla fin fine raggiungo il Passo di Belviso, i cui pendii ospitano ancora abbondanti lingue di neve. Purtroppo le foschie rovinano i panorami, ma questo non ha importanza: la lunga escursione mi ha fatto conoscere una vallata bellissima, che merita assolutamente di essere vista. Valle del Gleno, anima bipolare, tragedia e bellezza convivono in equilibrio: una diga per riflettere, tutto il resto da ammirare.

VALLE DEL GLENO – PASSO DI BELVISO - FOTOGALLERY
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CIMETTO - VERROBBIO - PONTERANICA

SENTIERO DEI ROCCOLI – MENCUCCA Giovedì 25 Luglio 2013.
Promessa fatta va mantenuta, rieccomi a Mezzeno per far nuovamente visita al bel Sentiero dei Roccoli: se non mi ingarbuglierò troppo dovrebbe scapparci pure la salita al Mencucca. Avendone già ampiamente parlato in altre occasioni salto tutta la descrizione fino alla Baita di Campo, attraverso tutto il bellissimo altopiano e riprendo il discorso: i nuovi cartelli rendono impossibile sbagliare, ecco che poco sopra la tettoia giro a sinistra per scendere allo stagno della sorgente. Aggirato il pendio il sentiero si abbassa leggermente per attraversare il grande vallone che scende a destra dei Tre Pizzi, quindi risale una pietraia delimitata da numerosi e simpatici omini di sassi: ora il sentiero scende un pochino e si infila nella fitta distesa di mughi, con andamento altalenante pervengo al Roccolo del Verroppio e sempre in trincea aggiro un nuovo costolone, la vegetazione si dirada e in leggera discesa raggiungo il vallone alle spalle dei Tre Pizzi. Nel periodo del disgelo in questa conca si forma uno stagno effimero di cui oggi non resta traccia, al termine del pianoro che lo ospita trovo il cartello indicante la traccia bollata che a destra sale verso il nuovo bivacco, io invece proseguo dritto e attraversata una zona umida ricomincio a salire dentro i mughi, ora il sentiero si fa più disagevole: una rosseggiante piccola pietraia mi porta in breve ad un suggestivo anfratto utile come riparo d’emergenza, appena oltre ecco presentarsi una modestissima paretina che il sentiero vince con l’aiuto di qualche piolo e una catena. Il sentiero propone anche piccoli strappettini e attraversando nuovi macereti sale verso il cartello che indica la deviazione per il Mencucca, direzione che seguirò al ritorno: scendo verso un successivo macereto che attraverso in piano e dopo aver superato un passaggio un po’ esposto attrezzato con catena di sicurezza, ecco che vado a raggiungere il Roccolo dei Larici, poi passando tra poderose barriere ferma valanghe ecco che arrivo al bellissimo poggio col Roccolo della Fontana, angolo tenuto con gran cura, dove trovo un cartello che segnala il sentiero che si abbassa verso Roncobello. Io invece proseguo in suggestiva trincea sul crinale, arrivando immediatamente ad un ultimo saltino attrezzato con pioli e catena, ma è il tratto successivo a rivelarsi frizzante: nulla di difficile però il sentiero diventa decisamente più disagevole, proponendo anche passaggi sdrucciolevoli che richiedono particolare attenzione. Compare il cartello del Roccolo del Cornela, che però non riesco ad individuare, proseguo e con traversone ondulato ecco che infine arrivo in leggerissima discesa al “terrazzone” a sbalzo del Roccolo del Corno: un possente muro sostiene un piatto terrapieno da cui si gode una superba vista sulla Valsecca, dal sottostante Roncobello alla più lontana Lenna. Al culmine della collinetta retrostante è posizionato il roccolo, che invero mi si presenta come il più malconcio di tutti quelli fin qui toccati, ma la sorpresona è lì ad attendermi: mi sposto di qualche metro verso il palo forse di un’antenna e mi si para davanti una strepitosa veduta di Branzi con la sua vallata, ciliegina sulla torta di questo gran bel sentiero recentemente e ottimamente ripristinato. Anche qui c'è un cartello che indica la possibilità di scendere a Roncobello, dopo aver consumato una panoramicissima pausa mensa torno sui miei passi fino al cartello del Mencucca, mia prossima meta: il sentierino compie una breve traversata dentro una vegetazione abbastanza fitta, il che mi fa temere di veder scomparire la traccia, cosa che in effetti avviene. Ma nel frattempo sono sbucato in un vallone molto aperto in cui la vegetazione man mano si sale si dirada fino a sparire, non serve a nulla cercare di seguire le labilissime tracce o intestardirsi a scovare i tre o quattro minuscoli omini presenti, basta solo alzarsi più o meno al centro del vallone: i pendii, un po’ ripidini, diventati nel frattempo totalmente erbosi conducono comunque ad una sella, basta girare a destra e in breve raggiungo la già visibile Croce del Pastore, le pendenze si smorzano tantissimo per trasformarsi nella pianeggiante vetta del Muncucca. Deturpata da invadenti ma purtroppo necessarie barriere paravalanghe, questa lunga e strana cima di cui riesce difficoltoso capire il punto più alto offre comunque delle interessanti vedute, particolarmente bella quella che abbraccia per intero tutto il dirimpettaio Pietra Quadra: percorro fedelmente il crinale, appare il Bivacco Tre Pizzi, so che è possibile scendere sul versante nord per un canale attrezzato, decido di tentare l’avventura. Comincio a scendere senza particolari problemi seguendo fedelmente il crinale, tenendo sempre bene d’occhio la mia sinistra, non ho mai percorso questo itinerario non ho la più pallida idea di dove sia posizionato il canale: in corrispondenza di un ripiano me lo vedo spuntare all’improvviso e devo dire che la prima impressione è tutt’altro che rassicurante. Compare una fune metallica, si dirige dritta dritta verso una parete rocciosa che sembra precipitare verso il basso: ma a sorpresa scopro che il sentierino si abbassa su una cengia di roccette e erba che lambisce la base della parete stessa, una specie di canalino sicuramente impegnativo ma non impossibile. Il tracciato è interamente servito dalla fune, scendo a lungo intrufolandomi in passaggi stretti tra rocce e vegetazione più in basso si va un po’ a zig zag, la presenza della fune si rivela indispensabile: è un percorso tutt’altro che banale, ma se si ha domestichezza con questo genere di terreni l’avventura risulta infine divertente, purchè si rientri nella categoria degli escursionisti esperti, massima prudenza e attenzione comunque..!! Ecco un breve traverso finale e un ultimo pendio ripido, fuoriesco dal canale, ora non mi resta che raggiungere il sovrastante e vicino colletto: bel colpo d’occhio sul laghetto ai piedi dei Tre Pizzi, giro a sinistra e un paio di minuti di ripido prato mi conducono sulla soglia del bellissimo Bivacco Tre Pizzi, un gioiellino incastonato a sbalzo su Trabuchello. Ma è tutta la grande conca ai piedi del Pietra Quadra ad avermi conquistato fin dalla prima volta, ogni volta che salgo quassù mi metto a girovagare sulle selvatiche alture per scoprire vedute e angoli defilati: oggi invece mi “accontento” di godermi le rive del suggestivo Laghetto del Pietra Quadra, uno degli angoli delle Orobie che amo di più in assoluto, lo saluto con un pizzico di dispiacere per avviarmi sulla via di casa. Non mi resta che tornare alla Baita di Campo seguendo il sentiero classico, saluto anche l’altopiano e mi rituffo verso Mezzeno: bellissimo questo giro, selvaggio e solitario al punto giusto, perfetto per chi vuole spingere la propria curiosità là dove non arriva l’escursionismo di massa.

Sentiero Roccoli - Mencucca  - FOTOGALLERY
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CIMETTO - VERROBBIO - PONTERANICA

17 luglio 2013.
L'intenzione era quella di salire al Ponteranica partendo dalla Cantoniera San Marco, ma già che ero lì ho deciso di salire i per me inediti Cimetto e Monte Verrobbio, ovvero la lunga cresta che collega il Passo San Marco al Passo del Verrobbio. Dalla Cantoniera i miei scarponi si incamminano sulla Priula, il passo è presto raggiunto, giro a sinistra e un largo sentiero mi porta subito a visitare le trincee della Linea Cadorna: proseguo poi restando fedelmente incollato al crinale di questa che si rivela essere una cresta non difficile e particolarmante panoramica, la percorro per la prima volta e dopo aver superato una prima elevazione ecco che arrivo sulla vetta del Cimetto. La bella cresta prosegue con andamento ondulato e leggermente più impegnativo fino a portarmi in vetta al Monte Verrobbio, caratterizzato da un semplice bastone di legno: un pochino più avanti mi affaccio sul sottostante Passo di Verrobbio, lo raggiungo dopo essermi abbassato per pendii erbosi piuttosto scoscesi e che richiedono sicuramente attenzione. Saluto le famose trincee del passo e scendo ad ammirare il piccolo laghetto sottostante, poi risalgo le rocce montonate del vallone alle sue spalle: mi sposto verso sinistra per agganciare la traccia segnalata da omini che salendo direttamente dal passo porta alla vetta del Colombarolo, traccia che abbondanti chiazze di neve mi fanno perdere quasi subito, arrivo sulla cima un po' a naso. Agganciata la cresta mi porto senza problemi in vetta al vicino Ponteranica Orientale, caratterizzato verso nord da una suggestiva valletta sommitale che si infila tra giganteschi roccioni, mi avvio poi tranquillo sulla cresta verso il Ponteranica Centrale quand'ecco che all'improvviso le difficoltà aumentano più del previsto, andando ben oltre le mia capacità: mi ritrovo a dover scendere una paretina impegnativa che però non mi sento in grado di affrontare, perciò torno sui miei passi fino ad un colletto dove prendo una delicata traccia di capre che taglia gli impervii pendii erbosi affacciati sui Laghetti di Ponteranica, restando qualche decina di metri sotto la cresta. E' un tratto decisamente ostico e impegnativo, adatto solo ad escursionisti molto esperti: mi fido a percorrerlo solo perchè il terreno è perfettamente asciutto, se così non fosse stato mai mi sarei azzardato a tentare di superare questo infido ed esposto traverso. Riaggancio la cresta e devo nuovamente prestare estrema attenzione, il tracciato che conduce ad un grande omino di pietre si rivela essere tutt'altro che banale, occhio..!! Superato l'omino con tracciato decisamente più abbordabile mi porto sulla vera vetta del Ponteranica Centrale, da cui ammiro le forme ardite del Ponteranica Occidentale posto in territorio valtellinese, nonchè il bellissimo profilo del dirimpettaio Valletto. Per sentierino scendo nel vallone che poi forma la grande conca dove sono adagiati i bellissimi Laghetti di Ponteranica, luogo da qualche tempo colonizzato dagli stambecchi: un angolino selvatico e bucolico allo stesso tempo, è davvero bellissimo sostare in questa conca lacustre che avevo sempre raggiunto dai Piani dell'Avaro. Ma oggi devo prendere tutt'altra direzione, ecco perciò che mi avvio sul Sentiero 101, si abbassa nel vallone sottostante i laghi per andare a sfiorare una baita, poi risale un pochettino e con bel traverso mi porta ad incrociare il tracciato della Via Mercatorum: la discesa ora si fa più decisa ed in breve mi ritrovo al Piano dell'Acqua Nera, conca acquitrinosa sotto il Passo di Verrobbio. Una salitella finale contorna la valle affacciata sul Lago di Valmora, una manciata di minuti e mi ritrovo a sbucare sul piazzale della Cantoniera, ecco finito il mio giretto: bella e appagante escursione dove si viaggia a lungo per creste, la presenza di passaggi impegnativi la rende però adatta solo ad escursionisti esperti.

CIMETTO - VERROBBIO - PONTERANICA - FOTOGALLERY
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LENNA - MENNA

Mercoledì 26 Giugno 2013.

Gira che ti rigira ecco che un bel giorno capito per caso alla chiesina del Cantone San Francesco, piccolissima frazione di Lenna, resto affascinato dal luogo e due cartelli escursionistici uno dirimpetto l'altro attirano la mia attenzione, indicano Roncobello e il Monte Menna: il tempo di organizzare per bene l'escursione e qualche giorno dopo sono di nuovo lì, salirò fin lassù per tentare un lungo giro ad anello. Parcheggio la macchina nello spiazzo retrostante la chiesetta e mi avvio sul viale alberato che sale ad una dismessa colonia estiva, dopo una cinquantina di metri lo abbandono per girare su una stradina laterale, ecco i due cartelli, prendo il sentiero che a destra si inoltra nel bosco, il cartello recita "Monte Menna - 2300m - 4 ore" : sono a 530 metri di quota, me ne mancano 1800 per arrivare in vetta, dovrò centellinare le forze pena il fallimento dell'avventura. Il sentiero sale dapprima costeggiando un canale detritico, il particolare microclima della zona rende il bosco suggestivo e ho l'impressione di trovarmi a quote più alte: si apre una prima veduta su Moio de Calvi e risalendo stretti tornantini ecco che sfocio su una mulattiera marchiata con evidenti e numerosissimi bolli gialli. Salgo un pendio racchiuso tra due profondi canali detritici finchè al loro culmine un bel passaggio a sbalzo mi porta in un nuovo canale dove il bosco si apre un pochino arricchendosi di faggi, la mulattiera è ampia e bollata all'inverosimile: finalmente capisco che le scritte e le frecce presenti sul tracciato indicano i tralicci dell'alta tensione che sorvolano la zona, che però non recano alcun disturbo in quanto celati dalla folta vegetazione. La mulattiera per fortuna non aggredisce mai di petto il pendio, ma si adagia a mo' di mulattiera militare su ripide serpentine, una piccola radura spezza il mio infinito procedere in questo bosco silenzioso e molto bello, la pace regna assoluta, non mi stupisco che proprio su questi pendii sia stato fotografato l'orso JJ5: il fondo della mulattiera è molto sassoso e per fortuna ho ai piedi scarponi robusti e alti, con calzature leggere qui si rischia seriamente di far scarrucolare fuori sede le caviglie ad ogni passo, però il tracciato mi sta entusiasmando, una volta rotto il fiato riesco a procedere con una certa velocità nonostante la pendenza faticosa. Salgo salgo salgo finchè un cartello su un pino indica 1300, spero sia la quota, la mulattiera diventa più disagevole per via del dilavamento e dall'evidente passaggio di motocross, quand'ecco che sbuco in un disboscamento ricco di felci: sono sotto la linea dell'alta tensione, pochi tornanti e il Passo dell'Ortighera è presto raggiunto, a destra si notano impianti per la cattura degli uccelli, a sinistra sul basamento di un possente traliccio si nota la freccia che indirizza verso il Menna, qualche istante per curiosare in zona e poi prendo quest'ultima direzione. Un sentierino, dopo una prima radura, tenendosi grossomodo sul crinale e nel bosco mi porta fino al Capanno Gervasoni, dove scompare totalmente: salgo a naso il pendio retrostante il capanno e tenendomi all'incirca sul crinale sbuco nei pascoli che pian piano mi dischiudono vedute sempre più ampie man mano salgo. Ecco che raggiungo il pannello ripetitore posto sulla vetta del Monte Valbona, resto folgorato dalla bellezza dei panorami, l'alta Valle Brembana mi si apre davanti con una veduta fantastica e qui comincia un tratto alquanto suggestivo: stando attendo alle buchette traditrici nascoste nell'erba scendo leggermente all'attiguo Passo dell'Orso e percorrendo fedelmente la debole traccia sul crinale mi intrufolo in un bianco cimitero di larici rinsecchi, un boschetto dall'atmosfera surreale, mentre alla mia sinistra il crinale muore all'improvviso con un profondissimo baratro che precipita sulla Valsecca. E' impressionante guardare giù, lo posso fare con sicurezza in quanto il tracciolino corre su un crinale alquanto ampio, che verso meridione fiorisce in vastissimi pascoli, ma a nord la montagna crolla con un salto verticale di svariate centinaia di metri: sono in bilico tra due mondi in violento contrasto tra loro, splendido angolo delle Orobie che mi accompagna con dolce e bellissima camminata ad una vicina e tondeggiante elevazione che tocca quota 1860. Ecco ora una secca discesa, riesco con moltissima circospezione ad affacciarmi da un balconcino naturale posto a metà della stessa, ammutolito mi rendo conto di essere a sbalzo su canaloni infernali, devo fare attenzione anche ad un vecchio fil di ferro arrugginito che probabilmente impediva alle mucche di avvicinarsi troppo ai dirupi, si nasconde nell'erba e tende a catturare il piede: arrivo alla zona delle ormai perdute Pozze Gemelle dopo aver perso quasi cento metri di dislivello, ma non importa, mai avrei immaginato che questo crinale fosse tanto meraviglioso e panoramico, il mio fantastico viaggio procede quasi pianeggiante verso un gobbone che cela il Collino di Campo, prativo valico con esile tracciolino che permette di abbassarsi sul versante nord. Ora la pendenza del crinale si impenna con gran decisione, il dislivello percorso è già tanto e le gambe giustamente prendono con calma questo ulteriore strappo di 200 metri che mi porta dritto dritto a due pianeggianti collinette dietro cui si apre il Passo di Menna, ora la strada la conosco, sono già passato da quì: ecco che risalgo quasi per intero un primo lunghissimo gobbone, il sentiero non ne tocca la cima ma si inoltra poi su un traverso affacciato sulla grande conca a nord del Chignol d'Aral e finalmente aggirata la costa ecco che appare la vetta del Menna, totalmente invisibile fino ad ora. Sfioro un caratteristico arco di roccia e profondissimi canaloni che graffiano in maniera impressionante il versante nord, ancora un tratto in cresta e la sbilenca Croce del Menna mi si para davanti dopo svariate ore e chilometri di cammino, tantissima la fatica spesa per domare i 1900 metri di dislivello complessivi che mi separano dalla partenza, umanissimo che mi senta un bel po' scoppiato: ma sono anche immensamente felice, davvero stupenda questa camminata, le nuvole che si sono addensate non riescono minimamente a scalfire la mia gioia. Non resto a lungo in vetta, la via del ritorno è ancora parecchio lunga e in parte sconosciuta, torno fedelmente sui miei passi fino al Passo di Menna, da lì scollino nel Vallone: prendo il zizzgante sentiero che poi non sempre evidentissimo conduce alla Baita dello Zoppo, scende poi a sfiorare la Corna Buca, sfociando infine poi sulla sterrata che costuisce la pista di fondo di Roncobello. La seguo brevemente verso destra per agganciare il sentiero che a sinistra porta al sottostante anello di ritorno, sbuco dirimpetto la bella frazione di Costa, che però non raggiungo: qui comincia un'avventura totalmente nuova per me, giro immediatamente a sinistra su un piccolo sentierino non bollato che si infila dentro il bosco diventando poi più ampio, scendo poi fin quasi a sfiorare il torrente Valsecca, dove noto resti di edifici, forse vecchi magli o mulini. Una prima apertura panoramica su Baresi anticipa il mio arrivo a Valsecca, minuscolo e bel agglomerato abitato dove non si arriva in auto e di cui ignoravo l'esistenza: la fresca fontana del paesino è la prima in assoluto che incontro dalla partenza, mi ritempra per il proseguo dell'escursione. Un'ampia mulattiera acciottolata mi fa scendere al torrente, che attraverso su un ponticello di pietra, mi accorgo di essere al famoso Mulino di Baresi: anche questa zona si rivela molto suggestiva e mi trattengo a lungo, sto scoprendo angoli che meritano davvero di essere visitati. Prendo la sterrata che costeggia il torrente e scendo, poco più a valle si allarga nello spiazzo adibito a parcheggio del Mulino, qui comincia una stradella asfaltata e pianeggiante nel bosco: dietro una curva sbuco sulla provinciale che però abbandono immediatamente per infilarmi a sinistra nella frazione Foppacava, altro gioiellino che avevo sfiorato decine di volte senza mai degnarmi di visitarlo, dopo aver attinto all'ottima fontana giro davanti alla chiesina e il sentiero abbandona le case per portarmi poco dopo nuovamente sulla provinciale, che percorro per soli 20 metri. In corrispondenza di un paletto giallo dell'Enel ritrovo la mulattiera selciata, mi riporta nel bosco per scendere a sfiorare prati con case, resto colpito dalle insolite vedute: questi antichi tracciati svelano prospettive che fanno saltare qualsiasi punto di riferimento, mi sento quasi spaesato di fronte ad una irriconoscibile Valle Brembana, la mulattiera mi conduce a Bordogna. Vicoli, piazzette, una bellissima chiesina della peste affrescata, passaggi coperti, ecco che ancora una volta l'incantesimo si ripete, ero passato tante volte sulla provinciale senza mai sospettare quanto di bello ci fosse appena a fianco del tornante della strada: una gioia stordente che si acuisce quando oltrepassato un portico giallo polenta scendo al cimitero immerso nel verde e mi volto, Bordogna si staglia in bellissima posa, mai avrei immaginato che questa seconda parte dell'escursione mi avrebbe regalato sorprese così grandi..!! La bella e larga mulattiera arriva ad un ponte sul Valsecca, che qui mette ancora in mostra belle pozze e saltelli, poi la mulattiera si dissolve in una sterrata: con pianeggiante e quantomai graditissimo andamento ecco che la stradella mi porta alla rifatta Cappella della S.S. Trinità, con fontana e tavolo picnic che accolgono la mia pausa merenda. Poco più avanti arrivo ad un trivio, sono già comparsi i bolli CAI 269, quindi prendo senza indugio la strada di mezzo, che sfiora un bacino dell'acquedotto: la strada scende un pochino ripida e risultano provvidenziali le lastre cementate che la caratterizzano, una radura mi consente di riconoscere il panorama su Moio de Calvi ammirato la mattina, capisco che Il Cantone San Francesco si avvicina. Aggiro dei bellissimi chalet di legno e all'improvviso mi ritrovo all'accoppiata di cartelli appena sopra la chiesa del Cantone, cinquanta metri di viale alberato e il cerchio si chiude, sono di nuovo al punto di partenza: ma la voglia di scoprire non si è esaurita, non pago dello sforzo fatto decido di andare a vedere la Pioda, curiosa formazione rocciosa dove passa il sentiero che porta al Cantone Santa Maria, seguo le indicazioni dei cartelli, attraverso prati e risalgo gradini scavati nella roccia, cinque minuti e sono arrivato. E proprio al "valico" scopro l'ennesimo gioiello, una piccola edicola dove è affrescata una Madonna col Bambino: il dolcissimo volto della Vergine è il più bello in assoluto che abbia mai visto tra quelli sparsi sulle Orobie, la mano illuminata che l'ha dipinto riesce a regalarmi l'ultima struggente emozione di questa indimenticabile avventura. Non immaginavo che questa escursione potesse regalarmi tanto, sorprendente ed inattesa la discesa dalla Valsecca: anche oggi la Valle Brembana ha saputo stupirmi, facendomi vivere una delle più belle avventure della mia vita.

Lenna - Menna -  FOTOGALLERY
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ZUCCONE DEI CAMPELLI DALLA FERRATA MINONZIO

Lunedì 24 Giugno 2013.
Sono lì nell'orto a metà mattina con la vanga in mano e mi guardo intorno: ma che ci faccio a casa..?? La giornata è troppo bella, interrompo velocemente i lavori, arraffo in fretta e furia lo stretto necessario e salgo in macchina: arrivo a Ceresola di Valtorta poco dopo mezzogiorno, mi è saltata in mente l'assurda pazzia di salire allo Zuccone dei Campelli dalla Ferrata Minonzio, mai tentata in precedenza. Tiro su dritto dalla pista Nube Bianca senza esagerare con le pause foto, voglio essere al bacino dell'acquedotto in cima ai Piani di Bobbio non più tardi dell'una: non conoscendo cosa mi aspetta mi sono messo dei precisi paletti di tempo, le giornate sono le più lunghe dell'anno e ho ancora parecchie ore di luce a disposizione, ma voglio essere in vetta non più tardi delle 16. Un cartello posto sul muro del bacino indica l'inizio della ferrata che per ora non è altro che un simpatico e ripido sentiero con bolli gialli spesso coperti da bolli bianco rossi più recenti, con bel tracciato scova un canalino tra salti di roccia, poi si sposta con leggera costanza verso destra per immettersi in un più ampio canale: in alto la pendenza si smorza e resto parecchio affascinato dal suggestivo ed insolito colpo d'occhio sui Piani di Bobbio che questo bellissimo e facile sentiero offre. Ecco che scollino sul margine della grande dolina dove converge il sentiero che proveniente dal Rifugio Lecco porta allo Zucco Barbesino, oltrepasso l'incrocio e guidato da un sasso con la scritta S.E.E.A. mi avvio sull'ampia ed evidente cengia erbosa che taglia alta tutto il versante meridionale dello Zucco Barbesino: il sentierino mi porta dapprima ad attraversare un profondo valloncello con spettacolare vista sui torrioni sovrastanti, poi ecco che la cengia si restringe tantissimo e comincia il primo tratto esposto attrezzato con funi. La traccia è veramente molto stretta, tanto che in più punti sarebbe impossibile l'incrocio con un'altra persona, procedo guardingo quand'ecco che la fune mi muore tra le mani: è spezzata, per fortuna il tratto scoperto non è particolarmente difficoltoso ed esposto, riesco a procedere oltre. Dopo questa imprevista difficoltà aggiuntiva attraverso in successione due spettacolari canaloni in cui si notano in alto le funi che reggevano probabilmente vecchie reti para massi: la cengia riprende sempre molto stretta e mi porta ad un'ulteriore angusto canale attrezzato con facilissima fune. La Ferrata Minonzio si sta rivelando essere molto suggestiva, viaggio come sospeso a mezz'aria tra alte pareti che sovrastano la mia testa e paurosi burroni che si aprono appena oltre i miei scarponi: ci tengo a sottolineare la superba e magnifica vista che da quassù si ha dell'anfiteatro dello Zuccone dei Campelli, davvero eccezionale..!! Superato quest'ultimo canale ecco che la cengia si adagia su pendii nettamente meno esposti dei precedenti e dopo aver girato un costolone mi ritrovo a sbucare nel profondo, vastissimo e visto da qui spettacolare Vallone dei Camosci: si vede già la traccia del sentiero che zizzagando risale dal basso il vallone e con comodo traversone a mezza costa lo vado a raggiungere, salendo poi fino alla base di alte pareti che chiudono la testata del Vallone. Un curioso passaggio sotto un grande masso appoggiato alla parete è la porta d'ingresso per la seconda parte della Ferrata: mi porto all'inizio di un canalone di roccette e sfasciumi dove sulla sinistra compaiono nuovamente le catene, salgo senza particolari difficoltà per raggiungere un nuovo tratto attrezzato un po' più verticale del precedente ma sostanzialmente ancora facile. Stesse caratteristiche delle successive catene finali, che si trovano proprio alla testata del canalino ormai ristrettosi fino a diventare quasi un imbuto, qui serve molta forza di braccia: ecco che sbuco su uno stretto colletto affacciato sul panorama orobico, riprendo fiato o almeno vorrei farlo, ma sulla destra una freccia rosso fiammante attira la mia attenzione, alzo lo sguardo e mi si gela il sangue. Una parete quasi verticale e molto esposta ospita catene e pioli che la traversano in diagonale, capisco al volo che tutto quanto fatto finora era praticamente una passeggiata: girando a sinistra potrei svicolare senza problemi verso lo Zucco Barbesino, ma dopo averci pensato bene ed aver guardato l'orologio decido di proseguire verso lo Zuccone, sono le 15 dovrei farcela ad arrivare in cima entro un'ora. Alla vista di dove intendo portarla la fotocamera mi guarda sbigottita, mette le mani sugli occhi, ammutolisce visibilmente impaurita: nemmeno io so che quello che sto per affrontare va ben oltre le mie aspettative. Già questo primissimo passaggio si rivela alquanto impegntivo, le mani si chiudono come veementi pinze idrauliche su catene e appigli, poi arriva un caminetto decisamente più facile e successivamente è un susseguirsi di paretine e caminetti, tratti attrezzati che giocano a scollinare sul crinale che nel frattempo riesce pure ad inventarsi un piccolo pianoro: poi di colpo l'abisso. Vedo le catene precipitare giù da uno spigolo verticale di cui non vedo la fine, provo una repulsione istintiva, sento germogliare la paura che finora avevo tenuto sotto controllo: guardo lo Zuccone ormai molto vicino, ci penso bene, tiro un respiro profondo, mi calo giù. Scendo non so per quanti metri di dislivello, forse 50, scendo come in apnea, sotto di me c'è quasi il vuoto ma il mio cervello ha già fatto scattare le sue difese, guardo solo il metro di parete che mi attende, non esiste nient'altro per me, procedo un passo alla volta senza tentennare: trent'anni di lavoro pesante come operaio hanno reso le mie mani molto forti, ringrazio il cielo di avere questa fortuna, se così non fosse sarei nei guai seri. Anche non volendo sono costretto a guardare oltre, le catene sembrano scendere all'infinito, poi una strettissima incisione segna all'improvviso la conclusione del torrione, le catene cominciano a risalire dall'altra parte, mi fermo e mi giro per un istante: quello spigolo che ho appena disarrampicato è stata la cosa più difficile in assoluto che abbia mai fatto, emotivamente mi ha messo a dura prova e lo guardo con profondo rispetto, sapendo bene che lì ho toccato i miei limiti e non intendo assolutamente andare oltre..!! Parole che suonano come stupida illusione, me le rimangio immediatamente, quanto fatto non è niente in confronto di ciò che arriva ora: devo risalire cenge alquanto esposte dove saldamente aggrappato alle catene devo tirarmi su a gran forza di braccia, come lucertola appesa ad un muro devo inventarmi appoggi dove a volte riesco a far stare solo la punta dello scarpone, paretine da attraversare in questa maniera senza farsi prendere dal panico. Arrivo ad una verticale scaletta che letteralmente devo agganciare facendo a sbalzo un passo lungo col vuoto sotto: arrivo in cima e mi ritrovo su una cengia larga un metro, appare come un'autostrada, mi porta ad una paretina con catene, un luogo che riconosco subito in quanto lo scorso anno dopo aver raggiunto lo Zuccone dal canalone classico ero poi sceso per curiosità lungo la parte alta della Ferrata per vedere com'era e mi ero fermato proprio in fondo a questa paretina. Sono consapevole che il peggio è definitivamente alle spalle, la vetta è ad un passo, ora la strada la conosco e non presenta certo le difficoltà micidiali incontrate dal torrione in poi, scusate l'espressione volgare ma quando ci vuole ci vuole: da farsela sotto..!! Risalita la paretina arrivo in brevissimo tempo all'intaglio dove la Ferrata Minonzio finisce, una manciata di metri e sono alla croce di vetta: mamma mia, che esperienza..!! La tensione e la concentrazione si trasformano in un urlo liberatorio, credevo di aver raggiunto i miei limiti e subito dopo li ho spostati un gradino in là, cementandoli su un livello che mi guarderò bene dall'oltrepassare: sono frastornato e felicissimo, sono un pazzo in libera uscita dal manicomio, è stata la salita più difficile della mia vita..!! Le mille emozioni provate si amalgamano negli stupendi panorami che questo pomeriggio luminosissimo e indimenticabile mi sta regalando: nella mia follia ho fatto l'azzeccata scelta di salire di pomeriggio, trovando così i passaggi più tremendi riscaldati dal pieno sole che ha reso tiepide roccia e catene, non oso immaginare cosa sarebbe stato se avessi trovato pareti umide e fredde, avrebbero ucciso la sensibilità delle mie mani, non ce l'avrei mai potuta fare. E invece sono quassù, guardo l'orologio e sono le 15 e 30, non vedevo l'ora che questa esperienza ad altissima tensione terminasse ed ora che posso abbracciare la croce la soddisfazione è immensa: sono in anticipo, posso addirittura fermarmi in vetta mezz'ora, poi alle 16 comincia il mio rientro a valle. Stavolta seguo il classico canalone che sale dal Vallone dei Camosci, a sorpresa trovo l'attacco in cattive condizioni, probabilmente rovinato dalle piogge e dalle nevicate tardive: neve che mi si para davanti anche nel bel mezzo della discesa, costringendomi a rizzare di nuovo le antenne dell'attenzione, però io e la neve abbiamo un rapporto speciale e tutto finisce in gran divertimento. Raggiungo il Rifugio Lecco e mi volto per ammirare per l'ultima volta il grandioso scenario dolomitico del Vallone dei Camosci e dello Zuccone dei Campelli: lassù nel bene e nel male ho appena scritto una personalissima ed indimenticabile pagina della mia storia escursionistica, che ha sconfinato fin troppo in un alpinismo che non mi appartiene. Mentre scendo nei bucolici Piani di Bobbio sfioro mucche al pascolo che nulla sanno di quello che ho appena portato a termine, è una gioia intima che mi porto dentro per tutto il tragitto di ritorno, mi pervade anche a Ceresola, a Valtorta, anche quando arrivo a casa: ci sono un orto e una vanga che mi aspettano, quasi quasi gli racconto cosa ho combinato oggi... P.S. molto importante: non seguite il mio esempio, le ferrate vanno affrontate con l'idonea attrezzatura di sicurezza.

ZUCCONE DEI CAMPELLI DALLA FERRATA MINONZIO -  FOTOGALLERY
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VALZURIO - TIMOGNO

Lunedì 27 Maggio 2013. Questa è una delle escursioni più belle che conosco, non per niente l'ho già proposta in più versioni stagionali: ma oggi la Valzurio mi si presenta in una veste incredibile, con prati sfolgoranti sul fondovalle che cedono il posto a neve abbondantissima sulle vette. Una sinfonia di verde e bianco assoluti, uno spettacolo in cui svetta l'incomparabile bellezza della Presolana: regina assoluta di questo angolo tra i più belli delle Orobie, piccole montagne custodi di gioielli che in giornate come questa brillano più che mai...

Testo brevissimo, parlano le immagini....

VALZURIO - TIMOGNO -  FOTOGALLERY
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BACIAMORTI - SODADURA: L'ULTIMA NEVE DI PRIMAVERA...

Domenica 26 Maggio 2013. Chissà se questa pazza e incredibile primavera passerà alla storia, tutto mi sarei aspettato ma non di ritrovarmi a pestare neve fresca a bassa quota a fine maggio..!! La classicissima escursione da Quindicina al Pizzo Baciamorti, con traversata al Sodadura e rientro dai Piani dell'Alben prende una piega che alterna il verde splendente del fondovalle al bianco che fa capolino già a 1300 metri, per concludersi con la visione di vette che mostrano orgogliose l'ultima abbondantissima neve di primavera: ne è uscita una camminata stupenda, sospesa tra primavera e inverno, tra magliette a mezze maniche e giacche a vento. Uno scherzetto meteorologico indimenticabile...

BACIAMORTI - SODADURA: L'ULTIMA NEVE DI PRIMAVERA...  -  FOTOGALLERY
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SENTIERO DEI ROCCOLI

Giovedì 23 Maggio 2013.
Oggi la giornata non promette tempo stabile, quando raggiungo Mezzeno mi riservo la possibilità di cambiare programma strada facendo: ecco perciò che quando il sentiero 217 mi deposita sul bellissimo altopiano della Baita di Campo decido di tralasciare la salita ai Tre Pizzi o al Pietra Quadra, provo a percorrere un tratto del Sentiero dei Roccoli, sperando che il meteo regga per qualche ora. Il sentiero è ben segnalato e si notano recenti lavori di sistemazione, il tracciato si snoda con andamento vario lungo le pendici meridionali che degradano dai Tre Pizzi e dal Monte Mencucca: l'ambiente è decisamente selvatico e ricco di mughi, non manca un minuscolo laghetto e a sorpresa salta fuori pure un semplice passaggio attrezzato con pioli e catene. Superato il Roccolo del Verroppio riesco a portarmi fino al Roccolo dei Larici e purtroppo devo concludere qui la mia descrizione, di cui mi scuso per la sommarietà, il meteo minaccia temporale e mi costringe ad un rapido dietrofront: il tratto di sentiero fin qui percorso mi è piaciuto parecchio, perciò mi riprometto di tornare in una bella giornata che mi consenta di riprendere l'argomento in maniera più dettagliata. Alla fine tutto si conclude felicemente, la pioggia arriva quando io sono già in macchina da un bel pezzo: le nuvole restano intrappolate nelle foto, cui regalano atmosfere particolari, per questo ho deciso di realizzare lo stesso il servizio. Ma tornerò e stavolta catturerò il sole, promesso..!!

SENTIERO DEI ROCCOLI  -  FOTOGALLERY
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FONDRA - PUSDOSSO - PIZZO BADILE

Lunedì 13 Maggio 2013.
Mi ero più volte ripromesso di andare a visitare Pusdosso e ho una gran voglia di ritornare in quel luogo magico che è il Monte Colle: perchè non unire le due cose..?? Detto fatto, mi ritrovo a parcheggiare la macchina a Fondra, mi avvio sulla mulattiera per Pusdosso: fin da subito resto colpito dalla bellezza di questo tracciato, la mulattiera è un capolavoro acciottolato che sale nel bosco con pendenza decisa, è davvero molto bella..!! Cammina cammina ecco che arrivo a Cornelli, piccolo nucleo di case che mi regala l'impressione di essere in un altro tempo, dove tutto seguiva il ritmo dei propri passi. Sensazione che non viene scalfita neanche quando mi ritrovo ad attraversare alcune volte la sterrata che sale verso Foppa, sensazione che viene ulteriormente accentuata quando poco sopra prendo a destra e risalgo un pratone da cui all'improvviso fa capolino Pusdosso: già arrivare qui è costata una discreta fatica, penso a chi nei tempi andati magari per lavoro percorreva questo tragitto quotidianamente. Ora la strada si è avvicinata al paesello, ma chi vuole raggiungere Pusdosso non può che farlo a piedi: adesso che lo posso vedere pure io mi rendo conto della pace che regna quassù, Pusdosso è davvero quel piccolo gioiellino di cui avevo tanto sentito parlare. Mi aggiro tra le case, sosto alle panchine della piazzetta, mi disseto alla fontana, faccio quattro chiacchiere con chi si sta prendendo cura del restauro della chiesetta: l'attaccamento degli abitanti a questo paesino è palpabile, a loro va tutta la mia stima e ammirazione..!! Chiedo informazioni sul sentiero che sale alle Torcole, mi indicano un cartello a lato della fontana: la freccia è verticale, mai indicazione sarà tanto profetica. Salgo ad un bacino dell'acquedotto e giro a destra, sfioro una baita ristrutturata e per qualche metro vedo il sentiero spianarsi: pia illusione, ecco un tornante a sinistra, il sentiero comincia a salire in una faggeta che man mano si sale si arricchisce di pini. Il sentiero è molto ripido e in diversi punti si presenta coperto da abbondanti foglie secche che rendono difficoltoso sia il cammino che l'individuare il tracciato: a tal riguardo sfrutto al massimo la mia esperienza da fungaiolo e aguzzo la vista per individuare sui tronchi i preziosissimi segnavia. Dopo un bel pezzo e parecchia fatica arrivo ad un piccolo pianoro erboso con baitello defilato, il sentiero si sposta pianeggiante verso sinistra, nuovo strappo e poi nuovo traverso dove il sentiero si restringe tantissimo: cammino in piano e all'improvviso un grande pino chiude la strada, tanto che torno indietro convinto di aver sbagliato traccia. E invece è tutto giusto, rincuorato dai segnavia ritorno davanti al pino, scoprendo che il sentierino sfiora il tronco e prosegue oltre infilandosi sotto la chioma: arrivo ad un ruscello, scende da un incassato vallone che ora il sentiero comincia a risalire con pendenze feroci, davvero molto faticoso questo tratto. Subito un consiglio, appena sbucate nel vallone cercate di memorizzare bene il punto esatto dove si attraversa il ruscello: c'è un grande pino, servirà come importante punto di riferimento per il ritorno. Il sentiero affronta il tremendo vallone senza fare sconti, poi si sposta verso sinistra con un traversone dove qui e là la pendenza si smorza leggerissimamente: si arriva su una specie di dorsale e sempre spostandosi verso sinistra ci si porta su un pendio sempre molto molto ripido che si conclude col prato alla cui sommità spuntano i muri verdi dell'ex Roccolo delle Fontane. Che faticata ragazzi..!! Non pensavo che questo sentiero fosse così ripido..!! Sequestro immediatamente la panca del roccolo per un'indispensabile pausa spuntino: vero è che ora comincia un tratto decisamente più dolce e meno faticoso, ma la mia strada è ancora lunga, meglio rimpolpare le energie. Ecco così che oltrepasso la seggiovia Gremei, la dorsale panoramicissima prosegue con un crinale largo che poi si abbassa a lungo fino ad uno stallone: la salita successiva parte ripida per poi addolcirsi man mano mi avvicino al Forcolino di Torcola: la giornata bellissima esalta ancor di più lo stupendo panorama che mi circonda e allo scollinamento appare la vallata di Carona in tutta la sua bellezza. Scendo fino alla baita dei cacciatori, la prima che si incontra, secondo la vecchia cartina in mio possesso ci dovrebbe essere un sentiero che risalendo il prato retrostante porta fino al crinale dell'anticima sud del Pizzo Badile: provo a salire ed effettivamente quì e là qualcosina sembra apparire, ma è soltanto il mio istinto che mi consente di individuare i passaggi migliori tra la vegetazione, se davvero c'era un sentiero è chiaramente andato perduto. Arrivo al vicino crinale senza particolari problemi, quand'ecco che una traccia spunta davvero, con tanto di omini e sparuti vecchi bolli gialli ad indicarla: penso provenga dal Forcolino di Torcola, la aggancio e mi porta a spasso in una valletta pianeggiante sulla cresta, poi mi alzo fino a delle roccette tra i mughi che affronto con l'aiuto delle mani, niente di particolarmente impegnativo. Mi ritrovo su una cresta, resto più o meno in prossimità del filo e con tracciato non banale affronto altri piccoli passaggi di roccette cui presto la dovuta attenzione: ecco la piccola croce, finalmente la vetta del Pizzo Badile è raggiunta..!! E' stato davvero molto faticoso raggiungerla da Fondra, ma cosa mi è saltato in mente, non avevo studiato bene la cartina, pensavo fosse più corta e tranquilla: però ora qualsiasi fatica viene abbondantemente ritemprata dal panorama che questa cima offre, davvero superlativo..!! Me lo godo per bene e siccome è giornata fortunata dal punto di vista meteo decido di scendere dal versante opposto per raggiungere il Monte Colle: quando mi ritrovo in cima ai pratoni che più giù mi depositeranno alla baita e alla croce sbilenca mi si apre il cuore, cammino con davanti quello che considero uno dei più bei panorami in assoluto delle Orobie, questi passi non hanno prezzo. Scendere a toccare questa particolare croce di larice è una deviazione che mi costa ulteriore fatica, perchè ora devo risalire fino al Forcolino e il dislivello che ho fin qui affrontato è già davvero notevole: supero i bellissimi Baitelli e raggiungo di nuovo il passo, sono consapevole che dopo l'iniziale discesa mi resta ancora un ultimo faticoso strappo fino alla stazione d'arrivo della seggiovia. Tutta la dorsale sfila nuovamente sotto i miei scarponi e finalmente arrivo all'ex roccolo, le mie gambe pretendono una sosta merenda alla panca, guardo la cartina e mentalmente tiro due conti approssimativi che troveranno poi conferma con la calcolatrice a casa: complessivamente ho affrontato 2000 metri di dislivello in salita e li sento tutti..!! La stanchezza è palese, ma rimane tutta la ripida discesa verso Pusdosso e Fondra, la affronto cercando di preservare le ginocchia, la discesa sembra interminabile e costringe alla massima attenzione per non perdere il sentiero: quando finalmente arrivo a Pusdosso mi rendo conto che la spia della riserva è bella e scattata, mi fermo perciò per altre due chiacchiere, godendomi la bella luce del pomeriggio inoltrato. Ciao Pusdosso, è stato bello averti conosciuto..!! Riprendo a scendere, la ripida mulattiera per Fondra mette a dura prova le ginocchia, cerco di attutire al massimo i colpi, cammino quasi in punta di piedi, niente da fare, quando arrivo alla macchina sono parecchio indolenzite, ma ho un ultimo favore da chiedere loro: portarmi per 5 minuti a visitare Fondra. Accettano, purchè non mi azzardi a far fare loro altri metri in salita: ecco perciò che attraverso il ponte adiacente il parcheggio, mi porto alla scalinata della chiesa e riattraverso il Brembo su un antico ponte che immette nel piccolo centro storico. Scopro così scorci del paese che non si intuiscono minimamente percorrendo la sovrastante provinciale: un'ultimissima piacevole scoperta, ciliegina sulla torta di un'escursione estenuante ma che mi ha regalato emozioni indimenticabili

FONDRA - PUSDOSSO - PIZZO BADILE -  FOTOGALLERY
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SORGENTE DEL TORRENTE ENNA.

Giovedì 2 Maggio 2013. Ho riguardato le foto del mio precedente servizio dedicato a questo affascinante spettacolo orobico, senza però trovarci gli straordinari colori che il disgelo ha regalato al Torrente Enna così come mi si è presentato oggi, per questo ripropongo l'argomento. Stavolta sono partito dal Ponte della Lavina, sempre in Valtaleggio: non mi dilungo in minuziose spiegazioni in quanto il tragitto è di una facilità disarmante. Sarà stata la neve del disgelo o chissà quale alchimia, ma il limpidissimo torrente presentava un colore azzurro a dir poco sublime che trovava il suo massimo splendore nelle pozze in prossimità della sorgente: sorgente che mi ha impressionato per l'imponenza della portata d'acqua primaverile, una cascata bianchissima e assordante. Davvero uno spettacolo grandioso, da vedere almeno una volta nella vita...

SORGENTE DEL TORRENTE ENNA. -  FOTOGALLERY
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ORNICA - MONTE DISNER ( PERIPLO DEL PIZZO DI CUSIO )

Giovedì 18 Aprile 2013.
Oggi vado alla scoperta di un versante sopra Ornica che ancora mi manca: il cartello indicante il sentiero CAI 105A mi dice di attraversare il ponticello di Rasega, pochi metri e sterzo a destra per oltrepassare il retro della piccola frazione. Il sentiero all'inizio sale a lato di un piccolo canale che poi supero con ponticello, quindi nuovo brevissimo strappetto verso l'alto: in cima al prato ecco evidente la traccia che sfila verso destra inoltrandosi nel bosco, colpisce subito una prima insolita visuale su Ornica. Sfiorata una baita con sorgente incorporata pervengo in breve alla Pizzarela, roccione che risalgo sulla sinistra prestando la dovuta attenzione: impressionante e superba la vista su Ornica e le sue montagne, questo spericolato balconcello merita sicuramente lo sforzo di essere conquistato. Il sentiero ora si spiana notevolmente, me lo aspettavo più esile e invece la traccia è bella evidente, nonostante sia lampante che questo sentiero non ospita certo moltitudini di escursionisti: aggirato un costolone arrivo alla Tinusela, dove attraverso tre colate detritiche di cui l'ultima abbastanza impressionante. La mulattiera continua col suo lungo traversone che offre belle vedute sia sulle sulle montagne della Valtorta che sul gruppo del Tre Signori alle spalle: un breve tratto gradinato porta ad un dosso, aggirato il quale sbuco sul versante sud del Pizzo di Cusio, sono ai Pianoni. E' evidente come questo pascolo sia stato abbandonato ormai da tempo, alberi ed arbusti stanno riconquistando i prati: faccio una doverosa visita alla Baita Ol Pienù e tornato per qualche metro sui miei passi riprendo il sentiero che risale il margine dei prati tenendosi a filo di muri a secco. A tenere banco è il bellissimo panorama verso il Tre Signori, ce l'ho proprio di fronte ma ancora per pochissimo, arrivato ad un colletto ecco che il sentiero si trasforma in una mulattiera molto larga e palesemente rifatta a nuovo, con andamento pianeggiante prende a destra in direzione dell'aguzzo Monte Disner. Ed ecco così che mi ritrovo a percorrere un tratto molto bello, un lungo traversone alquanto riposante contorna fedelmente tutto questo versante parecchio assolato e caldo: attraverso infine una faggeta ed ecco che all'improvviso sbuco alla sella con l'Oratorio di San Giovanni Battista, resto folgorato dalla bellezza di questo angolino delle Orobie..!! L'antica chiesetta col piccolo stagno prospiciente danno un senso di tranquillità e pace assoluta, rubo un'immagine dell'affrescato interno e mi rinfresco con la buonissima acqua della fontanella a lato della chiesina: proprio lì parte il sentierino che percorrendo la dorsale sale verso il Monte Disner e man mano ci si alza la pendenza aumenta sempre più, le foglie secche rendono la traccia abbastanza scivolosa. Sbuco su di un'anticima ed esco definitivamente dal bosco, un breve traverso e per ultimo ripido prato raggiungo la vetta del Disner, la foschia di queste prime giornate più che tiepide ci mette lo zampino, ma resto immediatamente colpito dall'ariosità dei panorami che seppur ampiamente offuscati si intuiscono alquanto belli: l'ampia vetta ospita una croce che si affaccia quasi a picco sulla sottostante Santa Brigida, mi riprometto di tornare quassù in una giornata di cieli limpidi e infiniti, questa vetta merita sicuramente una nuova visita. L'escursione al Monte Disner mi ha appagato totalmente, andando oltre le mie aspettative: davvero un giretto molto bello..!! E non è finita qui, tornato all'Oratorio di San Giovanni decido si ascoltare il suggerimento del cartello posto in corrispondenza del tavolo picnic: dopo la meritata pausa mensa mi avvio sul sentiero alle sue spalle incamminandomi sul Periplo del Pizzo di Cusio, qualche tornantello mi fa salire ad un capanno di caccia, poi raggiungo un traliccio dell'alta tensione. Seguo i bolli, il sentiero non è particolarmente ampio, la traccia però è evidente e si sposta verso sinistra: ormai uscito dal bosco attraverso tutto l'arido versante sud del Pizzo di Cusio con lenta e costante salita, dopo un ampio giro che sale fin quasi sulla vetta arriva il momento di scollinare sul boscoso versante nord. Comincio a scendere, la pendenza non è mai ripida, è una discesa tranquilla che in una manciata di minuti o poco più mi porta al Colle della Maddalena: esco dal bosco proprio in corrispondenza del cartello che indica il sentiero che scende a Ornica, qualche foto al Colle e poi mi avvio verso valle. Percorro così la Valle della Cola, dapprima a tornati dentro una pineta, poi guado un torrentello e mi ritrovo ad una baita: qualche narciso mi avverte che anche quassù è arrivata la primavera, poco dopo raggiungo le sottostanti Baite Taine. Potrei scendere direttamente ad Ornica ma ad un passo c'è un piccolo spettacolo che non ho nessuna intenzione di perdere, risalgo qualche metro la mulattiera e prendo a sinistra passando dietro la prima baita: due ponticelli permettono di superare i torrenti che scendono dalla Valle di Sciocc e dalla Valle Salmurano, un bellissimo angolino caratterizzato da allegre cascatelle, un angolino di quelli che mi fanno innamorare delle Orobie..!! Salgo a sfiorare la Baita Albe dove aggancio la splendida mulattiera militare CAI 107 che con andamento docile e dolcissimo mi riporta in breve ad Ornica, il ponte di Rasega sancisce la chiusura dell'anello: mai avrei immaginato fosse così bello questo giro, magari la prossima volta dal Colle della Maddalena scenderò ad Ornica passando dal Cesur, zona senz'altro più bella rispetto alla Valle della Cola, ma anche così il giretto mi è piaciuto parecchio, ne sono entusiasta..!! Escursione facile, non troppo faticosa e nemmeno troppo lunga, panorami davvero belli e ambienti che in diversi punti strappano sorrisi di ammirazione, ancora una volta le alture di Ornica mi hanno sorpreso: il felice sconfinamento verso il Monte Disner è stata la sorpresa più bella, il sentiero 105A si conquista all'istante un posto di riguardo nel forziere dei miei preferiti. Lo consiglio davvero a tutti...

ORNICA - MONTE DISNER ( PERIPLO DEL PIZZO DI CUSIO ) -  FOTOGALLERY
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PIANCA - CANTIGLIO

Domenica 10 Marzo 2013.

Confesso che pur essendo passato da Pianca migliaia di volte non mi ero mai preso la briga di visitarla per bene, oggi è l'occasione giusta: ecco così che Pianca mi svela i suoi vicoletti, i suoi passaggi, le sue file di case troppo vicine per consentire alle automobili di averne accesso. L'unica viuzza asfaltata è talmente breve che la tranquillità del piccolo borgo non ne viene minimamente scalfita: non mi ero mai reso conto che il centro di Pianca fosse tanto bello, merita sicuramente di essere visitato. La mia destinazione finale è Cantiglio e stavolta non sbaglierò strada, nelle mie frequenti uscite per funghi ho avuto modo di notare parecchie volte il nuovo cartello posizionato appena fuori il paesino, sulla strada per Cespedosio: scendo così nel prato con davanti i contrafforti del Cancervo, montagna che mi accompagnerà lungo tutto il tragitto. Con semplice camminata mi porto alla cappelletta della Mater Pietatis, con bella vista su Pianca e sul dirimpettaio Pizzo Grande del Sornadello: con lungo traversone pianeggiante si contorna interamente un profondo vallone, arrivando ad un colletto con vecchio capanno di lamiera arrugginita. Ancora un breve tratto in falsopiano, poi comincia una docile discesa che porta ad un intaglio con piccola croce in ferro: la mulattiera ora si abbassa notevolmente grazie a 10 tornantini secchi costruiti con maestria, si passa ai piedi di una parete rocciosa e attraversata una valletta ci si alza con un paio di tornanti per raggiungere un intaglio scavato nella parete della montagna. Ora si scende per serpentine ad attraversare una prima vallata con ruscello, poi la discesa continua dolcissima e lunghissima dapprima in radi boschetti, poi si gira su un versante più aperto ed infine si rientra nel bosco per scendere con un ultimo breve tratto gradinato ad attraversare una valletta con ruscelli: è il punto più basso dell'intera escursione, si comincia a salire dentro un corto e bel valloncello, poi ci si sposta un po' verso sinistra per uscire su pendii più brulli che vengono risaliti con numerosi tornantini abbastanza ripidi. Con un paio di zig zag ci si porta in un bel vallone boscoso ricco di massi pieni di muschio, è un tripudio di ellebori e di bucaneve: si fuoriesce direttamente ai prati di Cantiglio e qui diventa facilissimo perdere il sentiero, grossomodo si deve raggiungere una stalla sovrastante, quindi girare verso destra per portarsi nel bosco, raggiungendo così la bellissima fontana di Cantiglio, sormontata dalla chiesetta dedicata a San Lucio. Ma si può anche risalire direttamente per prati fino alla Baita Presanella, punto di riferimento inconfondibile: lo scenario è dominato dalle frastagliate pendici del Cancervo, mentre una bella veduta si apre in direzione di San Giovanni Bianco. Purtroppo non manca il triste spettacolo di baite crollate o fatiscenti, il senso di abbandono e solitudine è palpabile: oggi è domenica e sono il solo essere umano presente, vorrei poter augurare a Cantiglio la speranza di una rinascita ma sono consapevole che quassù c'è un mondo perduto per sempre. Resta comunque la possibilità di regalarsi questa bella escursione, non troppo lunga e non troppo faticosa: per chi ha voglia e gambe c'è la possibilità di proseguire verso la vetta del Cancervo, ma anche il solo fermarsi a Cantiglio non deluderà le aspettative di chi cerca una bella e tranquilla camminata.

 

PIANCA - CANTIGLIO -  FOTOGALLERY
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SAN PELLEGRINO TERME - MONTE MOLINASCO

Sabato 9 Marzo 2013.
Avevo già trattato separatamente la San Pellegrino - Sorgente Boione e la Alino - Molinasco, oggi decido di concatenare le due camminate: ecco alcune foto di questa bella e tranquilla escursione fattibile in ogni periodo dell'anno e praticamente con qualsiasi condizione meteo, il tracciato infatti si snoda al 90% su ampie mulattiere, stradine e sterrate. Ecco perciò che dal Casinò prendo la lunga scalinata che passando dalla località Paradiso mi deposita ad Aplecchio, attraverso la frazioncina e tramite sterrata salgo nella Valle Borlezza: sempre bello lo spettacolo delle cascatelle culminanti nella sorgente Boione, un breve tratto di mulattiera ed arrivo ad Alino. Tralascio la stradina asfaltata e salgo a Cà Boffelli grazie alla vecchia mulattiera, un giretto me lo concedo anche nell'attigua Vettarola: queste due rurali località di San Pellegrino rimandano ad una dimensione dove il tempo non ha accelerato in avanti, passato remoto da cui provengono tantissimi di noi. Non resta che l'ultimo tratto di sterrata, poi il sentiero sfiora la Baita degli Alpini, posizionata in una bellissima radura: ecco lo strappo finale, la tripla Croce del Ronco altro non è che la vetta del Monte Molinasco. Ho la sorpresa di constatare che la cima è stata un po' disboscata, il panorama verso San Giovanni Bianco ne trae grande giovamento: bellissima questa visuale, la conca dell'intero abitato si apre ai nostri piedi. Purtroppo mi posso permettere solo un'altro panorama, quello verso San Pellegrino: le nubi penalizzano pesantemente qualsiasi altra veduta, sopra una certa quota tutto è avvolto da nuvole grigie, le Orobie oggi sono invisibili. Davvero una bella escursione, adatta proprio a tutti.

SAN PELLEGRINO TERME - MONTE MOLINASCO - FOTOGALLERY
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TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI

Lunedì 4 Marzo 2013.
I miei scarponi sono moderni ed hanno il passo curioso: le strade che percorro oggi profumano di antico, Priula e Mercatorum si fondono in un felice connubio percorribile in ogni stagione. Da San Giovanni Bianco salgo ad Oneta, pochi minuti di bella mulattiera che si stacca dalla ciclabile appena a monte del paese: doveroso saluto a quella sagoma di Arlecchino, nato in questo minuscolo paesello adagiato su un prativo terrazzo del Cancervo. La quieta vita non è stata intaccata dall'arrivo delle auto, la Priula scorre in una stretta viuzza e si dirige a nord: oltrepasso la chiesetta di Sant'Anna ed una bellissima sorgente annuncia l'arrivo a Cornello dei Tasso, splendido microcosmo da visitare in punta di piedi, altre parole ben più intonate delle mie hanno saputo sapientemente descrivere questo gioiello brembano. La Priula cede il passo, la Via Mercatorum mi conduce sul fondovalle, attraverso la passerella sul Brembo: non ho mai percorso questo tracciato, sale con andamento un tantino ardito e sfiora pareti di roccia, mentre si aprono vedute sulla dirimpettaia Camerata Cornello. Una prima radura con baite porta ad una santella malmessa, ecco una seconda radura al termine della quale compare una sterrata che curva a sinistra portando a Portiera, il pendio coperto di neve e senza tracce mi inganna come pure la mancanza di indicazioni: solo dopo aver sbagliato strada due volte mi rendo conto che non devo fare quella curva ma tirare dritto nel prato verso la valletta che mi sta di fronte, la mulattiera ricompare lì. Risalgo la valletta e dopo aver superato una pineta di rimboschimento ecco apparire le case di Grumo, un nome che racchiude ogni spiegazione: anche qui emergono testimonianze di un passato più glorioso. Risalgo la strada asfaltata per qualche centinaio di metri fino a trovare le indicazioni della Mercatorum: giro a destra e la mulattiera sale ripida infilandosi poi in una specie di breve canyon, fuoriesco nei prati che precedono la bella chiesa di San Rocco. Appena girato l'angolo scendo alla prima casa di Bosco Entro, su cui appaiono numerosi affreschi a soggetto religioso, potrebbe essere una casa di proprietà vescovile: attraverso il piccolissimo abitato dove scorgo una sola casa con le finestre aperte, scendo ad attraversare un valloncello e in pochi minuti raggiungo Bosco Fuori. Questa frazione è più grande della precedente e anche qui noto poche case abitate, quassù sembra di essere lontani anni luce dai vicini e grossi paesi di fondovalle: la strada asfaltata ufficiale termina qui, e qui termina il mio viaggio sulla Mercatorum, una passeggiata nella storia che mi ha pienamente soddisfatto. Comincia il mio viaggio di ritorno, l'intenzione era quella di ripercorrere i miei passi fino a Camerata per poi tornare a San Giovanni Bianco utilizzando la ciclabile ( scelta che suggerisco...): il timore che le gallerie della ciclabile siano ancora al buio, nonchè le tre ore scarse di luce che mi rimangono prima del tramonto portano ad un cambio di programma. Ecco perciò che a parte una deviazione su mulattiera tra Zappello e San Pietro d'Orzio, tutto il resto del tragitto si svolge sulla normale strada asfaltata fino a San Giovanni Bianco: è il tratto meno piacevole dell'escursione, purtroppo non ho incrociato nessuno per chiedere di eventuali altre mulattiere che portassero a valle. E infine eccomi a San Giovanni, paesone che meriterebbe un servizio tutto suo: è la chiusura di un anello intriso di storia e cultura, i miei scarponi sono moderni ma oggi hanno ricalcato passi antichi che è valso la pena ripercorrere.

TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
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TRA PRIULA E MERCATORUM: PASSEGGIATA DA ONETA A BOSCO FUORI - FOTOGALLERY
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ORNICA - CESUR - PIANI DELL'AVARO

Martedì 26 Febbraio 2013.
Mai avrei immaginato di recarmi ad Ornica in pieno inverno, la mancanza di qualsiasi infrastruttura per lo sci mi aveva sempre tenuto lontano: ma siccome quest'inverno zaino e scarponi sono in vena di escursioni eccomi qui, per una bella camminata tutta su facile percorso stradale. La giornata si prospetta magnifica e una stupenda nevicata notturna ha lasciato il paesaggio abbondantemente innevato in ogni dove: ci incamminiamo sulla strada, precedentemente pulita, che sale oltre il Santuario della Madonna del Frassino, alzandoci dentro scorci magnifici che svelano quanto siano belle le alture di Ornica coperte di neve. Per ora si cammina bene, seguiamo la strada fino al tornante dove si stacca la diramazione che porta al Colle della Maddalena, giriamo a destra e ci ritroviamo a dover tracciare il percorso sprofondando per una quarantina di centimetri nella neve fresca: ma è un sforzo piacevolissimo, lo spettacolo della Valle Salmurano ripaga già abbondantemente di qualsiasi attesa, le Baite del Cesur ci accolgono con la consapevolezza di essere uno dei luoghi più belli della valle e non fanno nulla per nasconderlo. Rimango veramente colpito dalla bellezza del paesaggio, la fiaba diventa palpabile nel tratto di bosco successivo: sono semplici alberi innevati, ma la suggestione è immensa..!! Arriviamo al Colle della Maddalena, anche la strada per l'Avaro si presenta innevata, nonostante il passaggio dello spazzaneve: la voglia di camminare non si è esaurita, raggiungiamo i piani per concederci una meritata fetta di torta al RistOrobie, davvero un'escursione semplicissima, con la neve ad esaltare la bellezza dei boschi. Il ritorno avviene seguendo fedelmente la via di salita, nella luce del tardo pomeriggio tiro le conclusioni e non possono che essere entusiastiche: Ornica e le alture innevate del Cesur sono una delle più belle zone dove concedersi una facile escursione con neve fresca al suolo, serberò all'infinito il ricordo di questa stupenda giornata...

ORNICA - CESUR - PIANI DELL'AVARO  - FOTOGALLERY
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TORRE DE BUSI - MONTE TESORO - COLLE DI SOGNO

Febbraio 2013.
Torre de Busi non sarà famosa come base per escursioni, ma le sue alture celano itinerari davvero belli: il sentiero 821 che porta a Valcava si rivela un'autentica sorpresa, la successiva salita al Monte Tesoro con ritorno alla base passando per Colle di Sogno fanno di questo giretto un'escursione di tutto rispetto quanto a dislivello e lunghezza. Da Caprino Bergamasco mi porto a Torre de Busi, lascio però la macchina sul fondovalle nello spiazzo di fianco la frana regolata da senso unico alternato: davanti a me ecco la frazione San Michele, salgo fino alla chiesa con una mulattiera acciottolata che si inerpica tra le case, già questo primissimo tratto offre belle suggestioni. Sbuco alla caratteristica torre dedicata ai caduti, la oltrepasso per pochi metri e mi infilo sulla scalinata di sinistra, ovvero Via Torre: sfioro la chiesina dell'oratorio e seguo la via fino ad incontrare un cartello che a sinistra indirizza su Via Ovrena, sentiero 823 che però sarà il mio itinerario di ritorno. Alt fermi tutti, stranamente il cartello tace sul sentiero 821: attenzione, bisogna incamminarsi sulla gradinata a destra, salendo tra le ultime case del paese. Non mi dilungo in minuziose spiegazioni, il tracciato che porta a Valcava si svolge per gran parte su una bella mulattiera che in molti punti si lascia ammirare per la sua ottima fattura: percorre per intero il costolone che sfiorando la frazione San Marco porta al piccolo nucleo di Piazzolo, dove virando a destra in breve si raggiunge il centro di Valcava. Aggiungo solo che a volte il tracciato sfiora case e si "modernizza", in un'occasione si trasforma per breve tratto in stradetta cementata, più volte attraversa la provinciale senza però venirne minimamente disturbato: da rimarcare la bellezza di lunghi segmenti della mulattiera, che pur non proponendo strappi eccessivamente cattivi, non si addolcisce però mai su pendenze riposanti, se non negli ultimissimi metri in piano sull'uscio di Valcava. Tristemente famosa per i suoi giganteschi ripetitori, Valcava svela un piccolo e grazioso centro storico che merita sicuramente una visita: tappa successiva è il passo sovrastante, dove aggancio verso sinistra il sentiero 571 che con rilassante salita mi conduce sulla vetta del Pizzo, dove mi si spalanca la visuale sul Monte Tesoro, punto più alto dell'intera catena dell'Albenza, nonchè Cima Coppi dell'escursione odierna. Mi abbasso alla successiva sella perdendo circa un centinaio di metri di dislivello , ecco perciò che quando tocco i 1432 metri della vetta del Monte Tesoro nel carniere sono finiti ben 1150 metri di salita: la macchina infatti è parcheggiata a quota 380, sono praticamente ad un passo dalla pianura, ma questa si rivela davvero un'escursione di tutto rispetto..!! In vetta chiudo un occhio sul mostruoso sacrario, ma l'altro lo spalanco a dovere per ammirare il bellissimo panorama verso i laghi della Brianza: sul crinale dritto sotto di me ecco adagiato Colle di Sogno, è ora di fare dietrofront fino alla sella precedente, dove vado a destra per scendere alla frazione Cà dei Magnani. Sbuco sulla provinciale e la percorro in discesa per soli 100 metri, alle case di Combelì trovo il segnavia del sentiero 823: giro a destra, una nuova bella mulattiera si abbassa con un lungo e variegato traversone dalla pendenza molto rilassante, scollino ad un abbandonato capanno e dopo un tratto decisamente più ripido tutto si spiana, ancora qualche centinaio di metri belli pianeggianti ed ecco che la mulattiera si trasforma in un viottolo che si addentra tra le case di Colle di Sogno, arrivo subito ad una piccola cappella. Mi immetto così sull'unica viuzza della piccola frazioncina di Carenno, inaccessibile alle auto: restano rigorosamente nel parcheggio fuori dall'abitato, qui si viaggia a piedi, che bello..!! Da ammirare il bell'affresco di casa Carenini e gli innumerevoli nidi della casa delle rondini, non manca una piccola trattoria e un bel panorama verso le Grigne e il Resegone: tornato alla tribulina prendo la mulattiera che scende a Sogno, la raggiungo per ultimo percorrendo la strada asfaltata e scorciatoie. Prendo la strada sotto la chiesa, girando a destra quando incontro il sentiero Via Martiri della Libertà, continuando a traversare verso sinistra mi porto su una stradetta cementata che scende da Tegiola e mi abbasso con tratti gradinati strettamente a fianco di case: ecco che tutto ridiventa un'ampia e bella mulattiera lastricata, che inoltrandosi nella Valle Ovrena mi porta dapprima ad un bel ponticello in pietra che scavalca un ruscello secondario, poi raggiungo la chiesetta dei Morti della Peste. Torre de Busi ormai è ad un passo, appaiono le prime case di via Ovrena, mi ritrovo al bivio col sentiero 821: ripercorro via Torre e ridiscendo a San Michele, con negli occhi la scritta che recita " Questa valle ispirò al Manzoni il Castello dell'Innominato ". Ma è anche una valle sicuramente in grado di ispirare belle escursioni...

TORRE DE BUSI - MONTE TESORO - COLLE DI SOGNO - FOTOGALLERY
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PUT CHE BALA - MONTE UBIONE

Venerdì 8 Febbraio 2013.
Torno a fare visita al Monte Ubione, ma stavolta parto da Villa d'Almè lasciando la macchina al grande negozio di mobili sulla provinciale della Valle Brembana: proprio lì dietro una stradina scende alla stazione dell'ex trenino della valle e con un successivo tratto acciottolato si porta sulle rive del Brembo, dirimpetto il Put che Bala. Scavalco il Brembo grazie a questa passerella sospesa che conduce al Porto di Clanezzo, salendo in paese visito anche il bel Ponte Attone: tutti luoghi che raccontano pagine di storia importanti, è la parte culturale dell'escursione che lascio a voi decidere se approfondire. Oltrepassato Clanezzo salgo alla Cascina Belvedì, trovando le indicazioni per il Monte Ubione, il tracciato è segnato bene: la primissima parte è tranquilla, poi il sentiero si inerpica in una faticosa specie di gradinata naturale che deposita ai ruderi dell'ex bacino idrico. Luogo quasi surreale che introduce all'unico tratto pianeggiante dell'escursione, precede l'ultimo ripido strappo verso la vetta: la grande croce impressiona per la sua mole, in parte stemperata dalla struttura abbastanza "smilza". Purtroppo nubi compatte velano i cieli verso le montagne, non permettendomi di immortalare come vorrei i vasti panorami visibili dall'ampia spianata di vetta: la temperatura gelida mi consiglia di cercar riparo nel bel bivacco del G.A.M.U., che idealmente ha preso il posto dell'antico castello esistente quassù. Il Monte Ubione è piccolino, ma la sua posizione particolare ne ha delineato anche la storia: magari non sarebbe male portarsi da leggere qualcosa che parli delle vicende storiche di questi luoghi, quale angolino migliore..?? La Put che Bala - Monte Ubione è una piccola escursione, ma ha molto da raccontare....

PUT CHE BALA - MONTE UBIONE - FOTOGALLERY
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MONTE VENTUROSA

Lunedì 4 Febbraio 2013.
Le condizioni del tempo me lo permettono, la neve pure: provo a salire sul Venturosa, montagna a cui sono particolarmente affezionato. E' la prima volta che salgo lassù in pieno inverno, parto dal solito parcheggino dopo la Baita Piazzo, la neve sulla sterrata all'inizio non è tantissima: aumenta man mano fino al mezzo metro del Passo di Grialeggio, ma si viaggia bene grazie alla traccia ben battuta di chi mi ha preceduto. Dal passo in avanti l'esposizione vira nel sole pieno, l'innevamento del sentiero si fa più scarso: scopro che l'itinerario invernale non ricalca fedelmente quello estivo, si sviluppa invece sul costolone soleggiato alle spalle della Baita del Giacom. Punti spelacchiati si alternano a piccole conche riparate dove la neve si nuovamente abbondante, nell'ultima parte della salita ci si riporta sul tracciato tradizionale: la vetta è presto raggiunta, il Venturosa mi omaggia con i suoi bellissimi panorami. Panorami da fine inverno in quel di Pianca e Brembella, decisamente più bianchi quassù: i colori primaverili, estivi e quelli fantastici autunnali li conoscevo già molto bene, ora ho scoperto anche il volto invernale di una montagna che ha un posto speciale nella mia vita.

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RIFUGIO CALVI

Sabato 26 Gennaio 2013.
Avevo già visto il Calvi imbiancato da precoci nevi ottobrine: è la mia meta preferita quando l'inverno bussa alle porte. Avevo già visto il Calvi sommerso da metri di neve primaverile: sono salito tantissime volte in occasione del Trofeo Parravicini. Per me l'inverno ha sempre e solo significato sciare, ma ho deciso di non mettere in letargo zaino e scarponi: mi regalo un piccolo paio di ramponcini e oggi per la prima volta mi reco lassù in pieno inverno, complice una strepitosa e tiepida giornata di sole. Conosco benissimo lo splendore delle montagne innevate, ma l'avevo sempre vissuto dal lato sciistico, oggi mi si apre un meraviglioso mondo da percorrere a piedi: la facilità dell'itinerario e le condizioni non pericolose rendono l'esperienza indimenticabile. Non aggiungo altre parole, scelgo poche e selezionate immagini per testimoniare lo splendore della montagna e la profonda felicità vissuta oggi: sento che non sarà l'unico episodio invernale, altre facili escursioni saluteranno il mio cammino...

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IL CANTO IMBIANCATO
Mercoledì 16 Gennaio 2013.
Sono appena stato lassù, non sono passati che pochi giorni, ma stanotte la neve è scesa dalle alte montagne per imbiancare colline e pianure: ritorno a percorrere stradine e viottoli tra vigneti dormienti e ulivi, il Monte Canto mi regala la sua magia innevata. La luce livida di un pomeriggio senza sole esalta ancor più la spiritualità di Sant'Egidio in Fontanella, una breve deviazione mi permette di scoprire il bell'angolino di Porcile: salendo i boschi si caricano sempre più di neve, la chiesetta di Santa Barbara mi accoglie con venti centimetri di tappeto bianco. E' un atmosfera irreale e stupenda, una bellissima passeggiata in compagnia della dama bianca...
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MAPELLO - IL CANTO
Venerdì 4 Gennaio 2013.
La mia prima escursione dell'anno nuovo non ha per meta cime elevate, oggi i miei scarponcini e il mio cuore viaggeranno su un filo dai risvolti personalissimi. Raggiungo Mapello e annodo quel filo. Paese di pianura che non ha certo fama di essere una capitale delle escursioni: mi aggiro tra i vicoli e le torri del bel centro storico, restando piacevolmente sorpreso dalla gran quantità di cartelli in legno indicanti itinerari che si diramano sul sovrastante Monte Canto, saranno miei preziosi alleati. Il paese è dominato dall'isolata parrocchiale costruita sul colle, mi incammino su Via dei Colli, la seguo fino a immettermi su Via Vena, una stradetta agreste che si alza tra filari di vite: poco più avanti nel muro che a monte sostiene i coltivi si apre un cunicolo gradinato che scende ad intercettare la vena d'acqua sotterranea da cui prende il nome la via stessa. Il tracciato ha intanto virato a sinistra nel bosco e mi porta ad un bivio, tiro dritto sul sentiero pianeggiante che poi scende con tratti gradinati a prendere la sterrata che in località Cave mi deposita sulla stradetta asfaltata per Cà Bolis. Sale nel bosco a tornantini, con tracciato rilassante e mai cattivo, raggiungo la sella con la chiesina degli alpini: la Madonna dei Cerri benedice il silenzioso sacrario di chi non è tornato. Un breve strappo mi conduce alla vicina Cà Bolis, posta proprio sul crinale, la pendenza si attenua e i panorami si allargano: viaggio tra filari di vite e quando raggiungo Cabergnino nei miei occhi hanno trovato posto anche cervi e cigni, pianure e montagne innevate a me familiari. Cabergnino è il capolinea della stradetta asfaltata, una micidiale rampa cementata mi porta sull'uscio di una villa signorile, giro a sinistra su un ampio selciato: ecco un dosso panoramico con panchina e scultura moderna, il bellissimo tracciato attraversa la grandi siepi di Montealbano portandomi nuovamente sull'asfalto, l'Abbazia e Priorato di Sant'Egidio in Fontanella appare all'improvviso. Entro in punta di piedi in questo gioiello assoluto, il complesso monastico è pregno di una bellezza avvolgente: sacro e quotidiano si fondono in un'alchimia immortale, chiostro e cascina stampano nella mia anima una pace affascinante. Pace che mi accompagna sul ripido tratturo che dal sagrato si alza nei vigneti e mi accompagna tra piccole piantagioni di ulivi: il clima di questo versante affacciato sulla pianura è caldo, il paesaggio è di una dolcezza straordinaria. I cartelli di legno snocciolano in successione i nomi delle località da me attraversate, Caprile, Marinele, Porcile: qui la freccia del Monte Canto mi indirizza a destra, il tracciato sfiora la Madonna di Fatima e si inerpica nel bosco. E' un tratto stupendo, un acciottolato rifatto a nuovo in tempi recenti, sale a lungo con regolarità e andamento mai troppo faticoso: gli unici due tornanti sfiorano un capanno, dietro una costa un breve tratto pianeggiante mi porta al Canto, un'emozione violenta sta per invadermi, ma del tutto imprevista spunta una chiesetta in cima al colle. E' Santa Barbara, non sapevo della sua esistenza, una sorpresa che aiuta a stemperare il mio stato d'animo: mi prendo tutto il tempo di ammirare montagne che i miei occhi non vedono certo per la prima volta, poi scendo ai ruderi. Pochi passi e metto piede tra ciò che resta del borgo del Canto, una cascina ristrutturata contrasta violentemente con antiche abitazioni quasi totalmente crollate: recenti palizzate impediscono di avvicinarsi, troppo elevato il pericolo di nuovi crolli. Mi aggiro tra questi poveri resti, mi fermo davanti uno di loro, lo scelgo a caso, non importa. Riannodo il filo, il mio compito è terminato: dedico questo viaggio a mio papà, nato a Mapello e a sua madre, nata in uno di questi ruderi del Canto. Non l'ho mai conosciuta, una circostanza recente mi ha svelato che era nata quassù, cosa che ignoravo: mi guardo in giro con grandissima emozione, una parte di me proviene da una di queste rovine, ma non saprò mai da quale. E' una malinconia dolcissima che mi accompagna sulla strada del ritorno, quel filo che ho annodato vibra forte nella mia anima: la luce calda e radente del pomeriggio illumina e fa splendere ogni luogo che rivedo tornando fedelmente sui miei passi fino alla Madonna dei Cerri. Si sta facendo tardi e per accorciare la strada decido di prendere il sentiero sulla sinistra che dovrebbe portarmi direttamente alla chiesa di Mapello: la raggiungo dopo qualche tribolazione dovuta al terreno fangoso del versante esposto a nord che ho dovuto attraversare. Dal sagrato della chiesa si domina un panorama aperto sul paese e le pianure da una parte, sul Linzone e Canto Alto dall'altra: sento che mio papà e mia nonna stanno guardando il panorama insieme a me, loro lo hanno già visto. Una ripida scalinata mi riporta in paese, alla realtà di tutti i giorni, ma porto con me un filo speciale, steso sulla pelle di un monte: grazie Monte Canto.
MAPELLO - IL CANTO - FOTOGALLERY
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©2011-Piero Gritti - Per informazioni: -